Monreale, 18 aprile 2017 – Qual è il confine tra un articolo di cronaca ed uno culturale? E ancora, quale valore può assumere un elzeviro nel panorama d’interesse che offre un quotidiano on line il quale, per definizione, è costantemente connesso con ogni accadimento che investe il quotidiano dei lettori?
Un pezzo da “terza pagina” non ha certo lo scopo di fornire informazioni immediate e referenziali, né quello di registrare episodi che nella dimensione del “villaggio globale” corrano simultaneamente da una latitudine all’altra, né tantomeno quello di tributare riconoscimenti al politico di turno autore del dato contingente.
La “pars costruens” della tipologia testuale storicamente contrassegnata dal carattere Elzevier può essere ravvisata nella possibilità di farne un tappeto su cui mettere riflessioni da condividere, confronti da promuovere, curiosità da innescare e idee da cui partire per dialoghi virtuali.
Come recita testualmente uno dei testi sacri della scrittura giornalistica, “Come si scrive il Corriere della Sera”, ed. Fondazione Corriere della Sera 2003, un articolo culturale si caratterizza per l’attribuzione di un giudizio di valore sull’evento in oggetto di trattazione del quale, “attraverso la tecnica dell’allusione e non del referto”, viene suggerito il “fumus” necessario ad accendere la fiamma della riflessione.
Una simile legittimazione sostanzia dunque l’autonomia dell’articolo letterario dalle contingenze della politica e ne fa uno strumento espressivo che rivendica quella che Elio Vittorini, nella polemica che sul Politecnico lo vide contrapposto a Togliatti, considerava prerogativa della cultura, ovvero il non allineamento sulle posizioni del potere e quindi il rifiuto della “predicazione della verità” imposta da una politica che deve rimanere, al contrario, “limitata entro i confini della cronaca”.
Proprio questo “status” fa del vecchio elzeviro un testo degno di continuare ad essere scritto e letto, non per le posizioni assertive che potrebbe assumere, ma per garantire ancora quel confronto dialettico imprescindibile per mettere in salvo l’“urbanitas” della nostra società.