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In memoria di Peppino Impastato, ucciso dalla mafia il 9 maggio 1978

Cinisi, 9 maggio 2019 – Cinisi, 9 maggio 1978. 41 anni dalla sua morte, oggi Peppino avrebbe avuto 71 anni e, forse, tante cose da raccontare. Magari anche tante cose da dire sulla mafia, su cosa è diventata la mafia e su cosa è diventata la politica.

Mafia è una parola che ancora scatena un impercettibile fremito nel cuore di ogni siciliano – per quanto non vorrei essere così egoista da escludere il resto dell’Italia, forse addirittura il resto dell’umanità -; certo è che oggi non fa più così tanta paura dire mafia, mentre quando Peppino ne parlava in radio di paura ne faceva, e anche tanta. E non era neanche da stupidi aver paura, visto che chi non ne ha avuta è stato ammazzato.

Peppino Impastato nasce nel 1948 in una famiglia mafiosa: il padre, lo zio, il cognato del padre, gli amici dei parenti, gli amici degli amici, insomma Peppino la mafia ce l’ha avuta sempre sotto il naso. Così vicina al naso che il fetore gli era insopportabile.

Peppino Impastato si allontana dalla sua famiglia, si allontana dall’ambiente in cui è cresciuto e viene buttato fuori di casa da suo padre. Peppino Impastato è un socialista, un uomo di sinistra, uno di quelli che allora venivano guardati male.

Peppino Impastato ama la sua terra infinitamente, a tal punto da convincersi che valeva la pena rischiare personalmente nel tentativo di cambiarla. Ma Peppino Impastato questo lo fa senza scendere a compromessi, senza chiedere favori, lo fa con le sue mani, la sua voce e i suoi compagni di viaggio.

Insultava, prendeva in giro i mafiosi e i politici, faceva satira, guidava le lotte dei contadini espropriati, organizzava eventi culturali di teatro, cinema e musica. Peppino Impastato aveva avuto la fantasia di immaginare qualcosa di bello, e per uno strano caso oltre alla fantasia aveva anche il coraggio di farla, quella cosa bella che aveva immaginato. E non è sbagliato parlare di bellezza, perché la lotta alla mafia è una cosa bella.

Peppino Impastato a 30 anni, appena candidatosi nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni provinciali, viene ammazzato, messo sui binari della ferrovia e fatto saltare in aria su una carica di tritolo.

Sembra doveroso – ma guardiamoci bene dal pensare che sia solo un dovere – ricordarci di Peppino Impastato il 9 maggio. È ancora più doveroso ricordarci di Peppino Impastato quando vediamo, sentiamo o percepiamo la mafia; quando “gli amici”, quando “u zù Tano” di turno, quando “u pizzu”, quando le costrizioni sociali uccidono il pensiero, quando ci sentiamo soli a dover fronteggiare qualcosa che ci sembra troppo grande e non c’è nessuno che ci aiuta, quando cambiamo strada perché è meglio cambiare strada.

Ma non dobbiamo ricordarci di Peppino Impastato per essere eroi, lui non era un eroe. Dobbiamo ricordarci di Peppino Impastato – e di tutte le vittime della mafia – per capire, per osservare i mostri che ci circondano e per affrontarli, uniti.

Peppino Impastato era un ragazzo che quando è morto era poco più grande di me. Peppino Impastato era tante altre cose, tra queste era anche un poeta. Forse gli sarebbe piaciuto essere ricordato anche per questo.

– 14

I miei occhi giacciono
in fondo al mare
nel cuore delle alghe
e dei coralli.

Brano tratto da “Poesie di Peppino Impastato”

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