Soltanto un paio di settimane addietro ho avanzato severe critiche al mondo dell’informazione e soprattutto a quello dei talk show che, in nome dell’audience, si rincorrono nel dar voce a personaggi improbabili portatori di teorie a dir poco benaltriste sul tema della guerra in Ukraina.
Tanto più improbabili in quanto vantano titoli o incarichi universitari. È della scorsa settimana una polemica che ha invaso carta stampata e social a proposito del compenso – e quindi del rapporto contrattuale di non breve durata – che la Rai avrebbe riconosciuto al Prof. Alessandro Orsini in cambio di una sua costante partecipazione al programma Cartabianca. Mi pareva si parlasse di € 2000 a puntata.
Non trovo scandaloso che la tv pubblica e men che meno quella privata corrispondano degli emolumenti in favore di giornalisti o opinionisti a vario titolo, anzi auspicherei che prendessero l’abitudine a invitare anche gente comune a condizione che siano persone culturalmente attrezzate.
Diffido dalle prestazioni a titolo gratuito, se non per interventi assolutamente occasionali, non foss’altro perché se spendi il tuo tempo e contribuisci molto banalmente all’allestimento di una puntata del Talk favorendo indirettamente la raccolta pubblicitaria è giusto che venga ricompensato.
La polemica ha trovato il suo momentaneo epilogo nel recesso da parte Rai e dell’accettazione della risoluzione del rapporto da parte di Orsini che il giorno stesso ha trovato ospitalità nel talk Piazzapulita di Corrado Formigli.
Ma quello del Professore onnipresente è solo, ribadisco, un esempio tra le tante e tanti esponenti, ben che vada del mondo néné, che alla fine finiscono col contribuire alla poca intelligibilità del conflitto che da parte mia ho confessato precedentemente qui, anche se oggi mi sembrano meno oscure trama e responsabile.
Ma l’escalation sembra inarrestabile come la guerra. Il picco pareva fosse stato raggiunto lo scorso 28 marzo nella trasmissione “OttoeMezzo” condotta da Lilly Gruber, che ha ritenuto di ospitare il giornalista russo Bodrovsky, dando diritto di tribuna a una voce palesemente di parte putiniana.
L’ospite è stato presentato come giornalista economico senza specificare per quale testata lavorerebbe né in quale città.
Durante la puntata questo personaggio ha espresso tutte le peggiori versioni dell’oligarca (termine riduttivo) Putin, parlando di “operazione speciale” in Ukraina e negando si tratti di guerra o invasione ingiustificata di uno Stato indipendente.
Per di più con espressione quasi infastidita per i timidi appunti rivoltigli sugli attacchi a ospedali o abitazioni civili o persino alla sede della Croce Rossa a dispetto del fatto che tali tragici eventi vengono quotidianamente testimoniati da terribili immagini propagate dalle televisioni di tutto il mondo nonché dai diretti interessati scampati all’eccidio.
La cosa gravissima in sé è risultata peggiorata per l’atteggiamento quasi accondiscendente degli altri ospiti che hanno opposto men che timide obiezioni mai superate al ribasso dalla conduttrice che ha più di una volta candidamente obiettato che quelle del giornalista russo fossero “sue opinioni” rispettabili in quanto provenienti da un “collega”.
Quindi, avendo sdoganato pure l’ospitata del giornalista russo favorevole alla guerra, ci è toccato pure, sempre dalla Gruber, il pesce d’aprile Fedorov, altro giornalista russo, allineato alla narrazione putiniana, che alle obiezioni degli altri ospiti ha risposto persino che la storia della censura sui media russi è una legenda coltivata dai colleghi europei.
Certo cosa vuoi che sia una legge speciale varata qualche settimana fa che prevede il carcere per 15 anni per chi diffonde fake news, e che a giudicare cosa sia fake sia un tribunale composto da giudici compiacenti?
Intanto la Novaja Gazeta, il giornale indipendente per il quale scriveva quella Anna Politkovskaja uccisa qualche anno addietro da mani riconducibili ad ambienti vicini a Putin, ha deciso di cessare almeno al momento le pubblicazioni nella convinzione che di lì a poco avrebbero arrestato i propri redattori e chiuso d’imperio la testata (molto chiarificatrice la lettura del suo libro su la Russia di Putin).
Si è spiegato da molti osservatori sul campo, quelli noti e bravissimi come Mannocchi o Tonacci solo per citarne due, ma pure quei giovani free lance che in cambio di due spicci ci offrono reportage dal teatro di guerra, come il metodo che sta usando il “macellaio” (massimo rispetto per gli amici macellai) sia il medesimo che ha usato in Siria nel teatro di guerra di Aleppo allorché appunto furono usati come bersagli i civili disarmati e a questi si fece scientemente toccare con mano la paura della morte per fame.
E non gabelliamo questo scempio della informazione per equidistanza o dovere di ascolto. Di fronte alle efferatezze di Putin possono al più trovare spazio personaggi, possibilmente esperti storici e/o militari, che possano discettare, mentre noi si ascolta o si legge, circa la opportunità di ricorrere a determinate sanzioni o interventi o sulla opportunità e i pericoli conseguenti di attuare la no fly zone invocata dal Presidente ucraino, ma di certo non si può dar voce a questi pseudogiornalisti complici del loro dittatore.
Gli esempi su cui ho argomentato sono solo l’apice della deriva per la verità iniziata ormai da anni direi, ma a quello che non esito a definire scempio pericoloso non ha mancato di contribuire anche la Tv pubblica con quanto messo in scena pure la settimana appena trascorsa anche dalla Sig.ra Berlinguer.
Una responsabilità a questo punto la attribuisco – e non certo da detrattore di questo Governo e specialmente del PdC – anche al potere politico che credo debba, magari attraverso la Commissione di Vigilanza Rai e gli altri organismi di monitoraggio sulle Tv, intervenire perché proprio con questa sorta di alibi dell’ascolto di tutte le voci non si finisca per negare il nostro pacifismo vero, quello contro la guerra come diceva Gino Strada.
È ovvio che non intendo invocare interventi governativi di censura, ma la situazione attuale e l’importanza che l’informazione a tutti i livelli ha e potrà avere nel determinare il futuro del Paese e del mondo occidentale, che per noi è l’UE, non può non suggerire interventi nella direzione evocata sopra in nome proprio della tutela delle libertà che intendiamo difendere.
Ai portatori delle teorie nènè chiederei poi (e mi sono chiesto perché non ho mai sentito rivolgere da qualche conduttore questa domanda) fin quando resterebbero fautori della resa di Zelensky e degli ukraini, e fin quando intendo per fin dove. L’atteggiamento sarebbe uguale se domani Putin si inventasse una denazificazione della Polonia o della Moldavia o della Romania?
Mi tormenta il dubbio che quanto qui espresso sia il frutto di mia esagerata emotività personale, ma non posso tacere quanto mi sembri vittima di sintomi preoccupanti un Paese come il nostro che si professa tanto democratico e liberista da dar voce agli infimi personaggi di cui sopra e poi espone alla gogna mediatica una professoressa, e non aggiungo altro, o indugia per sminuirlo sul tipo di lavoro svolto da una vittima di feroce femminicidio.
E mi spiace notare in proposito il silenzio complice purtroppo di due direttori che stimo, Paola Maggioni e Enrico Mentana.
Guardando i talk italiani sono veramente preoccupato anch’io per lo scadente e pericoloso cortocircuito informativo.
Martedì 12 aprile a Cartabianca la prima opinione filo-atlantista è stata espressa da Caprarica dopo più di un’ora (effettiva al netto della pubblicità) di monologhi orsiniani e di un’altra professoressa per cui America e Russia sono ugualmente responsabili. Bugie come la tesi secondo cui “Europa e Stati Uniti non stanno facendo nulla per una soluzione diplomatica” vengono ripetute e dipinte come elementi di fatto, peraltro il giorno in cui il cancelliere austriaco è stato inviato a Mosca a nome dell’Europa e a malapena gli è stata aperta la porta dal Cremlino. Di questa visita in trasmissione nessuno se ne è stranamente ricordato, ed è solo una delle miriadi di tentativi negoziali che Putin – non l’America o i cattivoni eruopei – fa scientemente fallire.
Strategie negoziali folli, come la proposta di Orsini secondo cui l’Italia dovrebbe unilateralmente riconoscere Crimea e Donbass e creare una faglia nel fronte occidentale (cosa che avrebbe conseguenze devastanti sulla sicurezza e integrità del nostro paese, sulla sua credibilità internazionale, sul suo accesso privilegiato ai mercati internazionali che diamo sempre per scontato grazie all’Europa), bè tesi di questo tenore vengono presentate come assolutamente legittime e ragionevoli. E chi prova a dissentire argomentando viene sistematicamente interrotto, aggredito, tagliato in modo più o meno subdolo.
L’unica soluzione è spegnere la TV, ma la tragedia è che una quota enorme di italiani si informa sulla politica solo attraverso la televisione. E questo combinato disposto con la qualità dell’informazione televisiva, in una democrazia, finisce per avere effetti politici nefasti