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“La Ciambra”, il più antico quartiere di Monreale

Il quartiere è stato valorizzato dai cittadini che hanno ristrutturato le case senza stravolgerne stile e bellezza

MONREALE – Ciambra, deriva dal termine francese “Chambre”, che significa camera. Questa denominazione risale ai tempi della dominazione francese dei D’Angiò in Sicilia, che in questo quartiere vi abitarono essendovi situate le stanze del Palazzo Reale. Il quartiere nacque verosimilmente contemporaneamente alla costruzione della Cattedrale, non a caso era abitato dalle maestranze che ci lavoravano, nonché dalla servitù del Re Guglielmo II. 

L’antico quartiere costruito sul caratteristico sperone di roccia che dalle spalle della Cattedrale guarda a Palermo, ha le sembianze di una piccola casba di una delle tante città arabe, costituita da un insieme di stretti vicoli e piccoli slarghi, in uno dei quali possiamo ammirare il Palazzo Cutò, costruzione risalente al XVII secolo, residenza di Alessandro Filangeri principe di Cutò.

Il quartiere ultimamente è stato rivalorizzato dall’opera dei cittadini che hanno ristrutturato le case senza stravolgerne lo stile e la bellezza, inoltre ogni sua via è stata abbellita da molte varietà di piante, tra le quali spiccano molte specie esotiche.  Al suo interno si stanno insediando locali adibiti alla ristorazione, a piccoli negozi di artigiani e alle location per turisti, un armonioso insieme di cui i turisti rimangono innamorati. 

Ogni volta che da casa mia scendo in paese, non manco di farvi una visita, perché questa è la parte di Monreale che più apprezzo e che vorrei fosse presa d’esempio per uno sviluppo maggiore del turismo in tutto il paese, non limitandoci ad offrire ai turisti solo la visita alla nostra Cattedrale che i Normanni con tanto amore e dovizia ci regalarono. 

Per accedervi, la strada più caratteristica per godere quell’aria di antico che tuttora si respira è la via Piave, che dalla via B. D’Acquisto arriva al largo Cutò. Il pavimento della via, come si usava nei secoli scorsi, è fatto da ciottoli di mare che ritroviamo anche in altri vicoletti che dalla via Piave portano alla via Arcivescovado. Certamente per i turisti che salgono dalla via Cappuccini è meraviglioso trovarsi al cospetto delle bellissime absidi del Duomo da un lato e della Ciambra dall’altro. 

Una curiosità, qui nacque la prima scuola che era costituita da ben 15 aule. 

Vorrei soffermarmi un attimo sulla via Piave, che prende il nome dal famoso fiume del nord Italia, per essere stato il luogo dove i nostri valorosi soldati, durante la prima guerra mondiale, costrinsero gli austriaci, che ci volevano invadere, al ritiro. In verità ci fu anche un po’ di fortuna, in quanto, mentre questi si apprestavano ad attraversarlo,  una piena li costrinse a fermarsi, dando così il tempo ai nostri di riorganizzarsi sotto il comando del generale Diaz che arrestò definitivamente l’avanzata austriaca, dopo la disastrosa Caporetto. 

Il fiume divenne così famoso che Giovanni Gaeta, sotto lo pseudonimo di E. A. Mario, compose la canzone del Piave, del quale ricorderete sicuramente il ritornello che faceva “Il Piave mormorò non passa lo straniero”: il brano divenne un inno patriottico. Vi riporto il testo del brano perché per me, oltre alle belle poetiche parole e alla rilevanza storica, ha un significato particolare, in quanto il 24 maggio del 1972, mentre la banda del paese passava nella via intonando la canzone, partorivo in casa mia (come usanza dell’epoca) il mio adorato ed unico figlio maschio, Paolo. 

Il Piave mormorava

Calmo e placido, al passaggio 

Dei primi fanti, il 24 maggio.

L’esercito marciava

Per raggiunger la frontiera

Per far contro il nemico una barriera. 

Muti passaron quella notte i fanti 

Tacere bisognava andare avanti. 

S’udiva intanto dalle amate sponde 

Sommesso e lieve il tripudiar dell’onde 

Era un presagio dolce e lusinghiero 

Il Piave mormorò: “non passa lo straniero”. 

Non posso fare a meno di pensare che il destino di mio figlio era segnato perché andò a vivere per sempre nel nord Italia a causa del suo lavoro nella pubblica sicurezza. 

A volte penso che tutto il corso della vita segua un percorso già disegnato, e quello di mio figlio lo fu quel benedetto giorno stampato nella mia memoria. 

Vi do appuntamento al mio prossimo racconto cari amici miei, con la speranza che continuate a seguirmi. Vi voglio bene

La fontana dell’Arancio, collocata dai fascisti, e piazza Matteotti, ex contrada dell’Aromateria

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