È trascorsa una settimana dall’insediamento di Enrico Letta alla segreteria nazionale del Partito Democratico. Sabato scorso, durante l’Assemblea Nazionale che lo ha eletto quasi all’unanimità, ha tenuto il suo discorso programmatico ricco di spunti e idee sul futuro del Partito che nei modi e attraverso i percorsi da lui immaginati si prefigge di influire sulla crescita in tutti i sensi della Nazione.
Da iscritto e facente parte di organismi dirigenti del PD, devo riconoscere che quel discorso, ma pure l’intervista rilasciata la sera dopo a Fabio Fazio, mi ha provocato uno stato di ottimismo che ha sostituito e spero per non poco tempo un sentimento di pessimismo che si stava per così dire cronicizzando.
Credo che il neo segretario abbia saputo dare concretamente l’idea della sua visione di partito e della strada da percorrere per il bene del Paese nel solco di una crescita ipotizzata che non deluda le aspettative di quanti, me compreso, credono e sono fedeli a valori fondamentali per chi ritiene di appartenere al mondo degli elettori di centrosinistra, ma specialmente per chi immagina un Paese migliore per le persone e non solo per le loro tasche. Senza perder di vista una visione europeista e internazionale.
La cultura, i maestri e l’esperienza universitaria in Francia e il confronto col mondo giovanile che costituiscono prima la formazione e poi il recente know how di Letta, credo possano garantire almeno un impegno serio e credibile, pur al cospetto delle difficoltà che il suo cammino gli proporrà.
Ho già avuto modo più di una volta di far cenno a quanto scarsa sia la mia considerazione per il mondo dell’informazione politica negli ultimi anni e specialmente in questo periodo segnato dalla tragicità della pandemia. Rilevo in proposito che i media da giorni hanno dato risalto quasi esclusivamente a uno solo dei circa venti punti trattati dal Segretario del PD: la determinazione di Letta nel riproporre come traguardo da raggiungere l’approvazione della legge sullo ius soli. Giovedì sera il prode Vespa a Porta a Porta, durante la solita ospitata del sedicente difensore della italianità Salvini, ha proposto un sondaggio secondo il quale gli italiani sarebbero per il 46,2% contrari e il 19,8% senza opinione; resterebbe un 34% di favorevoli.
Per quanto possa sforzarmi, confesso di non riuscire a comprendere questa maggioranza di concittadini che avversano o non si esprimono (i famosi e odiosi indifferenti di Gramsci?) su tale argomento.
Non dubito che la propaganda dei Salvini&Meloni, condita da informazioni e post sui social a dir poco fuorvianti, non agevola per niente la comprensione per chi come il popolo italiano è affetto da quella gravissima forma di ignoranza funzionale che crea enormi difficoltà, persino ai giovani, a comprendere il testo più semplice.
Sarà forse il caso precisare – ma sono certo che i lettori di questa rubrica non hanno questa esigenza chiarificatrice – o meglio diffondere per quanto possibile di che tipo di provvedimento stiamo parlando.
A dispetto di quelle cattive informazioni, si parla di una legge che possa riconoscere la cittadinanza italiana a coloro che sono nati nel territorio della Repubblica Italiana seppure da genitori stranieri. PUNTO.
Sono quei bambine/i, ragazzine/i che frequentano le nostre scuole e hanno spesso rapporti di amicizia con i nostri figli o nipoti. Quei giovani che frequentano le Università italiane o che lavorano al bar dove siamo soliti fare prima colazione. Sono quelli che ci inorgogliscono – ma allora il colore della pelle non conta – quando vincono per l’Italia una gara internazionale. Sono gli stessi che parlano italiano sempre, anche a casa loro, seppure educati alla comprensione della lingua di origine dei loro genitori.
Sarò forse un privilegiato dalla sorte, ma non mi capita mai di imbattermi in qualcuno che fa parte di quella maggioranza contraria, eppure facendo un calcolo “statistico” dovrebbe capitare a chiunque di imbattersi in qualche rappresentante della metà di italiani intolleranti o preoccupati di non si sa cosa.
Quindi è probabile non si tratti di fortuna ma vorrebbe dire che quella è una “maggioranza silenziosa”, definizione coniata tanti anni addietro da Indro Montanelli, e che nel tempo è stata affibbiata a varie categorie di italici individui che si vergognano di manifestare una posizione politica e non solo, che essi stessi reputano almeno scomoda.
Uno strano Paese, il nostro, che da tempo immemore orgogliosamente si vanta di esser la Culla della Civiltà, quello che ha dato i natali a poeti, scrittori, inventori, pittori che hanno saputo guardare ben oltre la quotidianità e il proprio orticello.
E in questo Paese io o quelli come me che propugnano l’idea che quella è una legge di giustizia sociale e progresso in tutti i sensi non sono nemmeno in grado di obiettare qualcosa in particolare a quella maggioranza silenziosa che mai manifesta le pretese ragioni del no dei suoi silenziosi aderenti.
Sarebbe bello e naturale confrontarsi, ma forse quei silenziosi italiani ostaggi del pensiero del leader della Lega dovrebbero prima armarsi di un coraggio che non hanno, visto che decisamente di un bel coraggio bisogna esser dotati per sostenere si debba negare quel diritto a essere italiani a quei bambini, ragazzi e non solo che italiani ci sono nati proprio in ragione dello ius soli che, giova ricordarlo, è un termine latino proprio perché coniato qualche secolo fa.
Sono convinto che un confronto serio pure sponsorizzato dai media che si soffermano invece sulla opportunità o meno di un confronto parlamentare su questo “tema divisivo”, potrebbe contribuire a far uscire l’Italia da quel bigottismo strisciante, di maniera, inconfessato e inconfessabile che porta quella maggioranza silenziosa magari a condividere quel negare la benedizione da parte della Chiesa (ma non credo del Pontefice) alle coppie gay o persino rallegrarsi alla notizia che quella ufficiale di marina che nella sua caserma inscenò in tempi di lockdown un compostissimo, divertente e dissacrante balletto con la sua truppa sulle note di Jerusalema risulta indagata per “disobbedienza” dalla Procura Militare di Napoli.
Sempre considerato pure che la decrescita di natalità in Italia condanna il Paese al futuro a dir poco incerto di un popolo di anziani cui si dovrebbe pagare la pensione con il lavoro dei giovani che non ci sono.
P.S.: Segnalo sempre di essere in attesa di qualche risposta da parte del Presidente Musumeci o di Suoi rappresentanti governativi a vario titolo. Mentre durante la settimana si registra un continuo naufragio dei tentativi di far approvare la legge finanziaria insieme alla tragica gestione degli hub vaccinali. Del resto la newsletter “Notizie D’Orleans” è solo un malcelato bollettino di presunti successi della GiuntaNello.
