In questi giorni molti si interrogano sul senso di questi primi vent’anni del terzo millennio. In questi pochi anni abbiamo visto guerre, un’epidemia, crisi economiche e sociali, mutamenti di diverso tipo. Tutto concentrato in appena vent’anni, altro che Novecento verrebbe da dire. In Italia, durante lo scorso secolo, abbiamo avuto la fortuna di avere intellettuali che hanno dato impulso a dibattiti e riflessioni profonde, anche facendo discutere. Ieri è stato il centenario di un intellettuale italiano, di quelli davvero completi, tra i più importanti del paese: Pier Paolo Pasolini o semplicemente PPP.
Nato a Bologna nel 1922, dopo una giovinezza passata nelle zone friulane, arriva a Roma che sarà la sua città di riferimento. Morirà il 2 novembre 1975 in circostanze controverse che saranno oggetto di processo e dibattiti. Pasolini è stato scrittore pubblicando romanzi sempre sinceri come Ragazzi di vita e Una vita violenta, è stato uno dei registi più controversi e seguiti con pellicole come Mamma Roma, Uccellacci e uccellini, Salò o le 120 giornate di Sodoma. Come ricordò con affetto l’amico fraterno Alberto Moravia il giorno dei suoi funerali, Pasolini è stato anche un grande poeta. La poesia è stata una parte importante della sua creatività soprattutto nei suoi anni in Friuli; è risaputa anche la sua passione per la pittura. Pasolini è stato l’uomo delle posizioni anche scomode, non timoroso di non piacere alla platea, di non raccogliere gli applausi compiacenti.
Pasolini utilizzò i mezzi di comunicazione a sua disposizione per criticare la società dei consumi, del pregiudizio, del conflitto, del conformismo, della protesta (vedi il Sessantotto), della chiusura mentale e della pantomima. Per questi anni e giorni di profonde contraddizioni che viviamo avrebbe trovato parole dure, forse incomprensibili ai più, inaccettabili per altri. Ogni tempo ha il suo intellettuale di punta. Pasolini è stato rappresentante contestatore della sua epoca. Oggi probabilmente lo troveremmo solo e nient’altro che un provocatore, grideremmo alla necessità che si disciplini parlando di meno. Nelle sue molteplici forme creative ha creato il dibattito, quello di cui avremmo bisogno oggi. Noi, qui, nell’era del “gridiamoci addosso” che così non si capisce nulla.