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#ilpuntodimacchia: Il sistema giustizia tra scandali e TV

Quando i Magistrati erano guidati dal loro sapere, dalla loro esperienza e dal senso della giustizia

La mia formazione giuridica negli anni dell’Università è stata costruita sui testi di illustri professori che non di rado hanno guadagnato con indubbio merito prestigiosi traguardi in campo letterario. A volte (ne cito uno per tutti il, Costituzionalista Prof. Pietro Virga) erano gli stessi autori del testo a farci da Professori o magari erano autori di testi che trasponevano nel libro le tesi da loro propugnate per un testo di legge. Penso allo Statuto dei Lavoratori elaborato all’inizio degli anni settanta dal Prof. Gino Giugni, autore del libro sul Diritto del Lavoro sul quale studiai poco dopo che proprio il suo scrittore era stato l’artefice di quella legge, quasi rivoluzionaria per i tempi, di tutela dei lavoratori. 

In tanti, prima o oltre che professori di diritto erano professionisti, cioè Avvocati che, a dispetto di tutti i più beceri luoghi comuni, ci insegnarono un profondo e indiscutibile rispetto per il mondo della Giustizia Italiana, di quel Paese che, mai si stancavano di ricordarci, veniva universalmente riconosciuto come la Culla del Diritto. Consequenziale quanto ovvio il massimo rispetto per la Magistratura, terza ma non in ordine di importanza, articolazione dello Stato democratico cui gli Italiani avevano avuto accesso dopo gli anni di guerra. 

Nei lunghi anni di esercizio della professione forense ho avuto numerosissime interlocuzioni di ogni tipo e di ogni tenore, non sempre pacate, con tanti Magistrati, dagli allora Pretori ai componenti i Collegi della Corte di Cassazione. Ma il mio impegno politico anche in ambito forense mi ha portato non poche volte a confrontarmi pubblicamente con i più vari interlocutori sui temi della Giustizia e in quelle occasioni – a volte in veste di “moderatore” al cospetto di assai illustri ospiti – mai mi ha sfiorato il dubbio di non dovere o potere difendere l’operato della Magistratura a tutti i livelli. 

Qualche mese fa, preceduto da qualche servizio televisivo dai contenuti sospettosamente scandalistici ma rivelatisi ahinoi veritieri, è stato pubblicato il libro di Alessandro Sallusti sul caso Palamara. Nelle ultime due o tre settimane è scoppiato l’altro caso – parrebbe un suffisso obbligato! – Amara, dal nome dell’Avvocato che ha rivelato l’esistenza di un dossier che evidenzierebbe l’esistenza di una sorta di loggia massonica tra Magistrati tesa alle manovre di più basso profilo per la distribuzione degli incarichi più prestigiosi nelle Procure e non solo. 

Ma la cosa più grave è la rivelazione di come quel dossier finito nella mani del Procuratore Storari che avrebbe dovuto occuparsene è stato da questi “riservatamente” trasmesso in copia al Dott. Pier Camillo Davigo che non avrebbe avuto alcun ruolo e quindi legittimità a ricevere quella copia e che non si sa, dopo mesi dall’accaduto, con chi ne abbia parlato e con quali fini. E tutto questo si è scoperto perché la copia, finita tra le mani della allora Segretaria del Dott. Davigo, sarebbe stata da questa divulgata alla stampa e non si sa a chi altri, tanto che la Signora è indagata per violazione di segreto di ufficio ed è stata sospesa dal servizio. 

Il Corriere della Sera di ieri ha pubblicato uno studio demoscopico i cui risultati rivelerebbero che negli ultimi undici anni la fiducia degli Italiani sui Magistrati è crollata dal 68% al 39%. 

Io stesso devo ammettere come nell’ultimo decennio almeno non sarei più capace di concepire e esternare apprezzamento indiscusso nei confronti della categoria di cui tuttora conosco rispettabilissimi e coltissimi rappresentanti. 

È il sentire condiviso dei più anziani come me, che hanno conosciuto Magistrati che erano guidati in primis dal loro sapere poi dalla loro esperienza e per ultimo ma non da ultimo da quello che ho sempre definito il senso della giustizia. A dispetto di appartenenze politiche o addirittura correntizie. 

L’ultimo dei miei pensieri tuttavia è quello di aggregarmi alla schiera di coloro che tifano per un crollo definitivo di quel mondo che rappresenta, ribadisco, un baluardo imprescindibile per un paese democratico e che non può permettersi di mettere in discussione l’attendibilità della Magistratura. 

Negli ultimi anni, ad aggravare una situazione già – notoriamente per gli addetti ai lavori – precaria ha contribuito l’avvento di rappresentanti politici che cavalcando un populismo di moda hanno trasmesso i soliti messaggi semplicistici brandendo manette o abolizione di prescrizione o sorveglianze perpetue con i più sofisticati mezzi tecnologici, alla scoperta dei colpevoli da condurre ammanettati nelle patrie galere. 

In pochi – e nessuno tra i propugnatori delle più grevi punizioni in barba pure al concetto costituzionalmente sancito del fine riabilitativo della pena – hanno rilevato e rivelato come il numero dei condannati ingiustamente o di coloro che subiscono indagini che corrispondono allo sconvolgimento per sempre o per decenni della loro vita, è in Italia enorme. 

Un dirigente della formazione politica Azione ha pubblicato in questi giorni uno studio nel quale si valuta che le condanne “ingiuste” inflitte in Italia siano nell’ordine di circa mille all’anno. 

Non voglio entrare nel merito, che sarebbe troppo lungo, e nemmeno argomentare più di tanto sul tema della normativa sulla responsabilità dei Magistrati, che pure in Italia ha parametri talmente bassi direi che negli ultimi dieci anni o poco più sono stati condannati a risarcire i danni provocati meno di dieci Magistrati, nello stesso periodo in cui lo Stato ha dovuto sborsare alcuni milioni di euro per risarcimenti da ingiusta detenzione. Confido oggi nell’opera di riforma che saprà mettere in campo il Ministro Cartabia cui non difettano certo competenza e serietà. 

Come al solito, direi, il punto oggi è la consapevolezza. Il tema della Giustizia e dell’esercizio della stessa è materia assai complessa e non ho mancato di rilevarlo anche in questa rubrica settimanale, ma l’informazione e la consapevolezza sono il sicuro bagaglio che ogni cittadino può portare con sé cercando di mantenere indispensabile obiettività senza restare vittima del male “tifoseria”. 

Insisto, anche in merito a questo argomento, nel sostenere che un ruolo fondamentale hanno o dovrebbero avere i media, l’informazione, specialmente in Tv, che offre troppo spesso visioni rabberciate e accorciate per il rispetto dei tempi televisivi o sempre alla rincorsa di facile audience piuttosto che della corretta informazione. 

Non dimentico – e credo non pochi insieme a me – che il Dott. Davigo è lo stesso che da parecchi mesi, regolarmente ospitato in televisione, ci ammannisce le sue teorie complottistiche a tutto tondo o la famosa quanto triste teoria che gli innocenti sono colpevoli non ancora scoperti. 

Bene, il Dott. Davigo, da quando è scoppiato lo scandalo che lo riguarda, è stato in Tv almeno due o tre volte. 

L’apoteosi – ma mi sono quasi stancato di ripetere questo termine – è stato raggiunto dal prode Giovanni Floris che nella sua trasmissione Di Martedì ha ospitato il prode Dott. Pier Camillo Davigo (che un suo collega di pari livello ha rinominato PierAnguilla) che avrebbe dovuto credo trovarsi davanti a due o tre giornalisti che avrebbero dovuto assumersi il compito di porgli domande scomode circa la questione a dir poco scottante e invece si è trovato al cospetto di un solo Direttore di un Giornale per cui l’intervistato spesso scrive e che lo difende ogni giorno quasi spudoratamente: Marco Travaglio. 

S I PAR I O 

 

Francesco Macchiarella

 

 

 

 

 

 

 

 

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