C’è un dato che dopo il 25 settembre prossimo sarà interessante esaminare aldilà dei risultati che stabiliranno la formazione del nuovo Governo. Il dato riguarda le scelte di una fetta di popolazione tanto ampia, a mio avviso, da poter cambiare gli equilibri politici del Paese.
Non voglio avventurarmi nella ennesima disamina dei sondaggi che ci vengono propinati con un ritmo quasi ossessivo e sempre a ricordarci che in Italia sembra si sia alla vigilia dell’insediamento di un Governo di destra con tutte le premesse perché si rischi di diventare una democrazia sgonfiata e retrograda in salsa ungherese e insalata russa.
La riflessione qui non vuole neanche essere un invito a votare per questo o quel partito o coalizione, piuttosto una disamina da parte di chi crede che, di fronte a un livello di astensionismo preoccupante, ci si debba impegnare innanzitutto a discernerne le cause e cercare di invertire, per quanto poco si possa fare da parte di ciascuno, questa pericolosa tendenza.
Mi limiterò a osservare come persino in America un astensionismo vicino al 40% in media in tutti gli Stati consentì a Trump – quello accusato di aver provocato la incredibile aggressione a Capitol Hill del 6 gennaio 21 – di diventare Presidente; ma pure come in epoche meno recenti, ma di un passato non lontanissimo, il girarsi dall’altra parte della popolazione e soprattutto della borghesia italiana ha aperto la strada al periodo più buio della storia di casa nostra.
A mia memoria da sempre in Italia si va, da parte delle formazioni politiche, alla ricerca del consenso elettorale di quelli che vengono definiti ora centristi ora moderati.
L’esser definito moderato, secondo l’accezione che si usa dare all’aggettivo nel linguaggio politichese, mi ha sempre provocato reazioni negative perché associato a un conservatorismo di maniera che mal celerebbe un animo e delle convinzioni ultraconservatrici che mai ho sentito appartenermi.
In questo frangente elettorale parrebbe che, più nell’area di csx che in quella opposta, si tenti di raccogliere i voti di questa parte di Paese che sembra appunto suscitare interesse solo a fini elettorali in occasioni come quella che viviamo attualmente. Lo sforzo tuttavia appare, almeno dal nostro punto di vista, di maniera.
L’evoluzione o più probabilmente l’involuzione subita dal Paese è stata diremmo condivisa con molti Paesi dell’area europea e non solo negli ultimi anni, complice non di secondo piano l’uso e abuso dei social sul quale non credo sia il caso qui di addentrarci.
Eppure parrebbe che non molti dei responsabili di partito abbiano chiaro quale sia l’orizzonte di questa che riteniamo una massa non trascurabile di potenziali elettori che oggi potrebbero definirsi progressisti moderati, ma non mancherebbero altre possibili “classificazioni e catalogazioni”.
Ma le definizioni non servono a granché, pensiamo piuttosto che questa non trascurabile fetta di elettorato rischi di ingrossare le fila degli astensionisti. Tanti lamentano la mancanza di “visione” di tanti, troppi protagonisti della vita politica.
La mia mente va alla manifestazione delle sardine cui partecipai a Palermo ormai qualche anno fa in una Piazza Verdi gremita di gente, tanti conosciuti nel tempo e in varie occasioni “politiche”, tanti giovani, persone di tutte le età che non è difficile immaginare collocate politicamente nell’area progressista, ma in gran parte non impegnate attivamente, semplici potenziali elettori speranzosi. Lo interpretai come un segnale di quel popolo, senza peraltro coltivare grandi aspettative nei protagonisti di quel momento.
Quel popolo in termini elettorali spazia, ritengo, tra i potenziali astenuti – magari vergognandosene un pò – o tra quelli in cabina elettorale con la matita in una mano e con l’altra a turarsi il naso.
Mi verrebbe da dire è il popolo “normale”, quello di istruzione almeno media, gente che vive e si è adeguata ai tempi che sono cambiati, alla “modernizzazione” del mondo in senso lato, ma anche della informazione e quindi della politica. Quelli, per venire a una pseudo diatriba che dai social ha persino raggiunto le prime pagine dei giornali, che non si meravigliano anzi si compiacciono che la Prima Ministra finlandese sia stata ritratta in video mentre balla a una festa, quelli che non si ergono quali difensori di principio contro i termovalorizzatori piuttosto che contro l’energia nucleare di ultima generazione, quelli ai quali appare almeno retrograda la difesa degli omosessuali, che trovano disumano lo stato delle patrie galere e necessario che si guardi oltre, verso una metodologia diversa per la punizione dei colpevoli che non sia improntata alla più lunga detenzione possibile.
Quelli che una cosa, una scelta, che sia sulla energia piuttosto che sui diritti o sulla giustizia è giusta o sbagliata a prescindere dalla catalogazione a destra o a sinistra che si suole farne.
Quelli che non abitano necessariamente nelle ZTL ma che sembrano disarmati e poco fiduciosi di un avvenire gestito da politici che non sembrano avere questo tipo di visione modernista e che del resto continuano a riciclare personaggi, a volte anche degni di almeno moderato apprezzamento, che negano di fatto il rinnovamento del campo.
In questo bacino sembrerebbe voler pescare il duo del TerzoPolo dei Calenda e Renzi, ma questi probabilmente pagheranno il fio della novità, dell’essere non abbastanza simpatici (pure questa della antipatia o simpatia dei politici sembra una caratteristica imprescindibile per valutarne idee e operato) o della difficoltà a intercettare il voto di quegli elettori come quelli che ho provato a descrivere che si tureranno il naso votando il maggior partito della coalizione che sperano risulterà vincente.
In questo fosco panorama, ribadisco, diventa un preciso obbligo morale e civico per ciascuno informare, informarsi senza cadere in facili partigianerie ma lottare (verbo che denuncia militanze oggi fuor di moda!?) perché quel 45% circa che è la presunta percentuale di astensionisti si rechi alle urne. Se avremo un Governo buono o meno buono ottimo o pessimo almeno ognuno se ne sarà assunto personale responsabilità.