Su Teresa Ciabatti si è detto moltissimo. Tantissimi aggettivi, tante recensioni, tanti giudizi pronti ad etichettarla; la scrittrice toscana è difficilmente collocabile in un recinto di terminologie. Hanno provato a dire che sia la nuova Elsa Morante. Probabilmente Teresa Ciabatti è originale e simile solo a sé stessa e nessun’altra. Nei precedenti lavori ha sempre cercato di indagare sull’incertezza della propria condizione esistenziale. Quei riferimenti autobiografici sono serviti a fornire sincerità ad episodi paradossali e intrisi di debolezza umana. Sembrava bellezza (Mondadori, 240 pp., 18 euro) è l’ultimo romanzo di quella via coerente. Il libro candidato a vincere il prestigioso Premio Strega.
Il romanzo racconta di una scrittrice di successo, giunta quasi a cinquant’anni. Gode un momento di piccole certezze che le regalano spensieratezza: i successi editoriali sembrano coprire le fragilità della sua vita privata (separata e madre di una ventenne con cui ha un rapporto difficile). Sembra che la protagonista viva una sua primavera fatta di grande sollievo, un ritrovato equilibrio dopo anni di delusione soprattutto interiore. Improvvisamente nella sua vita torna una sua cara amica, Federica. L’amica della scuola, quella che la riporta ad un’adolescenza difficile da inquadrare. Momenti dove gli interrogativi soprattutto sul futuro, sulla propria esteriorità e sulla sessualità erano all’ordine del giorno. Quello con Federica è di fatto un incontro premonitore di una necessità celata di dover chiarire posizioni che sente quasi inconciliabili dentro sé. Non è tutto: incontra di nuovo la sorella di Federica, Livia. Quella ragazza così bella, nei ricordi della protagonista, così sconvolgente e così oggetto di ammirazione mista ad invidia. Da adolescente essere Livia era quasi un obbligo morale. Ritrova però una donna diversa: una bellezza scalfita da un incidente che ha reso Livia vittima di problemi psichici. Una diciottenne in un corpo di una cinquantenne: il destino sembra averla fossilizzata in modo crudele.
La protagonista si ritrova così di fronte ad un gioco in cui le carte sono scoperte ma cambiate, non tutto sembra come avrebbe pensato. Incontrare di nuovo Federica e Livia significa tagliare i ponti definitivamente con quei conti in sospeso che nella sua mente albergano senza apparentemente disturbarla. Invece tutto sembra così fragile e irrimediabilmente imprevedibile. In Sembrava bellezza si parla di coscienza di sé, dell’approccio all’amore, dell’accettazione delle proprie debolezze. La compassione e lo spirito di rivalsa fanno il resto. Si lotta per capire e non semplicemente subire quel tempo che avanza, senza cedimenti, soprattutto sul proprio corpo (argomento cardine del romanzo). Quel tempo che quindi sintetizza e sottolinea cosa siamo e non saremo più. Fare pace con il tempo che scorre: un necessario compromesso.