“Siamo partiti di notte dalla costa della Libia. Ricordo che eravamo veramente tanti in un gommone che aveva poche possibilità di arrivare lontano. La paura era tanta, io non so neanche nuotare, in caso di incidente in mare non avrei avuto modo di salvarmi. C’erano bambini che piangevano e mi è anche capitato di aiutare qualcuno dei miei compagni di viaggio durante un attacco di panico. L’unica cosa che mi ha fatto distrarre in quel momento terrificante è stato vedere i delfini che ci hanno accompagnato per un tratto del viaggio. Dopo circa due giorni la Guardia Costiera ci ha trovati, ci ha accolti e portati fino a Siracusa”.
Modou Jallow lascia il Gambia all’età di 13 anni, approderà in Sicilia all’età di 15. È un minore non accompagnato e, dopo un breve periodo, verrà trasferito a Palermo. Qui entra in contatto con l’associazione Refugees Welcome che lo prende sotto la sua protezione. Poco dopo viene accolto come un figlio in casa di Francesco Macchiarella, monrealese. Vivrà per molti anni nella frazione di Pioppo. “Macchiarella che io chiamo papà mi ha aiutato a trovare un lavoro e nel frattempo si è assicurato che non mi mancasse niente per avere una buona vita. Ricordo quel periodo con molta felicità e gratitudine.
Volevo trasferirmi in modo stabile a Pioppo perché è un posto tranquillo, colorato e bello. Stare in mezzo alla natura mi piace molto, questa frazione monrealese rappresenta un luogo ideale dove vivere”.
“In Gambia ho tutta la mia famiglia, solo io mi sono spostato. Lì la connessione non è sempre disponibile, ma comunque riesco a sentirli spesso durante il mese. Qui ci sono ancora tante persone con pregiudizi che purtroppo non sempre mi fanno sentire parte dei Palermitani o più in generale degli Italiani. Ma nel complesso posso dire che mi sono integrato bene.
Oggi Modou ha 22 anni, è fidanzato con una ragazza palermitana, e lavora come muratore in una ditta impegnata nei lavori di ristrutturazione del quartiere Carmine di Monreale.
Modou sei arrivato in Sicilia via mare da minorenne ed eri solo senza nessuno che ti aiutasse. Ricordi se eri consapevole di quali rischi insopportabili avresti dovuto affrontare e che spingono i Gambiani a lasciare il loro paese peraltro bellissimo da un punto di vista naturalistico?
Avevo 15 anni quando sono arrivato in Sicilia, 13 quando ho lasciato il Gambia. Sapevo che potevano esserci rischi anche grandi, ma non sapevo quali nello specifico. È stato sicuramente più difficile di quello che immaginavo.
La sensazione peggiore che vivevo io come gli altri ragazzi che conoscevo è quella di insicurezza. Non ho mai dimenticato certo come morì mio padre mentre era militare e di sicuro questo tipo di costrizioni aumentano il senso di insicurezza per il futuro. Ma non scordo neppure le enormi difficoltà economiche o persino le difficoltà di chi si scopre omosessuale in un mondo che non ti accetta così.
Prima di arrivare nell’area di Monreale dove sei stato e per quanto tempo?
Sono arrivato a Siracusa il 4 dicembre 2015 e sono rimasto lì circa tre settimane. Mi sono poi spostato a Palermo e da quel momento mi sono spostato più volte tra Palermo e Monreale.
Hai fatto lì la scuola che ti ha permesso di ottenere il riconoscimento scolastico italiano?
No, ho frequentato una scuola a Palermo sotto consiglio della comunità in cui vivevo.
Poi a Palermo, come ti sei o ti hanno approcciato alla Associazione Refugees Welcome che, sappiamo, ti ha preso sotto la sua protezione?? Cosa hai cominciato a fare con loro?
Ho conosciuto un amico, gambiano anche lui. Lo aiutavo spesso a comunicare con la sua tutrice perché lui non sapeva bene l’italiano e con il tempo, conoscendoci meglio, questa signora (Maria Pia), mi ha portato presso questa associazione. Ho preso parte ad alcune interviste e ad alcuni loro progetti. Qui, ho conosciuto Francesco Macchiarella che mi ha accolto come un figlio in casa sua.
Poi il tuo mentore nominato ti ha portato in zona Pioppo dove hai cominciato a avere e fare qualche lavoretto. Che ricordi hai di quel periodo? E mi si dice che ti eri talmente affezionato a quella Frazione di Monreale da coltivare il desiderio di trasferirti li stabilmente. È vero?
Mi ricordo che mi sono sentito subito come a casa. Macchiarella che io chiamo papà mi ha aiutato a trovare un lavoro e nel frattempo si è assicurato che non mi mancasse niente per avere una buona vita. Ricordo quel periodo con molta felicità e gratitudine.
È vero, volevo trasferirmi in modo stabile lì perché è un posto tranquillo, colorato e bello. Stare in mezzo alla natura mi piace molto quindi era, per me, un luogo ideale dove vivere.
La tua storia recente è legata ai lavori diffusi sul territorio derivanti dalle norme che hanno permesso a alcuni di effettuare ristrutturazioni nelle quali sei stato definitivamente coinvolto. Come sei entrato in questo mondo dei lavori edili? E avevi mai svolto mansioni di muratore o similia?
Ancora una volta Macchiarella mi ha aiutato a trovare questo lavoro. Mi trovavo in un periodo difficile e mi ha presentato questa opportunità che ho subito accettato. Ho fatto lavori come questo in Libia, ma non in modo così professionale.
La tua vita oggi come la descriveresti? Quali progetti o desideri coltivi?
Ora sono più felice e ho meno pensieri. Mi sono finalmente sistemato e quindi sono sereno. Per il futuro desidero avere una vita sempre migliore e magari avere la possibilità di avviare una mia attività.
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E il tuo rapporto con la città di Palermo?
Non è sempre buono soprattutto per come funzionano alcune cose, per i migranti, ma tutto sommato mi trovo bene e sono felice qui.
Sappiamo che coltivi una passione per il calcio. Lo pratichi sempre ? E come? Dove? Conosci qualcuno dei Gambiani che giocano da professionisti o hanno giocato anche a Palermo? Che rapporto hai con loro?
Ogni tanto gioco con i miei amici nel ruolo di centrocampista. Organizziamo partite al campo della Magione o al prato del foroitalico. Le organizziamo soprattutto in estate.
Conosco Buba che gioca nel Palermo. Ci siamo conosciuti giocando a calcio prima che lui arrivasse così in alto.
Chi è rimasto in Gambia dei tuoi familiari? E li senti? Quanto spesso?
In Gambia ho tutta la mia famiglia, solo io mi sono spostato. Non so dire con esattezza ogni quanto parlo con loro perché lì la connessione non è sempre disponibile, ma comunque riesco a sentirli spesso durante il mese.
Coltivi il desiderio di tornare lì un giorno fosse pure per una vacanza? Ti sarebbe permesso?
Spero di tornare presto in Gambia per rivedere la mia famiglia che non vedo da ormai dieci anni. Non so come funziona adesso la politica lì, ma penso di poter tornare in Gambia liberamente.
Oggi ti senti abbastanza integrato qui?
Ci sono ancora tante persone con tanti pregiudizi che purtroppo non sempre mi fanno sentire parte dei Palermitani o in più in generale degli Italiani, ma escludendo questo direi che mi sono integrato bene.
Scusa se concludiamo questa intervista con una domanda difficile emotivamente: cosa ricordi del viaggio che ti condusse in Sicilia?
Siamo partiti di notte dalla costa della Libia. Ricordo che eravamo veramente tanti in un gommone che aveva poche possibilità di arrivare lontano. Una volta partiti ricordo bene la paura provata in quanto io non so neanche nuotare, quindi in caso di incidente in mare non avrei avuto modo di salvarmi. C’erano bambini che piangevano e mi è anche capitato di aiutare qualcuno dei miei compagni di viaggio durante un attacco di panico. L’unica cosa che mi ha fatto distrarre in quel momento terrificante sono stati i delfini che ci hanno accompagnato per un tratto del viaggio. Dopo circa due giorni la Guardia Costiera ci ha trovati, ci ha accolti e portati fino a Siracusa.