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Volo andata e ritorno, Palermo – New York. Sei statue del celeberrimo duomo Monrealese fanno scalo alla Frick Collection di New York

New York, 27 ottobre 2018 – Si apprende da fonti di stampa nazionali e internazionali che il prossimo 31 ottobre, presso la lussuosa e raffinata sede della Frick Collection di New York, sarà presentata in pompa magna la prima mostra monografica dedicata a Luigi Maria Valadier negli Stati Uniti, eminente personalità artistica che visse e operò a Roma nella metà del XVIII secolo. 

“Luigi Valadier, Splendor in Eighteen Century” sarà la più importante mostra che la Frick Collection allestirà in questo autunno. 

Luigi Valadier è stato interprete dell’eleganza settecentesca dell’ultimo barocco, precursore del gusto neoclassico, che tenne bottega a Roma nel rione Campo Marzio, in via del Babbuino a pochi passi da Piazza di Spagna.

Un laboratorio, una fucina in cui Valadier preparava schizzi, bozzetti, realizzava disegni progettuali, eseguiva raffinati oggetti, cammei in pasta di vetro arricchiti da elementi antichi, calici in oro, cesellati con smalti arricchiti da gemme e pietre preziose,  cartagloria, oggetti liturgici, specchiere d’argento, busti scultorei. Un mondo di oggetti d’arte. Orologi con montature in bronzo dorato, consolle di bronzo ed alabastro. Sculture che arredano gli ambienti delle prestigiose dimore romane e di Europa. Pezzi unici, sublimi e misteriosi che infondono stupore, meraviglia, piacere, carpiscono l’attenzione, lo sguardo per la luce e il colore che irradiano. Arredi sacri e profani.  

Oggetti di pregevole fattura, eccelsa raffinatezza che solo l’orafo, l’artista Valadier sapeva realizzare, in quel laboratorio – bottega che il padre Andrea Valadier aveva avviato, giunto nel Lazio da emigrato francese. Bottega nella quale Luigi Maria Valadier progetta, e dirige i lavori ordinati su commissione. Oggetti in oro e argento, gioielli preziosi, mirabili manufatti d’oreficeria e argentiera, statue deliziose e incantevoli. 

Una infinità di splendide creazioni, autentiche opere d’arte, realizzate con i migliori materiali  per una clientela raffinata e cosmopolita. Opere che solo l’ingegno, il talento di Valadier sapeva concepire e realizzare. Ricchi ed illustri i suoi committenti, ecclesiastici, prelati, cardinali, nobili. Francesi, ancor più Inglesi. Collezionisti, uomini d’affari, mercanti, viaggiatori. 

È importante oggi conoscere e riconoscere la figura del Valadier.

Egli eccelse nella fusione di opere in bronzo, esempio ne è il bellissimo altare monumentale del duomo di Monreale in argento, adornato di metallo dorato. Ed ancora, il grande lavoro di fusione della campana di San Pietro in Vaticano, il campanone di Roma che, tuttavia, non riuscirà a portare a compimento. 

Artista alla ricerca della perfezione, che guarda nel dettaglio. Prediletto da mecenati e principi. Da Pio Sesto Braschi e dalla sua corte papale, ove si avvalse di maestranze, alle sue dipendenze, devoti artigiani sino all’ultimo giorno.

Maestranze nei cui confronti Valadier nutrì immenso rispetto e, quando si trovò impossibilitato ad onorare il pagamento del loro salario, stanco, afflitto a causa della condizione in cui versava, indebitato fino al collo, trascinato per i capelli da un socio in affari che era meglio non avere mai incontrato, assillato dai debitori, nonostante i lauti ricavi derivati dalla vendita delle sue opere, all’alba di un giorno settembrino decise di togliersi la vita, nel modo meno cruento, che s’addice a quanti non hanno sufficiente coraggio. Egli si lasciò andare lentamente nelle acque del Tevere che lo presero con sé, finché non scomparve. Era l’anno del Signore 1785. 

La mostra, nella quale saranno esposti oggetti rari, preziosi, per il valore artistico –  storico che rappresentano, corredata dalle recenti pubblicazioni che riguardano l’attività orafa di Luigi Valadier, è un eccezionale caleidoscopio, che consente di ammirare, cogliere da vicino, la magnificenza, la sublime arte di Valadier, gli aspetti più significativi dell’arte romana ed europea narrata dall’opera del Maestro Romano. 

Di recente, la Frick ha acquistato il primo lavoro di Valadier, un vaso di marmo decorato con montature di argento dorato, un pezzo unico in tutti i sensi, diverso dagli altri vasi realizzati da Valadier, decorati in bronzo dorato, non in argento dorato come nel vaso in questione, acquistato dal Museo della quinta avenue che si affaccia sul Central Park di New York. Un pezzo unico, raro, che il maestro Valadier realizzò per un ricco committente. 

Questa mostra Newyorkese è curata dallo storico Alvar Gonzàlez-Palacios, uno dei massimi storici dell’arte decorativa Italiana, francese e spagnola. Autore di diverse pubblicazioni, l’ultima dedicata all’artista in occasione di questo importante, eccezionale evento. Attento studioso del periodo storico nel quale operarono geniali artisti, tra cui Piranesi e Valadier. Soprattutto Valadier, riconosciuto secoli dopo il maggiore maestro dell’arte decorativa italiana.

Promotore di questo evento è il conservatore capo della Frick Collection, l’Italiano Xavier F. Salomon, curatore di diverse mostre sull’arte italiana, al quale di recente il 12 ottobre di quest’anno è stato assegnato, quale appunto curatore della Frick Collection di New York, il sesto Premio Allegrini “L’Arte di mostrare l’Arte” 2018, per la mostra Canova ‘S George Washington, tenutasi a Manhattan da maggio sino a fine settembre. Un riconoscimento ritirato personalmente da Xavier F. Salomon, a Villa Della Torre, a Fumara di Valpolicella.

Contribuiranno a rendere ancor più ricca la mostra, che si ricorda ha inizio il 31 ottobre e si concluderà il 21 gennaio dell’anno 2019, la presenza di sei importanti pezzi di tema sacro e religioso. Le sei statue furono commissionate tra il 1769 e il 1770 dall’arcivescovo di Monreale Mons. Francesco Testa proprio al Maestro Luigi Valadier e sono state poste ad adornare l’altare maggiore del duomo di Monreale(*). Statue in argento e rame dorato su piedistallo la cui spesa fu alquanto esorbitante per quel tempo: il costo si aggirò intorno ai 17,000 scudi Romani.

(*)Basilica Cattedrale, Patrimonio dell’Umanità UNESCO dal 3 luglio 2015 

Un altare che si può degnamente definire un monumento, posto internamente ad un altro mirabile monumento, il Tempio d’Oro di re Guglielmo II.  

In concomitanza di questa importante, straordinaria mostra che si terrà a New York dedicata a Luigi Valadier, nonché del pregevole valore artistico, narrativo, religioso, dell’altare realizzato dall’artista romano per il Duomo di Monreale, opera di eccezionale bellezza, è doveroso accennare per sommi capi al contenuto di una lettera scritta dal Priore Cassinese, Padre Gio. Battista Tarallo, il 20 settembre 1838, ad uno dei maggiori e illustri eruditi del tempo, il Barone Vincenzo Mortillaro, personaggio di rilievo della cultura e della storia Siciliana, noto agli studiosi per la corrispondenza personale intrattenuta con i maggiori esponenti del circuito culturale europeo.

(lettera pubblicata a Palermo dalla Tipografia del Giornale Letterario, la cui sede si trovava in Via maestra dell’Albergheria al civ. 240, estratta dal Giornale di Scienze Lettere e Arti per la Sicilia n. 190 – anno 1838). 

E’ un documento che getta luce sul periodo e sulla maestosità del lavoro, per i contenuti riportati, per il modo con il quale il Tarallo esalta la preziosità del monumento Monrealese, tanto da ritenerlo il più nobile tempio del medio evo. Si evidenzia l’attenzione mostrata da Mons. Francesco Testa nel momento in cui commissiona l’altare a Luigi Valadier. Le ricerche effettuate nello studio del notaio Pensato di Monreale, al fine di rinvenire gli atti del 1769 e 1770, nei quali sono riportati i costi, le spese di esecuzione dell’altare, finanche il suo trasporto. Lettera in cui è citato il luogo nel quale venne custodito e conservato l’altare, il monastero delle monache benedettine di Monreale in seguito all’infausto incendio subito dal duomo di Monreale nel 1811. La riapertura delle casse custodi dell’altare per ventisette anni. L’accurata descrizione del paliotto dell’altare.  “…La delicatezza, l’espressione e l’eleganza con cui sono cesellate queste rappresentate …” La sopravvenuta morte dell’arcivescovo Testa, prima che l’opera fosse compiuta. 

Documento scritto, secondo la tradizione letteraria ottocentesca che culmina con la inaugurazione e l’esposizione al pubblico del nuovo altare maggiore, “nel più illustre tempio nel suo genere che vantar possa la nostra Sicilia”, il giorno 8 settembre nel quale si celebra la nascita di Maria Vergine.  

Si riportano di seguito parti di alcuni stralci della lettera:

Francesco Testa, “… nome illustre nella Repubblica delle Lettere, arcivescovo di Monreale nell’avere voluto arricchire la sua sede arcivescovile con il dovizioso e nobile dono di un altare, in sostituzione di un vecchio altare in legno. Un pegno tanto segnalato dalla generosità di quel prelato ha meritatamente attirato la riconoscenza dei posteri e se non altro fatto avesse quel degno arcivescovo sarebbe bastato questo unico monumento, per rendere immortale la sua memoria …”. 

Alle pagg. 8, 9, 10, il Tarallo, scrive: “… Cosiffatto valore dell’artefice nell’arte precipuamente di cesellare mi mosse a ricercarne il nome, che ci era ignoto ; come anche altro desio nacque nel mio cuore ,  di conoscer cioè il costo di questo altare , mentre che la tradizione vaghe e differentissime notizie ci avea tramandate. Fortunato fui nell’impresa ( e così lo fossi in tante altre ).  Rinvenni presso gli atti di notar Pensato di questa comune,  di cui servivasi monsignor Testa nelle sue particolari espenzioni tre apoche stipolate nel 1769 e 1170, che tutta portano la spesa dell’ intero altare,  classificando il costo dell’argento,  del metallo,  dell’indoratura della maestria dell’uno e dell’altro, e di altre spese sino all’imballaggio e tutto ascende a sedicimila  trecento  quarantasei scudi  romani, ai quali aggiungendo le spese di trasporto , e di situazione potrebbe ammontare al più a 17000 scudi. 

L’artefice fu Mr. Luigi Valadier, francese di nazione, ma che lavorava in Roma, difatti nel bollo dell’argento si vedono tre gigli che si vedono colle iniziali lettere del suo nome e cognome. L’opera sua ad dimostra quanto perito e valente dovea essere nell’arte di cesellare, poiché somma maestria e delicatezza ammirasi nei fregi,  negli adorni,  nelle figure,  le quali sono tutte incise, tranne quelle del pallio, che sono a getto,  e secondo il vocabolo tecnico a luto. Un’ opera cotanto insigne mentre attirato si ha gli encomi altrui in favore dell’artefice,  ha sempre eccitato la comune gratitudine in prò della generosità e delle idee nobili del Prelato,  che di così segnalato monumento avea donato la sua cattedrale,  e interprete il Capitolo Cassinese, del general  gradimento volle a proprie spese coniargli in Roma nel 1771, una medaglia del diametro un poco più di uno scudo,  la quale da una parte rappresenta il mezzo busto del benemerito Prelato, avente fra le mani l’opera sua della vita di Guglielmo II, colle parole Franciscus Testa Nicosiensis Archiepiscopus,  Abbas, et Dominus Monregalensis; e dal rovescio porta l’altare di argento nuovamente fatto con la leggenda in giro altare oraculi texit auro anno XVII:  e sotto, Monregalense Capitulum Canonicorum ordinis s.  Benedicti Congregationis Cassinensis  1771.  Balzar ne fece il  conio. Prevenuto dalla morte non giunse a portare a compimento Monsignor Testa le sue idee, mentre non potè vedere eseguite le sei statue di argento, che avea commissionato anche in Roma, onde adornare viepiù l’altare. Parte della spesa fu da lui erogata, e il di più lo aggiunse la mensa arcivescovile nella di lui sede vacante.

 Esse rappresentano i due apostoli s. Pietro e s. Paolo,  il p.  s. Benedettino, s. Castrenze vescovo africano e protettore della città, s. Rosalia, e s. Luigi IX re di Francia, le di cui viscere qui si conservano. Le mosse di quest’ultima statua sono così proprie e naturali che la rendono fra tutte le migliori. Né prive di merito sono le altre laddove tutte presentano espressione e verità, né punto di sconvengono allo stile dell’altare. Così conformi fossero i candelieri, i quali sul principio di questo secolo furono lavorati in Palermo da Gaetano Milazzo, né sono veramente degni della nobiltà e magnificenza dell’altare.  Fu nel giorno 8 settembre,  in cui celebra la chiesa la nascita di Maria Vergine, solennità in cui è intitolato questo duomo,  che si espose per la prima volta al pubblico questo altare,  e nella sera antecedente,  in cui secondo il solito doveva illuminarsi il tempio,  si aspettava il migliore effetto dalla rifrazione della luce. Restarono però delusi i comuni prognostici,  poiché,  sebbene circa tremila lumi accendessero il tempio,  pur essendo tutti in alto non potea verificarsi alcuna rifrazione di luce nell’altare.  Non così accadde però nel giorno seguente,  in cui il chiarore del sole,  e precisamente nelle ore pomeridiane, tale effetto produceva nel lucido di quell’argento ,  che fu di sorpresa e di ammirazione a chiunque lo guardava,  né frasi trovò convenevoli per esprimervi completamente il numero delle persone che si sono affollate a vederlo ,   e che giornalmente concorrono,  invitate dalla voce pubblica e generale  ,  sperimentando tutte universalmente l’istesso sentimento di trovarlo migliore della loro aspettativa,  e certamente diverrà oggi questo monumento di belle arti altro motivo ,  che spingerà viepiù tutti i forestieri a visitar questo tempio il più illustre nel suo genere che vantar possa la nostra Sicilia.

Un documento di cui consiglio la consultazione e la lettura per la profondità, la ricchezza di contenuti, la dovizia di particolari, le notizie in esso riportate.

Roma, ottobre 2018

di Natale Sabella – Architetto   All rights reserved

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