Esiste ormai da tempo quel tipo di comunicazione, via social soprattutto, che privilegia l’effetto impatto, quello da pugno nello stomaco, rispetto a ragionamenti o disamine. L’attenzione richiesta per leggere un post di più di dieci righe viene considerata eccessiva rispetto al comune comportamento del “consumatore” ormai abituato a leggere quasi solo il titolo di un articolo o l’incipit di un post social per trovar subito la determinazione per schierarsi pro o contro quello che ha letto o crede di aver letto, visto che potrebbe accadere, e accade, che il titolo o l’incipit risultano, non necessariamente di proposito, fuorvianti rispetto al contenuto.
Capita così che un esperto di comunicazione come Grillo, quello che sul sistema di comunicazione rapido e ad effetto ha costruito un movimento politico capace di conquistare cuore e pancia (più pancia che cuore) degli italiani, al punto da registrare un consenso alle ultime elezioni politiche corrispondente a più del trenta per cento degli scranni parlamentari, capti per una settimana l’attenzione dei media di ogni specie e livello per un video a tutti ormai noto in cui si lancia in una difesa del figlio Ciro coinvolto in una inchiesta per stupro di gruppo ai danni di una ragazza poco più che maggiorenne.
Non mi sento e non voglio aggiungere altro a quanto è stato detto e scritto sull’argomento in settimana, salvo sottoscrivere lo sdegno e la riprovazione per l’uso del mezzo, la violenza che sprigiona quel video, quel senso di prevaricazione in barba all’uno vale uno, alla profonda a dir poco mancanza di rispetto nei confronti della ragazza coinvolta in quella turpe storia, turpe e squallida qualunque sia la verità che verrà accertata, giacché diversi particolari di quella nottata sarda evidenziano un modo di approcciarsi dei ragazzi nei confronti delle ragazze che potrebbe non essersi concretizzata in stupro nel senso tecnico del termine ma di sicuro è espressione di approccio violento e prevaricatore.
Andrà detto e riconosciuto in tutto questo come non mi risulti che nei due anni durante i quali si sono svolte e si svolgono ancora le indagini, nessun giornale o Tv abbia particolarmente speculato sulla vicenda certamente ghiotta da un punto di vista giornalistico ovviamente per figura e ruolo rivestititi dal papà dell’indagato.
Il karma o contrappasso si è comunque consumato e mi spinge a delle riflessioni che vanno oltre il contenuto del video.
Il Movimento 5 Stelle sulla spinta del suo mentore e ideatore ha fatto breccia nel consenso degli italiani usando linguaggio di facile presa su un pubblico disposto e disponibile a dar credito a una visione della società e della politica esageratamente semplicistica. Non si dimenticherà l’esordio pubblico del “vaffaday” che proprio in quella parola inglesizzata risultò da subito sintetizzare quella che non chiameremmo scuola di pensiero, ma che ha portato milioni di italiani a obbedire alle regole del populismo, simile dappertutto nel mondo, che sostiene e propugna soluzioni semplicistiche a qualunque problema sia esso politico in senso stretto, economico, internazionale o giuridico.
Il Parlamento che Grillo voleva aprire come una scatoletta di tonno è quello disegnato in termini di composizione e articolazione dalla Carta Costituzionale che in qualche modo pure celebriamo quest’oggi, consapevoli che senza il contributo dei partigiani e senza quel 25 aprile non si sarebbe riusciti forse nemmeno a concepirla.
In nome di quell’approccio semplicistico e populista si è additato come insopportabile privilegio qualunque benefit in favore degli esponenti di Governo, gabellando l’uso di un mezzo pubblico invece che della macchina di servizio, fino alla riduzione drastica del numero dei parlamentari come i mezzi per una affrancazione attesa dai logori meccanismi della politica. Per non dimenticare le battaglie anti euro in nome di una affrancazione dalla moneta unica dipinta – cosa ne sarebbe stato dell’Italia oggi ? – come il male assoluto per l’economia.
Questa banalizzazione e semplificazione non ha risparmiato i temi della giustizia che non è solo argomento delicatissimo che solo addetti ai lavori e studiosi di alto profilo e competenza possono e dovrebbero trattare, ma è caposaldo del vivere democratico e non un semplice modo di stabilire chi è il colpevole di turno.
Ancora oggi la Ministro Guardasigilli Cartabia ricordava come la Costituzione come l’intero impianto giurisdizionale sia la materializzazione di uno sforzo di “…ricerca di un bilanciamento continuo tra esigenze contrapposte. Bilanciamento, ragionevolezza e proporzionalità: sono tre parole fondamentalmente interscambiabili nella giurisprudenza …”.
Bilanciamento, ecco una parola certamente invisa a Grillo ieri come oggi, quella adozione di misure eque sia nel legiferare che nell’applicare le leggi che in tema di giustizia segna la divisione tra un sistema democratico ed equo e un altro che, in nome di quella semplificazione, finisce col non essere equo ma persino orientato in senso totalitario anche se non palese.
È quel distorto modo di concepire l’esercizio del potere di legiferare in materia di giustizia che ha spinto il precedente Ministro a intraprendere la strada – quella che mi auguro venga al più presto abbandonata dal nuovo Governo – della abolizione della prescrizione, sicuro viatico per la definitiva formalizzazione della figura del “reo a vita”.
Quindi Grillo col suo video ha acceso i riflettori su due questioni fondamentali del vivere civile, ma ha pure pronunciato il de profundis per il suo racconto della società ideale come ce lo ha voluto dipingere nell’ultimo decennio.
Non mi dilungherò sulla ingiustizia profonda quanto palesata dal suo improvvido intervento nel momento in cui – complice di sicuro anche l’approccio violentissimo di cui è pervaso sia in termini di vocabolario che di espressioni facciali – quello che a lui deve essere sembrato un legittimo sfogo di un padre frustrato dall’incerto destino giudiziario del figlio, evidenzia di per sé l’ingiustizia di fronte al comune cittadino che questo potere e strumenti non possiede.
Ancor più fa riflettere e deve far riflettere tutti, specialmente chi si è fatto attrarre dai messaggi semplicistici sui temi della giustizia, come appaia profondamente ingiusto, questo sì, che un imputato, di un reato gravissimo certo come quello di cui il giovane Ciro Grillo è accusato, attenda da oltre due anni l’esito di quelle indagini che, giova ribadirlo, non attengono a una strage con decine di morti, uso di armi o esplosivi con gente sospettata di coinvolgimento in ambienti malavitosi, ma attiene un reato gravissimo che comunque sarebbe stato consumato tra mura domestiche, col coinvolgimento di alcuni giovani e per di più “documentato” almeno in larga parte da una ripresa video.
Ecco i prodromi della barbarie son tutti lì, nella mancata consapevolezza prima di come possa esser relativamente facile essere coinvolti in un processo penale e di come sia poi inconcepibile che il processo, già destinato a durare un tempo indicibile, venga preceduto da indagini a volte inspiegabilmente troppo lunghe.
Auspico e confido nel Governo Draghi e nella Ministra Cartabia perché si ponga ogni possibile rimedio a questo scempio che colloca l’Italia tra gli ultimi posti in Europa.
Non è un caso se i denari destinati al nostro Paese dal Next Generation EU sono imprescindibilmente legati a una profonda riforma della giustizia che accorci i tempi dei processi penali ma pure di quelli civili la cui durata, giova ricordarlo, procurano un danno di oltre un punto e mezzo di possibile crescita per quanto esso procura il dirottamento di investimenti dal nostro Paese ad altri. È notizia di queste ore che alcune importanti Company del mondo della Finanza e dei Fondi di Investimento, alla notizia, delle intenzioni di Draghi – il più credibile dei PdC che l’Italia potesse augurarsi di avere sin questo momento – di metter mano subito a quel capitolo, hanno immediatamente dirottato importanti risorse finanziarie in direzione dell’Italia.

mi chie do e le chiedo ma se non era il figlio di grillo ?