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Le fontane del Marabitti lungo la panoramica che dalla Rocca sale per Monreale

La fontana del Pescatore e la fontana del Drago furono volute dall'Arcivescovo di Monreale Francesco Testa

Ogni qual volta che da Palermo rientro a Monreale, passo dalla panoramica per quel sentore di antico che scuote i miei ricordi, e attraverso essi i sentimenti che ne scaturiscono.
Come se non conoscessi già abbastanza la via e ciò che so di trovarvi, istintivamente mi fermo ammaliata davanti alle due Fontane del Marabitti.
La prima che incontriamo è la Fontana del Pescatore che si trova sulla prima curva dopo la Rocca, una curva che girandole attorno sembra volerla accompagnare.
È risalente al 1768, l’altra, più bizzarra, è la Fontana del Drago, posta a metà della retta via, ultimata l’anno precedente, nel 1767.
Ambedue costeggiano il lato destro della strada dando il benvenuto ai turisti che vengono appositamente per ammirare le bellezze artistiche del nostro paese.
Fino a diversi decenni fa si offrivano anche alla vista di coloro che si dirigevano in direzione della piazza di Monreale, per proseguire poi verso i paesi interni come Pioppo, Borgetto o San Giuseppe Iato. Adesso per loro si offre l’opportunità della circonvallazione.
Queste fontane, che un tempo erano delle bellissime oasi in una strada assolata, riscuotono tuttora l’attenzione, ma anche il disappunto della gente che si ferma e ti chiede come è accaduto a me qualche giorno fa “Com’è che si può lasciare all’incuria e fare morire così il nostro patrimonio artistico?”
Era una giovane coppia di sposini, probabilmente palermitani, ai quali non ho saputo cosa rispondere, rimanendo anche io molto male nel constatare che questa mancanza di cure alle nostre opere non scuoteva solo me.
Intuendo dalla nostra conversazione che avevo delle informazioni sulla storia di questo monumento, mi hanno chiesto di condividerle con loro, e cosi ho fatto.
Ho cercato di essere più precisa ed eloquente di quanto lo sia qui in questo post, nel quale voglio parlarvi dell’insieme e non della storia di una fontana che potreste leggere su wikipedia o in altri siti di arte o paesaggistici che trovate navigando in internet.
Comunque, prima di continuare a parlare delle fontane e del contesto che ruota attorno ad esse, ritengo fondamentale soffermarmi sulla personalità di chi ebbe il merito di realizzare queste opere di alto valore artistico. E visto che parliamo della strada panoramica, un breve accenno anche su chi volle le fontane e la creazione di una strada là dove un tempo c’era soltanto una scomoda e ripida trazzera che procurava troppi disagi ai viandanti e ai carrettieri, specie nei giorni di pioggia quando questa diveniva un torrente fangoso difficile da risalire.
Ignazio Marabitti, nostro geniale conterraneo, era considerato uno dei maggiori scultori siciliani, nonché l’ultimo importante caposcuola di bottega a Palermo.
Egli nacque a Palermo nel 1719, ancor giovanissimo si recò a Roma per studiare scultura.
Al suo ritorno alla città di origine, aprì la sua bottega in piazza Sant’Onofrio, dove insegnò la sua arte a molti allievi.
Riguardo invece a colui che diede ordine di realizzare la strada e le fontane, dobbiamo ringraziare l’Arcivescovo di Monreale Francesco Testa, il quale oltre ad essere l’artefice di queste splendide iniziative, fece spianare molte altre strade: tra queste ve ne ricordo qualcuna, ad esempio il prolungamento di quelle che vanno in direzione dell’attuale via Venero scendendo fino alle campagne, ed in direzione di Pioppo, partendo ambedue da Corso Pietro Novelli.
Il suo operato non fini lì perché egli fece incanalare anche i corsi d’acqua che scendevano da Giacalone e da Santa Rosalia e dotò infine il territorio di altre fontane di pubblica utilità.
Era un uomo di grande cultura, laureato in “utroque iure” (diritto civile e canonico), molto aperto alle esigenze dell’epoca; oltre alle iniziative sociali spese sul territorio che vi ho appena menzionato, egli si prendeva cura dei suoi impegni di pastore e di amministratore della Chiesa, divulgando ancora di più la cultura già molto fiorente nel Seminario della cittadina: correva l’anno 1754.
Tornando a noi, le fontane non erano solo delle belle opere d’arte, ma servivano soprattutto da abbeveratoio sia per gli animali da tiro che per i viandanti, dando anche loro la possibilità di riposarsi e rifocillarsi.
La strada, unendo Palermo a Monreale e all’entroterra, era molto trafficata, e non erano pochi coloro che per farsi una passeggiata e godersi la bellezza di quelle due opere d’arte, potevano bearsi anche del bel panorama che, scendendo o salendo, si apriva ai loro occhi, spaziando sull’intera Conca d’Oro e gli altri agglomerati, che all’epoca erano ben distanziati gli uni dagli altri, confusi e quasi impercettibili in mezzo all’enorme distesa degli agrumeti, che facevano risalire a monte un profumo a dir poco afrodisiaco.
Se osserviamo le sculture delle fontane notiamo subito la stessa vivacità e la stessa armonia che richiamano il grande Scultore e stuccatore palermitano Giacomo Serpotta.
Nella fontana del Drago i putti, impauriti dal mostro che fuoriesce dalla montagna, fuggono verso l’alto, mentre l’acqua alimentata da una sorgente si riversava nella vasca sottostante.
A lato di essa due lunghi muretti merlati fan da spalliera alle lunghe sedute in stile barocco, da lì un’importante gradinata degrada verso la strada.
La fontana del Pescatore in marmo bianco e pietra, spicca agli occhi per l’eleganza delle linee e l’armoniosità dei putti che tengono fra le braccia una conchiglia dalla quale, un tempo non molto lontano, fuoriusciva l’acqua, ed è considerata una delle migliori creazioni dello scultore Marabitti: alla base altri putti intenti a pescare la decorano. (Purtroppo danneggiati da molto tempo).
A completamento, accanto ad essa fu posta una targa in marmo con alcuni versi in latino dell’Arcivescovo Francesco Testa, ancora in ottime condizioni per soddisfare la curiosità dell’osservatore più bizzarro:
“Prabet aquam fons arbor amicam sufficit umbram quou curias ultra lasse viator habes”
“Una fontana fornisce acqua, un albero amichevole fornisce abbastanza ombra per il viaggiatore stanco che viene dai campi”
L’Arcivescovo è rimasto nella memoria collettiva dei Monrealesi, e non poteva essere altrimenti per tutte le innovazioni che portò nel nostro paese.
Con l’ultimazione della strada molti aristocratici iniziarono a visitare il paese, il Duomo e tutto il complesso Monumentale voluti da Guglielmo II signore d’Altavilla, movimentando un turismo fino ad allora carente.
Purtroppo mi addolora vedere che le sorgenti che alimentavano le fontane oggi a secco, non sono più attive, ed ogni volta mi pongo le stesse domande: perché acqua di sorgente non ne arriva più?
Si è prosciugata? O qualcuno a monte ne ha deviato il corso per soddisfare il proprio fabbisogno?
C’è qualcuno delle amministrazioni competenti che possa darmi risposte certe?
Forse chiedo l’impossibile, prima che venga il giorno che il Signore mi chiami a lui, mi piacerebbe rivederle di nuovo attive e ristrutturate, in cerca dell’antico e meraviglioso splendore.

Ps. Tra le tante opere del Marabitti voglio ricordarvene una in particolare, anche se a Monreale ve ne sono diverse altre, un’importante bassorilievo di marmo “S.Benedetto in gloria”, che si trova nella cappella di San Benedetto nella Cattedrale di Monreale.
Buona vita a tutti

Fonti:

Treccani;
Tutta Monreale, di G.Schirò e P.Giacopelli

3 Commenti
  1. Andrea scrive

    La nostra Monreale è veramente bella, anzi bellissima, proprio per le sue meraviglie artistiche è stata definita la perla del mediterraneo.

  2. Andrea scrive

    Anch’io sono un appassionato ricercatore delle origini e della storia di Monreale. La fontana del pescatore da te descritta, nel corso degli anni ha subito numerose mutilazioni che ne hanno deturpato l’antica bellezza, ne sono la prova i putti ormai privati di alcune parti del corpo.

  3. Andrea scrive

    Le sorgenti di cui parli che alimentavano le due fontane hanno smarrito il percorso originario, Monreale tra sorgenti e fontane aveva circa 13 punti d’acqua come si evince da un’antica cartina. Ne annovero solo alcuni: l’abbeveratoio sulla strada per Pioppo tuttora attivo ma l’acqua non è più quella di un tempo, la sorgente di tre canali, detta così perché l’acqua usciva attraverso tre bocche con piccoli archi a tutto sesto costruiti con pietra arenaria, la sorgente del Pozzillo (‘U Puzziddu) acqua buona e leggera tanto da essere conosciuta dai monrealesi come “l’acqua ri malati” per le sue qualità terapeutiche. Come mi raccontava mio padre l’acqua veniva somministrata ai malati che avevano problemi intestinali o di stomaco, naturalmente è una narrazione orale trasmessa nel tempo dai monrealesi. Ricordo che fino a qualche anno fa, la sorgente era ancora attiva, oggi dalle canne che fuoriescono dalla bocca dei due mascheroni non esce più l’acqua curativa orgoglio dei monrealesi di un tempo. Dispiace anche a me vedere la fontana a secco, non so se vedrò ancora scorrere l’acqua terapeutica di cui parlavano i nostri antenati. La nostra è una città meravigliosa invidiata dal mondo intero, per la sua magnifica cattedrale opera voluta dal re Normanno Guglielmo II°, una città in cui si fondono arte, artigianato, tradizione e gastronomia. A proposito di tradizione vorrei ricordare i nostri zampognari che con le novene mantengono viva la tradizione del Natale. Gli zampognari o “ciaramiddara” stanno rimanendo in pochi, a Monreale se ne contano circa cinque o sei. Penso che per non perdere definitivamente questo patrimonio culturale, bisognerebbe creare una scuola per insegnare ai giovani l’uso della “ciaramedda” e i relativi canti religiosi. La “ciaramedda” monrealese è uno strumento musicale antico è unico al mondo, evitiamo che la zampogna finisca in mostra in qualche museo di tradizioni popolari, manteniamo viva la nostra cultura prima che sia troppo tardi.

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