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Chiusa a Bagheria la mostra di Sergio Mammina “Le meraviglie della natura”

Bagneria, 2 giugno 2018 – Il 18 maggio del 1983 alle ore 18,30, presso la galleria Bateau Lavoir della capitale, in via Madonna del Monti, a ridosso dei Fori Imperiali, presenziavo all’inaugurazione di quella che, per i 35 anni successivi, sarebbe stata la mia “ultima” mostra personale, voluta e curata dallo stimatissimo prof. Renzo Bertoni

Di ritorno da quell’allettante esperienza una serie di combinazioni favorevoli indussero me e i miei strumenti di lavoro a trasferirci, senza alcun tentennamento, in un ambito affine: quello della grafica al servizio della comunicazione nei suoi più svariati aspetti, come l’editoria e la pubblicità. La produzione di lavori “senza committenza” diveniva, nel tempo, una pratica sempre più sporadica ma mai del tutto interrotta. La  maggiore disponibilità di tempo da “non sprecare” mi ha naturalmente riportato al tavolo da disegno e alla elaborata materializzazione di nuovi trasferimenti dal mio immaginario alla carta. 

La pubblicazione di taluni miei lavori sulle pagine di un social e la fortuna che su quelle immagini si adagiasse l’attenzione di Piero Montana, artista, critico d’arte e animatore dell’omonimo Centro d’Arte e Cultura di via Bernardo Mattarella 64 a Bagheria, hanno fatto si che assumesse reale consistenza quella che adesso è la mia (appena conclusa) “ultima” mostra personale – “Le meraviglie della natura”  –  e che quella voragine, larga e profonda 35 anni, si sia pressoché ricolmata nel rapido volgere di qualche mese. Ho rivissuto atmosfere ed emozioni ormai dimenticate. Ho visto rinverdire amicizie vere, con artisti e non, a quei tempi germogliate dall’humus della reciproca stima. Ho dato modo a qualche affezionato collezionista di “aggiornare” i motivi dell’attenzione all’epoca riservata alla mia attività. 

Oltre che al curatore della mostra, Piero Montana, rivolgo un ringraziamento particolare, a Ezio Pagano, direttore del MUSEUM, per aver deciso di accogliere un mio lavoro nella sua preziosa collezione: “La civetta sul comò” (inchiostri e acrilici su carta, cm 22 x 22 del 2017); ne sono sinceramente onorato ed orgoglioso. 

Ecco perché, se qualcuno mi chiede: «Com’è andata?», non posso che rispondere: «Una meraviglia…!». 

Il racconto della serata inaugurale. (Dal sito istituzionale del Comune di Bagheria)

Un momento della serata inaugurale

Si è inaugurata sabato 5 maggio, nei locali del Centro d’arte e cultura Piero Montana, la mostra di Sergio Mammina “Le meraviglie della natura”.

All’inaugurazione un grande afflusso di persone provenienti da ogni parte della Sicilia (Messina, Catania, Caltanissetta, Trapani oltre che evidentemente da Palermo e dalla nostra stessa città di Bagheria) ha fatto registrare un “pienone” ed un successo indiscutibile dovuto senza dubbio al grande richiamo esercitato dall’arte del maestro monrealese su artisti, addetti ai lavori e su un pubblico in generale più vasto ed eterogeneo.

En passant citiamo qui solo i nomi di importanti artisti nisseni come Giuseppina Riggi, Calogero Barba, Lillo Giuliana, Franco Spena nonché di Sebastiano Parasiliti (catanese), Totò Mineo e Calogero Piro (palermitani) e dei bagheresi, Giuseppe Alletto, Filly Cusenza e Giovanni Varisco. Presenti anche il nostro regista Nico Bonomolo (Premio, quest’anno, David di Donatello), lo scultore Giuseppe La Bruna, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, Elena Morena, docente di incisione presso l’Accademia veneziana, gli artisti Enza Di Fede, Franco Panella e tanti altri esponenti dell’arte e della cultura. Tra questi il responsabile della Biblioteca comunale Francesco Scaduto, l’architetto Vincenzo Sciré, il direttore di Guidasicilia, Federico Modica, il critico d’arte Giovanna Cavarretta.  

L’inaugurazione ha avuto luogo con un ringraziamento a tutti i presenti, per la loro partecipazione all’evento, da parte di Piero Montana (direttore del Centro d’arte e cultura bagherese), che ha subito letto un intervento critico sull’opera di Sergio Mammina. A seguire, ha preso la parola, il Presidente dell’Unitré, Antonella Miloro Nasca, che invece si è soffermata sull’importanza del Centro d’arte Montana, che in una città come Bagheria viene ad ampliare gli stimoli e gli interessi prettamente culturali, mentre in conclusione ha parlato la professoressa Rosanna Balistreri, che è intervenuta sugli aspetti, a dir poco inquietanti, dell’arte di Mammina, che proietta sempre nelle sue opere l’ombra di nefaste conseguenze sulla natura da parte del progresso scientifico e tecnologico.

La mostra ha suscitato moltissimi consensi sul pubblico intervenuto, che ha apprezzato tantissimo la grande maestria di Mammina, che con raffinata abilità tecnica ripropone nelle sue opere una fantastica ed alchemica visione della natura ed in particolare del suo mondo entomologo.

Soddisfatto l’ideatore ed organizzatore della mostra Piero Montana che su Sergio Mammina ha espresso pareri molto lusinghieri, definendo la sua arte una rara ed autentica sopravvivenza, tra la tanta confusione ed inesperienza che regna sovrana nel panorama dell’arte contemporanea, del mestiere di grafico e di pittore. Montana, avanguardista tout court, ha pure affermato che l’arte di Mammina è molto preziosa per la sua testimonianza di un linguaggio artistico molto personale che mostra di non aver alcun debito nei confronti di nessuno, un linguaggio pertanto che, più che surrealista ed onirico, potremmo meglio definire fantascientifico con anticipazioni su quella che oggi viene definita arte Post Human.

Molto soddisfatto anche l’artista espositore, che constatato il successo di critica e di pubblico ottenuto con questa sua mostra da Piero Montana, si è detto disponibile ad esporre in avvenire nei locali del Centro d’arte e cultura bagherese.

Dalla presentazione della prof.ssa Rosanna Balistreri

L’intervento della prof.ssa Rosanna Balistreri

[…] In questo contesto spiccano le figure viventi che sfoggiano una varietà cromatica che va dal giallo al rosso carminio, dal verde all’azzurro. Queste creature: insetti, fiori, uccelli, rappresentano l’uomo che si adegua al vivere meccanizzato che lo circonda, ne diventa parte integrante trasformandolo in normalità, in habitat congeniale al suo vivere. Allora i fiori crescono sulla rete di cavi elettrici, la farfalla è attratta dal fiore che fuoriesce da una tubatura, la lucertola si scalda sotto la luce artificiale di un altro marchingegno e il gufo, amico della luna, è in compagnia di una lampada che lo inganna e ancora gli insetti gialli, delle formiche, chiamate grafotteri, perdendo ogni tratto di naturalezza divenendo insetti artificiali, dei pennini, che si sono forse naturalizzati.

L’uomo, mai ritratto nei quadri dell’artista, è un po’ in tutte queste creature e si è adattato a questo vivere solitario, senza relazione alcuna, ma occupato e preoccupato di condurre un’esistenza che non è più la sua, ma alla quale ha dovuto adattarsi trasformandosi per non sopperire ad essa.

È la rivoluzione tecnologica, il progresso che ha denaturato il vivere quotidiano, e segno per eccellenza di questo danno che l’uomo ha perpetrato ai danni della natura, sono proprio i graphotteri, formiche metalliche, nate dall’assemblamento di congegni e viti. Anche nei quadri dove  le creature sono più di uno, sembra che tra di essi con ci sia relazione, ma che ognuno segua una propria direzione. L’unica opera dove c’è una parvenza di scambio comunicativo, intitolata “luogo d’incontro” in realtà i due uccelli non si guardano, ma i loro occhi seguono traiettorie diverse.

L’uomo-creatura è in attesa: come il fiore, aspetta che nel suo calice sia custodito il messaggio della vita e come la civetta, cerca di guardare oltre la notte per scorgere il mistero che lo circonda.

L’opera di Sergio Mammina ci presenta il vivere dell’uomo moderno, attraverso i personaggi meravigliosi del mondo naturale, protagonista, ma nello stesso tempo relegato ad una vita in cui le relazioni sono inesistenti e lo fa in modo puntuale e preciso richiamando costantemente l’artificialità del mondo tecnologico che egli stesso ha creato. Le creature, unico elemento vivo dei dipinti, mostrano tutta la solitudine di una vita che non ci appartiene più.

L’uomo come la lucertola aspetta che il sole, quello vero, torni a guarire la cecità dei suoi occhi.

L’intervento di Piero Montana per la presentazione del catalogo.

Il curatore della mostra, Piero Montana, durante la presentazione

Di Sergio Mammina non dirò mai abbastanza dell’importanza che l’artista ha per me soprattutto dal punto di vista grafico. Nella grafica Mammina infatti eccelle insuperato tra quanti oggi si cimentano in questo campo. Ma anche se non fosse così, a distinguerlo da tanti altri grafici è l’ironia, il distacco dal reale e soprattutto la sua fantasia, la sua immaginazione che tuttavia non porta l’artista all’evasione, ma al contrario ad impegnarlo, sia pure a suo modo, nel modo che all’arte è consentito, più che in una sorta di battaglia ecologica, in un’osservazione attenta ma distaccata della natura sempre più violentata dalla tecnologia moderna con la quale tuttavia è costretta a convivere. Di questo connubio abbiamo già parlato nella prima parte del nostro testo pubblicato in catalogo. Connubio questo che ha anticipato alcuni aspetti dell’Art Post Human, che li ha sviluppati, facendoli propri in riferimento ad un uomo sempre più ibrido, artificiale, che finirà per avere di certo un’anima di metallo.

Basterebbe questo per fare di Sergio Mammina un grande, un anticipatore visionario dei tempi.

Visioni queste che nascono dall’angolo appartato, a cui da tanti anni guarda in modo pacifico ma con spirito critico alle degenerazioni del mondo moderno, dal quale prende le distanze, disegnandolo e colorandolo però con molta ironia e fantasia.

Ma dire questo di Sergio non basta, perché egli ha affrontato anche il tema riguardante il suo modo originale di fare grafica.

Come Brecht a teatro, Mammina quasi sempre prende degli accorgimenti per far riflettere gli osservatori della sua opera, facendo loro notare che la sua arte non è imitazione della natura ma favola inventata dal suo ingegno grafico. Per questo nei suoi quadri sono visibili quei pennini, utilizzati dall’artista per dar luogo al suo universo magico. Questi pennini che si trasformano in insetti, detti grafotteri stanno alla base della poetica di Mammina, una poetica in cui l’artificiale ed il biologico si fondono per dar vita ironicamente ad un altro mondo, non più quello che ci è stato dato dal Creatore, da Dio, ma un mondo nuovo, il cui artefice, demiurgo è l’uomo stesso, che come Yahweh si ritrae dalla sua creazione, restando assente nella sua opera.

Attenzione! Questi grafotteri sono chiamati dall’ artista lettererotteri ossia grafotteri letterati, che amano la frequentazione dei libri e certamente anche della letteratura.

Si deve a loro lo sviluppo fiabesco nelle opere di Mammina. Di certo noi immaginiamo che essi tessono una trama letteraria, un libro di immagini fatto da finzioni, da inganni, da cui l’artista trae il suo divertimento, il suo piacere.

E’ il piacere del raccontare per immagini che ci suggerisce anche il senso ludico di queste opere di Mammina.

Roland Barthes ne sarebbe stato deliziato come pure Jorge Luis Borges, che sicuramente avrebbe incluso le carte di Mammina assieme alle pagine di un suo manuale di zoologia fantastica.

Una delle opere in mostra sarà esposta in permanenza nella collezione del MUSEUM di Ezio Pagano

L’opera di Sergio Mammina accolta nella prestigiosa collezione
La sede del MUSEUM di Bagheria, diretto da Ezio Pagano

Accedendo al sito Internet del MUSEUM di Bagheria si è accolti da un video in cui Gillo Dorfles, il grande critico d’arte, pittore e filosofo recentemente scomparso, così si esprime: «… è l’unica fonte di chi vuole studiare i contemporanei siciliani, perché la collezione di Pagano è estremamente interessante. Dalla Carla Accardi a Consagra a Sanfilippo; praticamente ci sono tutti i migliori contemporanei che sono ormai già noti nel resto dell’Italia…». 

Ed è lungo l’elenco degli artisti siciliani, protagonisti del ‘900 italiano ed internazionale, le cui opere figurano nella collezione ospitata dall’ambitissimo e certamente “unico” spazio espositivo. Per aggiungere qualche altro nome, cito Guccione, Guttuso, Patella, Isgrò, Marchegiani, Simeti, Samonà, Cappello, Migneco, Attardi, Fiume, Scroppo, Panseca, Cossyro e così via, fino ai carissimi amici e stimati artisti come, Lauricella, Carbone, Garraffa, Guardì, Giovanni Leto, Patti, Signorini, Alfonso Leto e pochi altri, con i quali Sergio Mammina (prima che tra lui e quel mondo si creasse la “voragine”) aveva condiviso partecipazioni a mostre collettive e cerimonie inaugurali. 

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