Esiste un diffuso malessere tra coloro che si sentono appartenere, non fosse altro che per età e lunga militanza, al popolo “di sinistra”, allorché si discute se sia più importante, al fine di allargare la platea dei consensi elettorali, elaborare proposte e riempirle di contenuti realizzabili oppure poter contare su un leader di spessore che sappia conquistare le masse.
E il malessere pervade i tanti compagni che rifuggono l’idea che si possa agognare l’arrivo di un leader forte della sinistra, portatori come sono del primato delle idee e scottati come si ritengono da recenti esperienze leaderistiche. Dimentichi del resto che sono gli stessi che amano, a ragione, citare Berlinguer e evocare le folle oceaniche che lui riusciva a riunire sotto i palchi dei suoi comizi.
Ma il problema del leaderismo non risparmia neppure le formazioni di centrodestra e tale tipo di disagio diremmo pervade pure coloro dei più illuminati e fedeli a un’idea di conservatorismo legittimo e auspicabile nelle democrazie occidentali che mal si concilia col linguaggio troppo spesso rozzo dei capi dei partiti da cui sarebbero rappresentati.
Sono convinto, e non da poco tempo, che il panorama politico nazionale e non solo vada esaminato alla luce di quanto sia cambiato il mondo negli ultimi due decenni, cambiamento che in Italia è coinciso con l’avvento sulla scena politica di colui che fin dal primo slogan “Scendo in Campo” evocò i prodromi di un populismo alimentato dai programmi delle Tv private delle quali era titolare e mentore. Come non intercettare in quell’epoca e quei programmi pure l’origine di quella scarsa considerazione riservata al mondo femminile, quella stessa che in questi giorni alimenta accese discussioni?
Detto ciò non mi trovo parimenti d’accordo con coloro i quali oggi, specialmente tra le fila delle persone che si identificano come il sottoscritto in valori e idee progressiste o di sinistra tout court, imputano a Berlusconi la colpa di aver costretto le altre forze politiche a adeguarsi via via a quel leaderismo che alcuni sospettano o sostengono sia il male che affligge la politica italiana e segnatamente i partiti di csx. Osservo che dei decenni precedenti all’avvento del Cav. si evocano giustamente figure e personaggi come Pajetta, Ingrao, Berlinguer, Lama, ma pure Almirante e un pò più recentemente Craxi o Macaluso. E cosa erano questi politici dell’epoca dei comizi in piazza, della politica per strada o nelle fabbriche e non in Tv se non dei leader che riuscivano col loro eloquio e la loro preparazione a convogliare tante persone prima nelle piazze e poi nelle urne?
Oggi ritengo pertanto che non vada demonizzata la ricerca di un leader, bisogna chiedersi piuttosto come questa ricerca trovi quasi mai risultato condiviso prima che concreto.
È indubbio come la mancata individuazione trovi ragione nell’impoverimento del linguaggio e nei toni e modi di comunicare, senza contare che questo impoverimento trova campo anche nelle trasmissioni d’intrattenimento essenzialmente politico che da troppo tempo ormai hanno un tipo di articolazione e conduzione che alimenta lo scarso livello comunicativo sebbene si riprometta – solo a parole – di mortificarlo. Trovo altrettanto indubbio come il linguaggio e la comunicazione adoperata dai Salvini e Meloni, coloro che amano definirsi sovranisti, dove in questo neologismo si può raccogliere tutto e il contrario di tutto in nome di una assunta ma solo a parole tutela della sovranità nazionale (termini pure questi sui quali si potrebbe discutere), sia estremamente più semplice di chi in campo progressista vuol sviscerare temi e problematiche ben più difficili da spiegare e argomentare, non fosse altro perché difficilmente liquidabili solo con slogan.
In questo panorama, poco più di dieci anni addietro, hanno cominciato a crescere le fila di coloro che seguivano il blog di Grillo. Non dimentichiamo che il blog era strumento allora per non tantissimi, ma di facile presa, visto che il comico genovese adoperava allora come adesso un linguaggio semplice che faceva leva sul malcontento popolare, quello che in Italia alberga sempre in larga parte della popolazione, pure in quella parte che magari tanti motivi non avrebbe. Questo popolo dei 5S nel 2018 ha letteralmente invaso i due rami del Parlamento e ha rubato molta della scena politica. Si dice in questi giorni come i pentastellati abbiano raggiunto l’apoteosi del trasformismo che hanno sempre rimproverato agli altri quando per bocca del loro attuale Capo “Il Reggente Crimi” hanno prima negato di poter votare la fiducia al Governo Draghi per poi accordarla non prima di una tarda esibizione del paradigma grillino del “uno vale uno” andata in scena con la votazione sulla piattaforma Rousseau con un quesito elaborato in modo che ha dato spunto a più di un comico.
Ho auspicato in più di un’occasione e auspico che il livello culturale della classe politica – a cominciare da quella delle realtà locali – possa presto raggiungere traguardi meno mediocri di quelli attuali, ma non escludo che questo risultato si possa provare a raggiungere con l’avvento sulla scena di personaggi che sappiano rivestire figura di leader carismatico in ogni schieramento ma vieppiù, spero, nell’alveo del mondo progressista.
Sia ben inteso – anticipando il cattivo pensiero di qualcuno – non significa aspirare all’avvento dell’uomo forte come normalmente inteso. Mi viene in mente l’apoteosi che il popolo tedesco sta riservando in questi giorni alla Merkel che dopo quasi due decenni lascia la guida del paese con la ormai proverbiale di lei sobrietà. E sottolineerei che questa Signora non ha mai rappresentato il mondo della sinistra europea, ma, direi, solo il modo di interpretare un conservatorismo moderno che non coincide con le mie idee e i miei valori, ma che se ben interpretato può comunque fare il bene di una Nazione.
Fuor di dubbio che l’assenza di personaggi leader trova ostacolo oggi quasi insormontabile nella struttura delle formazioni politiche che poco o nessun spazio danno a donne e uomini specialmente se giovani che potrebbero avere spessore adeguato. Sono tuttavia personalmente testimone di come lo sforzo profuso nel senso dell’impegno politico da parte di parecchi ragazzi e ragazze possa offrire, se pur con indubbie difficoltà, possibilità di penetrazione nella società e aspirazione a ricoprire ruoli esiziali nel mondo politico prossimo futuro e quindi concludo auspicando che tanti giovani possano vincere la propria ritrosia o cattiva voglia di farsi coinvolgere e comincino a profondere il loro impegno per quella società migliore che non devono credo solo auspicarsi ma contribuire concretamente a realizzare. Magari prendendo a esempio il giovane ambasciatore in Congo Luca Attanasio.
