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Sarina Ingrassia e il suo quartiere, la Bavera

Quando si diceva di qualcuno "abita alla Bavera", si pensava subito ad un quartiere malfamato

MONREALE – Si dice che tutte le strade portano a Roma, a Monreale possiamo dire che tutte le scale portano alla Turbe, uno dei quartieri più antichi di Monreale, noto fra i monrealesi col nome di Bavera.

Perché Bavera? 

La Sicilia ha avuto tante dominazioni: dai Normanni fino ai Savoia.

Per un breve periodo storico la Sicilia è passata sotto il dominio degli Asburgo d’Austria. I siciliani li chiamavano “i bavaresi” da Bavaria, una regione meridionale della Germania. 

Buona parte della popolazione doveva pagare le tasse al sovrano regnante. 

Gli esattori del re, detti i bavaresi, avevano nel quartiere Turbe un ufficio esattoriale dove tutti andavano a pagare il dazio. E da qui è nato il nome Bavera. 

Si pagava il dazio su tutto, dai prodotti agricoli ai manufatti, all’acqua che le lavandaie usavano per lavare i panni e per gli usi igienici. 

Il nome originario e ufficiale è Turbe. Probabilmente questo nome derivava dall’essere quel quartiere molto rumoroso e caotico,  abitato dalla popolazione più umile del paese. Infatti il filologo Tommaseo accennava a “frequenza di gente con disordine”.

In questo luogo vivevano i frati cappuccini che a partire dalle  tre di notte iniziavano ogni ora a suonare la campana della Chiesa, suscitando con lo scampanio disagi non solo alle persone, ma anche agli animali. Insomma “satavanu tutti ‘nt’all’aria” animali e persone, anche questa un’altra turbolenza che si aggiungeva all’altra.

Penso che questi frati vivevano nella chiesa della Madonna delle Grazie perché nel ‘500 già esisteva, ed era ai margini del quartiere.

La Chiesa della Madonna delle Grazie

Fu poi restaurata nel ‘700. Una bella Chiesa dove la comunità tiene ancora oggi viva la fede.

Questo quartiere era molto povero, con strade in brutte condizioni senza fognatura e senza acqua. Un luogo isolato dal paese e con le viuzze in pendenza e in brutte condizioni. E fu attorno al XVI sec. che si popolò, in seguito ad una delibera dell’Arcivescovo e del Pretore che amministravano in quel secolo, i quali per evitare che gli aristocratici e i turisti venissero disturbati dal vocio dei numerosi piccoli che giocavano nelle strade intorno al Duomo, trasferirono questa popolazione nel quartiere Turbe affidandola ai frati Cappuccini.

Il luogo vide un po’ di luce con l’arrivo di S. E. Francesco Testa. Un arcivescovo aperto alle necessità del paese che si attivò per rendere più vivibile il luogo e creare meno disagi alla popolazione che vi abitava che fino ad allora aveva sofferto molto per la mancanza d’acqua, necessaria per lavare i panni, per la pulizia personale, per l’abbeveraggio degli animali e per tutte le altre necessità. Per alleviare il lavoro alle donne che erano costrette ad andare per le strade disagiate ad attingere l’acqua, fece costruire due fontane, una in via Balzi Callozzi e una in capo alla via Miceli.

Purtroppo tra la popolazione c’era anche gente di malaffare per cui il quartiere cominciò ad avere una brutta fama che, ricordo, si trascinò fino al secolo scorso. 

Quando si diceva di qualcuno “abita alla Bavera”, si pensava subito ad un quartiere malfamato. “Fatti a nomina e va curcati!”.

Via Baronio Manfredi

Negli anni ‘90 io e la mia famiglia ci siamo trasferiti dal centro storico di via Veneziano in una zona più periferica, un po’ isolata, nella parte più alta di Monreale, proprio a due passi da questo quartiere.

I miei figli, avendo superato l’età adolescenziale, cominciavano ad uscire la sera con gli amici, specialmente la maggiore che già frequentava l’Università e aveva più autonomia. Abituata all’educazione rigorosa che avevo ricevuto dai miei genitori, non accettavo questa libertà dei miei figli, ma l’epoca era diversa e non potevo di certo tenerli chiusi in casa per proteggerli dai pericoli.

Via Benedetto Balsamo

Quando uscivano la sera con gli amici, facevo loro tante raccomandazioni, restando ad attenderli sveglia fino al loro ritorno, mentre l’immaginazione andava a mille! Purtroppo non c’erano i cellulari come oggi per poterli chiamare e rasserenarmi. 

Mia figlia maggiore cominciò a frequentare una comitiva lasciandosi convincere in seguito ad iscriversi ad una associazione che aveva la sede proprio alla Bavera. 

Non riuscivo ad accettare questa libertà da parte sua e per questo motivo fu vittima di tutte le mie paturnie. L’epoca era diversa, c’era più libertà e si usciva anche la sera, ma io non lo accettavo perché avevo tanta paura dei pericoli a cui poteva andare incontro e in questo mio marito mi assecondava.

Ritorniamo alla frequentazione di questa associazione. Alcune volte si ritirava tardi perché mi diceva che nella sede c’erano riunioni, momenti di preghiera e attività sociali. Non potete immaginare quello che passavo al pensiero che si doveva ritirare da sola. 

“Ma chi c’è in questa associazione si può sapere?” “Perché vai sempre lì?” le chiedevo, cominciando a vedere nella donna che la gestiva una specie di ”Mamma Ebe”, e ne ero anche  un po’ gelosa. 

La scaletta con il murales che conduce all’associazione “Il Quartiere”

Mia figlia parlava sempre con tanta ammirazione di questa signora dell’associazione, che poi seppi che si chiamava “Sarina”. Sarina di qua, Sarina di là, ogni volta che parlava di lei il suo viso si illuminava. Un giorno le chiesi se mi poteva portare con sé perché volevo conoscerla e rendermi conto di persona di quello che succedeva in quella casa. Quando me la ritrovai davanti la riconobbi subito. Tutto mi aspettavo meno di ritrovare la Professoressa di Tecnica dell’Avviamento Professionale che io avevo frequentato nella mia preadolescenza. 

La casa di Sarina Ingrassia dove c’è la sede dell’associazione “Il Quartiere”

Quando ci incontrammo ci abbracciammo perché lei mi conosceva molto bene al contrario di me che non sapevo niente di lei. 

Mi fece accomodare al grande e lungo tavolo, dove già si apprestavano a sedersi i bambini per il doposcuola, e mi ritrovai inconsapevolmente coinvolta assieme agli altri volontari, tra cui mia figlia, ad aiutare due piccolissimi bambini che da allora non ho mai dimenticato. 

Erano timidi, molto indietro negli studi e parlavano a stento.

Erano di prima o di seconda elementare, due cuccioletti di bimbi i cui genitori, seppi, si ubriacavano lasciando questi piccolini abbandonati a se stessi. Mi sentii stringere il cuore e una grande angoscia si impadronì di me, avrei voluto portarmeli a casa e toglierli a quella famiglia. 

Ecco chi era Sarina! Un angelo caduto dal cielo per aiutare tutti questi bambini e anche le famiglie che avevano tanti problemi alle spalle che solo lei riusciva ad alleviare. Purtroppo non potevo dedicarmi a questo volontariato perché già lavoravo, ma lo avrei fatto volentieri. 

Grande Sarina…. quanto amore hai donato! 

Murales di Sarina Ingrassia

Aveva iniziato la sua missione di “angelo dei poveri” nel 1975. Istituendo l’associazione nella sua casa, denominandola “Il quartiere” e coinvolgendo anche tanti giovani volontari, facendone un punto di riferimento per tutte le famiglie bisognose oltre ai bambini che aiutava nello studio, offrendo loro giornalmente un pasto  caldo. La sua porta era sempre aperta a chi aveva bisogno di aiuto. “Ho trovato la ragione della mia vita nell’impicciarmi dei bisogni degli altri, e per appartenere a tutti, ho deciso di non appartenere a nessuno” diceva nella sua biografia scritta da Cristina Ceruti.

Questa sua missione durò quarant’ anni. Resterà viva nel cuore di tutti. Ha seminato bene e adesso che non c’è più, il volontariato continua ancora e al suo posto adesso c’è una responsabile che si chiama Gina Campanella, per continuare la sua missione seguendo le sue orme.

Io passo spesso dalla Bavera e conosco tante persone meravigliose che vi abitano, forse ci sarà qualche pecora nera fra di loro, ma queste le troviamo in tutti i posti.

La Bavera è formata da due strade principali, che sono state intestate a due personaggi molto illustri: Benedetto Balsamo e Baronio Manfredi.

Benedetto Balsamo è stato Arcivescovo di Monreale per 28 anni e in questo arco di tempo fondò nel 1836 l’Albergo dei Poveri, presso la Villa Vittorio Veneto, oggi questa casa di riposo è stata trasferita in  via Santa Maria Nuova.

Baronio Manfredi era un sacerdote con l’ambizione della scrittura, uno spirito libero perché non accettava regole rigide.

Quando lessi la storia di questo sacerdote, provai per lui una grande simpatia perché lottava per difendere Palermo, usando come arma la penna.

Questa è la mia piccola e umile ricostruzione della storia della Bavera.

 

Fonti bibliografiche:

Saggio su Monreale di Domenico Scinà  dedicato a S.E. Domenico Gaspare Lancia di Brolo;

“Monreale. Storia , territorio urbano e dintorni” di S. Intravaia;

sitografia: www. Treccani.it

1 Commento
  1. Lelenapink scrive

    Descrizione perfetta di una realtà

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