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La vita è qualcosa da fare quando non si riesce a dormire: esordio italiano di Lebowitz

Una raccolta dei principali scritti della scrittrice ed umorista americana

Arriva in Italia, grazie al lavoro del curatore Giulio D’Antona, una raccolta dei principali lavori di Fran Lebowitz (scrittrice, umorista, agitatrice culturale a modo suo). Rappresenta un personaggio degno di fascino, soprattutto per come tratta qualsiasi argomento umano, che si tratti di cinema o di moda. Religione e politica non sono un mistero per lei, anzi diventano pretesto per ridicolizzare gli artifici umani e i canoni estetici che circondano la società. La vita è qualcosa da fare quando non si riesce a dormire (Bompiani, 304 pp., 19 euro) già dal titolo rivela moltissimo di questo personaggio recentemente scoperto in Italia grazie a Martin Scorsese.

Il regista ha realizzato ben due documentari su questa figura quasi metafisica. Originaria del New Jersey, si trasferisce a New York con poco budget e spirito irriverente rispetto a quel clima snob e schizofrenico che sprigiona la Grande Mela. Inizia a lavorare in alcune riviste culturali, incontra nella sua strada professionale un certo Andy Warhol, il suo spirito di osservatrice comincia a produrre sostanza. Cura una rubrica di critica cinematografica con cui demolisce film su film; inizia a scrivere un primo libro – Metropolitan Life – che ottiene un successo incredibile. Da lì l’ascesa e il mito acquisisce fascino. La decisione 40 anni fa di non pubblicare più: nella scelta non ci sono fatti personali o stanchezza. C’è solo la decisione di non farsi divorare dalla noia ma di vivere la propria vita, affinché le passioni non si trasformino in inutili pressioni. 

Detesta lo sport, la vita sociale fine a sé stessa, i dibattiti politici, i sentimentalismi, la routine fatta di appuntamenti e orari. Da questa raccolta, quasi paradossalmente, nonostante la mal sopportazione per diversi campi emerge un amore sconfinato per la vita. Vivere per Fran Lebowitz, ancora oggi, significa non avere patenti. Essere definiti per lei è nient’altro che un insulto, le certezze sono solo modi per farsi imprigionare. Da questo libro (all’interno anche due interviste fatte a lei, una dello stesso curatore italiano) emerge una piccola lezione per tutti: fare ciò che si vuole, non ciò che si sente. Perché farsi incatenare dalla vita di tutti i giorni è facile ma dovrebbe essere ancor più facile usare queste catene come modo per non prendersi mai sul serio. Mai.

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