Sono ormai quasi quindici anni che chi scrive, nato e cresciuto a Palermo dove ha iniziato e svolge la propria attività professionale, ha trasferito la propria residenza nel territorio del Comune di Monreale. E come mi capita di dire spesso, soffro il torto di essermi innamorato di questo territorio che ha in sé una enormità di possibilità di sviluppo economico, occupazionale e turistico.
Purtroppo i miei quindici anni da monrealese acquisito hanno deluso le aspettative di sviluppo visto, parrebbe, che il massimo conseguibile per le amministrazioni che si sono succedute sembrerebbe essere una sorta di estensione del periodo di permanenza del turista nella città normanna nota in tutto il mondo, solitamente di qualche ora per visitare il Duomo e consumare cannolo e caffè.
Vivo peraltro in una zona particolarmente vulnerabile in quanto collinare e piena di boschi meravigliosi che troppo spesso, a partire dalla tarda primavera fino all’autunno, restano preda e vittime di incendi devastanti e non solo da un punto di vista di sfregio all’ecosistema.
Venerdì scorso mi è sembrato naturale partecipare al flashmob NO FIRE organizzato da più di 80 sigle di associazioni da Greenpeace a WWF, Legambiente ma pure Italia Nostra e dalla ProLoco di Monreale di cui mi onoro esser socio.
Un piccolo inconveniente di tipo “burocratico” non ha permesso una larghissima partecipazione, né che la stessa durasse quanto si sarebbe voluto anche con interventi al microfono di chi avrebbe voluto intervenire, compreso il sottoscritto.
È stato tuttavia un momento di partecipazione collettiva certamente sentito e sintetizzato iconograficamente da un gruppo di bambini che hanno letteralmente trascinato fino al centro della Piazza davanti il Duomo un mappamondo colorato di verde e blu e contornato da una serie di manine di carta di colore rosa appiccicate intorno allo stesso a mo’ di invito alla protezione del globo terrestre.
Essendo l’iniziativa assolutamente siciliana, gli organizzatori l’hanno intitolata con l’invito in lingua anglosassone NO FIRE, ma hanno unito a questo un altro invito con l’hashtag FACEMUSCRUSCIU.
Ovviamente l’intento del flashmob sarebbe stato quello di levare un grido di allarme proprio all’inizio del periodo tragicamente destinato a riempire le cronache siciliane a tutte le sicule latitudini delle devastazioni provocate dagli incendi appiccati da individui che le cronache appunto continuano a definire “piromani”, ma altro non sono che comuni delinquenti della peggiore specie.
Non mi soffermerò più di tanto, ma non voglio mancare di sottolineare come quel termine starebbe, nella lingua italiana, a indicare individui vittime di particolare patologia che li spinge a appiccare fuochi, piccoli o grandi che siano, per soddisfare la loro malsana “mania”. Definire piromani coloro che scientemente (come accade in più del 90% dei casi) costruiscono e lasciano nei terreni boschivi esche assai elaborate e direi sempre più sofisticate creando devastazioni enormi del territorio, lo trovo colpevolmente riduttivo e in qualche modo fuorviante per un’opinione pubblica a volte disattenta.
Quello che trovo però assolutamente insopportabile, ingiustificabile e non più tollerabile è, per cominciare, che si inizi a parlare di incendi a maggio quando qualche episodio si è già verificato e che poi, da parte della Autorità Regionali competenti, si sciorinino sempre in questo periodo – mai a mia memoria con rendiconto di quanto realmente fatto e risultati conseguiti a fine stagione autunnale – una serie di promesse di attenzione al problema attraverso provvedimenti, finanziamenti, allestimento presidi e impianti di sorveglianza che puntualmente, come invece accade per il verificarsi degli incendi, non trovano poi riscontro nella realtà.
È proprio di un paio di giorni fa la notizia che i parlamentari siciliani all’unanimità hanno indirizzato al Governo Centrale una mozione con la quale chiedono che venga messa in calendario e approvata dal Parlamento una legge che inasprirebbe le pene per chi appicca il fuoco nei boschi e che comporterebbe pure che a costoro vengano comminate sanzioni pecuniarie parametrate al danno procurato.
È evidente come una tale risoluzione legislativa non può che trovare il favore di chiunque non sia magari un parente dei delinquenti appiccatori di incendi, ma è abbastanza intuitivo come restino allo stato le difficoltà (eufemismo) per la individuazione e cattura dei rei quanto poco realizzabile la riscossione delle sanzioni pecuniarie visto che trattasi quasi sempre di gente non provvista di cospicui patrimoni.
È sempre di questi giorni l’annuncio di destinazione “a breve” di una dotazione cospicua di denaro destinata all’allestimento di misure varie destinate a scoraggiare gli appiccatori, prima fra tutte l’allestimento di punti di osservazione permanente con videocamere a impulso termico. Quelle telecamere wireless che si attivano a segnale di lieve incremento di temperatura che riescono a registrare anche a centinaia di metri di distanza.
Ora non mi dilungherò sulla teoria di promesse puntualmente fatte fuori tempo massimo ma soprattutto irrealizzate sempre.
Che nella Regione italiana dove sia pure, almeno in parte, a ragione si contano più operai forestali che in Canada che certo non pecca di conifere, non si riesca a allestire una difesa congrua e credibile del territorio è a dir poco scandaloso.
È d’altra parte lo stesso territorio dove si spendono e si sono spesi negli anni milioni di euro di manutenzioni straordinarie delle zone boschive, ma non si ha mai notizia di sorveglianze su quei lavori o, peggio, collaudi di fine lavori, di vigilanza sulle puliture post potature o si continuano a spendere una quantità di denari per il servizio aereo di spegnimento degli incendi che sarebbe sufficiente probabilmente o forse sicuramente ad allestire una flotta autosufficiente. Magari qualche volta volgendo lo sguardo in quelle direzioni altre distogliendolo – non per sempre per carità – dalla perenne presunta imputazione dei misfatti ai forestali appunto che, stanti le normative in vigore, dovrebbero e avrebbero più interesse a ché i fuochi non venissero appiccati.
Ma c’è una considerazione e una constatazione che più mi addolora e che risiede nel fatto che i responsabili governativi regionali non considerino quanto tutto questo, l’assistere sempre all’ineluttabile degrado del territorio, spinga i giovani siciliani verso quella ignavia rassegnata che, a ragione a questo punto, coltivano fin da ragazzini, convinti dalla elementare constatazione che nulla accade e quel bosco che vedono dalle finestre di casa a Monreale o che è meta di qualche passeggiata in bici o a piedi, probabilmente sarà divorato dalle fiamme la prossima estate. E che da questa terra che ai loro occhi e non solo ai loro pare irredimibile converrà prima possibile andar via. #FACEMUSCRUSCIU