Come i miei affezionati lettori sanno coltivo l’abitudine di cibarmi quotidianamente di informazione, sia con la tradizionale carta stampata che con gli strumenti digitali che il web ci mette a disposizione, senza trascurare un’occhiata ai social.
Una informazione quanto più corretta ed equa richiede una dedizione di qualche ora al giorno che non è semplice rubare agli orari di lavoro.
Da tre settimane o poco più siamo stati catapultati nel teatro che mai ci saremmo aspettati, quello della guerra in Ucraina.
La generazione cui appartengo è nata all’indomani della fine dell’ultimo conflitto mondiale ed è cresciuta ascoltando qualche volta i timidi o orgogliosi racconti dei padri o degli zii che attivamente vi avevano partecipato, ma anche percependo quei brani di memoria vissuta quasi come un brutto racconto da ascoltare sì, ma quasi tradurre istintivamente in immagini, quelle che avevamo già da tempo imparato a vedere in Tv.
Eppure quei ricordi, quegli episodi riferiti da chi li aveva vissuti, erano – sensazione percepita dopo molti anni quando gli interpreti non erano più di questa terra – raccontati col pudore e la ritrosia di chi era consapevole di quanto orrore palesi una guerra, di quanto deflagrante può essere vestire i panni di chi, pure nell’assolvimento del proprio dovere, aveva pure ucciso propri simili o di chi aveva ex post maturato la convinzione di essersi trovato a combattere dalla parte sbagliata.
Abbiamo, noi boomers, vissuto in prima persona quel miracolo economico senza rendercene conto tanto che, all’inizio degli anni ’90 abbiamo assistito al tracollo della Unione Sovietica e alla supposta archiviazione definitiva della Guerra Fredda considerandolo un epilogo naturale quanto atteso, senza mai credere fino in fondo che potessero provocare un nuovo conflitto mondiale.
Non concepivamo possibile che si potesse ripetere il fenomeno bellico se non in aree sottosviluppate preda di despoti locali.
Ovvio che questa percezione sia stata inconsapevolmente fatta propria e vissuta dalle generazioni che si sono susseguite dagli anni sessanta in poi, da quando l’argomento guerra è stato vissuto più che altro attraverso le parole e la musica di celebri brani di famosissimi esecutori: Imagine di John Lennon o War di Bruce Springsteen, fino a Peace on Earth degli U2. Oppure periodicamente durante qualche sfilata di protesta nel periodo sessantottesco e postsessantottino.
Questo scenario poi invece, per la prima volta, ci troviamo a viverlo in tempo di social e quindi, per riassumere il concetto, di fake news.
Eppure, almeno al sottoscritto, appare terribilmente strana la percezione, immutata dopo giorni e giorni di scenari di guerra, giornali e tv che vi dedicano ampio spazio, di non riuscire a comprendere fino in fondo la vera origine del conflitto.
È indubbio come il presidente russo sia mosso da una visione vetero imperialista che lo spinge nella assurda direzione di una ricostituzione negli anni duemila dell’epoca degli zar, dell’impero. E la sua operazione bellica non è cominciata ora, ma principia almeno da quando ha in qualche modo indirettamente provocato le dichiarazioni di indipendenza delle Repubbliche del Donbass.
Resta la percezione, che non è solo percezione visto che tale sensazione confessano in qualche modo anche i redattori della carta stampata o conduttori e ospiti dei talk show, che questa guerra, nonostante gli sforzi di quei professionisti (penso per tutti alla fantastica Francesca Mannocchi) che vivono e raccontano sul e dal campo, non si riesca interpretare e prima che interpretare a percepire in termini di fatti concreti sia dall’una che dall’altra parte.
Trovo stupefacente, tanto da dubitare su mie diminuite capacità cognitive o di intelligibilità, che non si capisca bene cosa Putin intenda dire a giustificazione di quella che nemmeno chiama guerra o invasione nello stesso momento in cui le sue milizie bombardano un ospedale pediatrico oncologico a Kiev.
Nella consapevolezza di quanto siano enormi i problemi e le implicazioni politiche a livello mondiale e segnatamente europeo, non mi sento di esprimere una compiuta opinione su quanto si dovrebbe fare nell’immediato o a medio termine. Mi sento comunque di condividere l’operato del ns Governo fino ad ora e l’atteggiamento mostrato in pubblico e al cospetto della opinione pubblica internazionale del nostro PdC.
Coltivo la passione per il mondo dell’informazione e molto modestamente in qualche misura ne faccio parte e quindi soffro allorché, spesso invero, mi trovo nelle condizioni di muovere severe critiche a quel mondo.
È indubitabile come, a maggior ragione in frangenti di guerra, sia straordinariamente importante il ruolo dei media che, specialmente attraverso la Tv, raccontano i fatti via via accaduti o in corso di accadimento e cercano di darne interpretazione.
Registro però come al racconto dei fatti quotidiani si prediliga, direi more solito, ascoltare e far ascoltare le interpretazioni circa le strategie belliche di (improbabili) professori di filosofia piuttosto che di generali. Dove, allorché si sente la voce dei generali, questi risultano non solo più credibili ma più comprensibili dei professori che discettano di responsabilità di altri che non siano Putin nel solco irriempibile del benaltrismo da salotto tv.
Sospetto che, anche in questo drammatico frangente, l’obiettivo immediato sia quello di creare tifoserie che producano presunti ascolti. Ribadisco presunti perché, anche a vedere i dati audience ufficiali, mi convinco sempre più che la gente è sempre più stufa dei benaltristi a ogni costo, gli stessi capaci di esordire in un loro intervento dopo aver visto le immagini dell’ospedale per i bambini bombardato: “…eh si ma…”.
Scrivere quanto ho provato a fare significa, ne sono consapevole, finire con l’avere la pretesa di dare suggerimenti sugli antidoti. E qui viene veramente il difficile.
Credo in grande sintesi che si debba quanto più possibile cercare di seguire i fatti acclarati per farsi un’opinione scevra da condizionamenti e che domani potrebbe, speriamo mai, aiutarci ad assumere decisioni per il futuro nostro e del nostro Paese, ma più banalmente e probabilmente a maturare giudizi sui nostri rappresentanti politici, giudizi che torneranno utili davanti la prossima scheda elettorale.
Per dovuta precisazione a scanso di equivoci: considero Putin un criminale di guerra che auspico persino sia fisicamente eliminato magari da qualcuno dei suoi e sono terribilmente critico nei confronti di chi ha guidato e partecipato a manifestazioni dove c’erano solo bandiere della pace e bandiere rosse in nome del “né con Putin né con la NATO”. Aggiungo che la resistenza del popolo ucraino mi sembra degna di ogni lode.