Il 19 ottobre scorso a Palermo c’è stata la commemorazione della “Strage del pane” avvenuta subito dopo la fine della guerra mondiale nel 1944. Una pagina vergognosa della storia italiana.
Di questo tragico episodio ne venni a conoscenza durante una mia ricerca sui palazzi nobiliari di Palermo ed in particolare su Palazzo Comitini che si trova in via Maqueda 100, vicino alla Fontana Pretoria e al seicentesco “Teatro del Sole”, noto come i quattro canti, oggi sede della Città Metropolitana di Palermo, uno dei più prestigiosi palazzi della città.
Subito dopo la fine della seconda guerra mondiale la popolazione viveva i disagi del dopoguerra, ritrovandosi con le case distrutte dai bombardamenti degli americani francesi e inglesi.
Molti restarono senza lavoro e chi lavorava si ritrovò con uno stipendio da fame.
Protagonista del momento non poteva essere altro che il mercato nero, una piaga delle guerre e dei dopo guerra ad opera di persone che io classifico come sciacalli che escono dalle tenebre pronti a sfruttare il momento, arricchendosi sulle sofferenze degli altri.
La popolazione decise quindi di fare uno sciopero: una folla di manifestanti senza armi, proveniente da via Cavour, si diresse verso la prefettura e, man mano che il corteo si avvicinava alla sede, altra gente si aggiungeva. Volevano reclamare pane e generi di prima necessità, denunciando anche l’imperante mercato nero dominato da “intrallazzisti” e speculatori senza scrupoli.
Volevano esser ricevuti e ascoltati dal Prefetto che casualmente quel giorno non c’era. Quando i manifestanti lo vennero a sapere, capirono che nessuno li avrebbe ricevuti e iniziarono ad inalberarsi.
Come succede in questi casi, il portone fu chiuso suscitando le ire di un gruppo di scioperanti che reagirono battendo randelli sul portone e sulle saracinesche dei negozi chiusi.
Fu così che il vice Prefetto, intimorito dalla preoccupante situazione che si stava venendo a creare, chiamò per telefono il comando militare, chiedendo l’invio di soldati in difesa della prefettura.
Così arrivarono una cinquantina di militari armati della fanteria Sabauda, stanziati alla Scianna, suscitando ancora di più la rabbia degli scioperanti che reagirono lanciando sassi e bastoni.
Io ho assistito varie volte a scioperi davanti al palazzo D’Orleans dove lavoravo, il Presidente della Regione era solito ricevere sempre una delegazione degli scioperanti con cui aveva un dialogo, cercando tra l’altro di calmare gli animi.
Mi chiedo perché quel Vice Prefetto non fece lo stesso, invece di chiamare i soldati che, all’improvviso, cominciarono a sparare ad altezza d’uomo e a lanciare persino delle bombe a mano sulla folla? Morirono ben 24 persone, per la maggior parte giovanissimi, e 158 furono feriti anche gravemente.
Era da immaginare che gli scioperanti avrebbero reagito, vedendo i soldati armati che, forse impauriti, persero il controllo, facendo una carneficina che si poteva evitare: tra i morti vi erano anche dei bimbi di età tra i 9 ed i 12 anni.
Come per tutte le stragi, anche a Palermo non venne mai fatta luce, e nel processo, che si svolse a Taranto il 22 febbraio del 1947, i colpevoli, individuati nei soldati che parteciparono alla repressione, furono assolti con la sentenza “non doversi procedere… per essere tutti i delitti estinti per amnistia”.
Questo increscioso episodio che si poteva evitare venne ricordato come “La strage del pane”.
Tutto è passato nel dimenticatoio, soltanto una lapide ricorda i nomi delle vittime.
Giovanissime vite spezzate perché volevano il pane e la pasta a prezzo accessibile, colpendo gli interessi di piccoli e grandi speculatori. Qualcosa di simile mi sembra che avvenga anche oggi.
Lo Stato cosa fa per cautelare la popolazione contro gli speculatori che si nascondono dietro un video e con un semplice click fanno grandi speculazioni, portando interi popoli alla fame con l’aumento indiscriminato dei prezzi dei beni di prima necessità e delle principali fonti energetiche, come il petrolio e il gas?
Siamo nelle mani di gente che non si fa scrupoli per arricchirsi sulle spalle della povera gente.
Anche mia suocera nello stesso periodo della strage viveva gli stessi problemi. Lei visse in prima persona la guerra mondiale, mentre suo marito era in Grecia. Mi raccontava che mangiavano quasi sempre fave perché al mercato non c’era altro di accessibile e, anche se erano tutti felici per la liberazione dai tedeschi, con l’entrata degli americani “la pancia era vuota”.
“Il pane si trovava a prezzo maggiorato ed eravamo costretti a fare lunghe file muniti di tessera, ma, nonostante questo, a volte ne restavamo senza”, mi raccontava.
Fin dal luglio 1943 il pane e la pasta iniziarono a mancare, e fu un periodo molto buio.
Anche i sindaci dei comuni, messi a ricoprire quel ruolo dagli americani, non erano da meno, speculavano e si arrangiavano sulla pelle della gente.
A questo proposito, sempre mia suocera mi raccontò che, mentre era sfollata in un paesino dell’entroterra siciliano, gli americani che erano sbarcati in Sicilia avevano dato ai Sindaci un contributo per fare ritornare gli sfollati nei loro paesi, dai quali erano fuggiti a causa della guerra. Ma quando lei andò dal sindaco del paese in cui era sfollata a far valere quel suo diritto, questi fece orecchi di mercante.
Ma lei, che non si arrendeva mai, andò alla sede del comando degli americani per parlare con il comandante e riferire quanto le era successo. Figuratevi se la facevano parlare con lui! Venne però a sapere che il comandante l’indomani sarebbe passato proprio dal comune dove lei era sfollata. Una notizia riservata sfuggita che lei sfruttò furbamente per tornare dal sindaco insistendo con la sua richiesta e dicendogli che sarebbe passato apposta per lei il comandante degli americani per obbligarlo a dargli il contributo. A questo punto questi, intimorito, le diede quello che le spettava.
Un periodo storico buio dove imperava gente di malaffare.
“La guerra piace a chi ha interessi economici, che se ne sta ben distante dalle guerre” (cit. di Gino Strada), e la usa per aumentare il proprio potere a discapito della povera gente, l’unica che paga inesorabilmente le conseguenze, durante e dopo.