A cominciare da oggi proponiamo ai nostri lettori una rubrica che raccoglie dei racconti firmati da Provvidenza Gullo sull’origine di alcuni luoghi del territorio monrealese. Gli studi e le ricerche della cittadina monrealese ci aiuteranno a svelarne la storia e a farci conoscere alcuni aspetti curiosi.
Cominciamo con la fontana dell’Arancio, a piazza Matteotti.
Oggi mi sono soffermata all’Arancio o piazza Matteotti, ero stanca dalla passeggiata e mi sono seduta sul bordo della vasca per riposarmi.
Volevo rinfrescarmi le mani, ma mi sono accorta che i “cannoli” erano asciutti, non usciva un goccio d’acqua. Per passarmi il tempo allora ho cominciato a studiarla.
Ne ho osservato i suoi particolari: la colonna centrale tutta scanalata in stile dorico, con i quattro cannoli in ottone da dove un tempo usciva l’acqua di sorgente.
Il bordo, dove ero seduta, in marmo grigio levigato e attorno alla base tre pannelli con tre stemmi che sicuramente rappresentano la cittadina di Monreale.
Anticamente questa piazza era un giardino molto florido, tutto coltivato ad aranci, da qui il nome della contrada “Arancio”.
Ho cercato di immaginarmi la piazzetta come era ai tempi dei saraceni. Solo una fitta vegetazione e dove ora c’è la strada passava un torrente, il quale si andava a riversare nel fiume Oreto. Scendeva dal monte, suppergiù dove oggi c’è la salita Gentile (“al ferro”).
Nei secoli scorsi, parliamo del ’600, appoggiata al muro di un edificio, proprio di fronte alla Chiesa di Sant’Antonio, dove ora ci sono le aiuole che costeggiano la strada che arriva alla via Veneziano, c’era un’altra vasca dove tutti andavano a riempire l’acqua.
Adesso questa vasca si trova all’interno dell’antivilla dove tanti giovani, stanchi di correre, si abbeveravano alla sua fonte.
Questo edificio, dove era appoggiata la fontana, era il Monte di Pietà, che durante il fascismo fu demolito perché era fatiscente e anche per fare spazio agli automezzi che avevano difficoltà a passare dalla strada.
Era stato istituito attorno al 1600 per evitare alla povera gente di cadere nelle mani degli strozzini.
Il quartiere “Arancio” veniva chiamato anche “contrada dell’Aromateria”, e sapete perché? Nella zona c’erano le botteghe dei farmacisti che allora erano detti “aromatari e speziali”. Di queste farmacie solo una ne è rimasta, quella in via Veneziano che oggi conosciamo tutti come la farmacia “Zuccaro” (gli eredi della famiglia Sangiorgi titolare di una farmacia che a quei tempi si trovava nel Chiasso Sangiorgi proprio accanto alla “Taverna del Pavone”). Poi c’era la farmacia “Damiani” in via Roma, il cui titolare era un barone al quale è stata intitolata anche una strada che dalla via Veneziano arriva in via Cassarà con tutti i gradini colorati, proprio accanto alla chiesetta di sant’Antonino. L’ultima, nel vicolo Pensato, era l’aromateria di proprietà della famiglia Pensato fin dal 1737.
La fontana dell’Arancio, che vediamo oggi, fu invece collocata dai fascisti per abbellire la piazzetta.
Mi ricordo che negli anni ‘50/’60 in questa piazzetta c’erano due chioschetti: in una vendevano il gelato, il cui titolare si chiamava Madonia, ed io spesso e volentieri mi compravo il cono, mentre l’altro era una pescheria.
Adesso la piazzetta è molto armoniosa e pulita, piena di aiuole ben curate che danno armonia al quartiere e dove i cittadini spesso e volentieri si soffermano, peccato che non ci sia più l’acqua di sorgente. Ogni tanto ne arriva un po’ dalla fornitura comunale.
Sulla colonna c’era collocato, ai tempi della recente dittatura, uno stemma fascista che fu tolto dopo la caduta del fascismo, quando la piazza venne dedicata al deputato socialista Giacomo Matteotti. Un altro martire del fascismo come Giovanni Amendola.