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Toti: “Fare il comico è una cosa seria”, l’intervista al noto cabarettista

L'importanza di ridere, il dialetto, la parolaccia, e il duo con Totino, ecco chi è Toti: "La risata è un toccasana per il cuore e il cervello"

MONREALE – “La risata è il sole che scaccia l’inverno dal volto umano”, celebre frase di Victor Hugo.

Il suo nome è Toti, noto cabarettista e attore comico del duo Toti e Totino, ha 70 anni, palermitano doc, vive a Monreale. Da sempre Toti ha vissuto di comicità, è cresciuto al passo con la comicità, ma soprattutto si è innamorato della comicità. Gli ingredienti principali del suo successo sono un repertorio variegato e una grande capacità di improvvisazione. Toti è semplicemente geniale, spassoso, divertente, arguto e vero.

Qual è il tuo obiettivo? Fare solamente ridere, o portare il pubblico, attraverso la risata, a riflettere su dei temi?
“Una volta una giornalista mi chiese: <<Ridere fa bene, ridere è importante. Ma per voi la missione più importante di fare ridere qual è?>>. Io ho risposto: <<Secondo noi, in giro per il mondo, c’è tantissima gente che si impegna a far piangere le persone. Noi, invece, come missione abbiamo scelto di fare ridere>>. Poi la giornalista mi ha chiesto: <<Se un giorno l’uomo dovesse scoprire l’elisir della felicità, voi cosa farete?>>. Ed io ho risposto: <<Quel giorno cominceremo a fare le tragedie greche. Quindi inizieremo a far piangere le persone>>. In realtà fare ridere non è una missione, la risata scaturisce soltanto perché stai bene con te stesso e vedi il mondo colorato e non grigio. La risata è un toccasana per il cuore e il cervello. Tutti ne traggono beneficio: gli anziani, le persone sole, sofferenti e abbandonate”.

Il dialetto, per un comico, rappresenta un limite dato che non gli permette di varcare i limiti regionali?
“Il dialetto deve essere la tua identità. In questo momento, in Sicilia, ci sono Fiorello che con colpi di <<minchia>> e con <<suca>> racconta la Sicilia in tutte le sue sfaccettature. Noi lavoriamo in gran parte d’Italia e siamo fieri del nostro dialetto. Il nostro dialetto non è un dialetto, ma una lingua e dobbiamo difenderlo. Se quest’intervista verrà letta dagli autorevoli esponenti della cultura, gli suggerisco di introdurre il dialetto siciliano nelle scuole primarie”.

Molti comici utilizzano la “parolaccia” per fare ridere. Cosa pensi di loro? Non è fin troppo facile suscitare ilarità con la volgarità?
“Assolutamente sì. Non dovrebbe mai entrare nella comicità e nello spettacolo. Ma, ogni tanto, una parolaccia può essere perdonata”.

Come ti sei reinventato il tuo lavoro durante il periodo del lockdown con i teatri chiusi?
“È stato un momento di grande prova. Insieme a Totino abbiamo partorito l’idea vincente della serie poliziesca <<Il commissario Macrì e l’agente Piricò>>. Il lockdown ci ha dato lo stimolo per pensare positivo come dice Jovanotti e non essere positivi che è peggio”.

Cosa consigli a chi oggi vuole intraprendere l’attività lavorativa del comico?
“Fare il comico non è un lavoro, è un talento naturale. Non c’è una scuola che ti insegna a diventare un comico. Devi nascere comico, è una virtù che nasce da dentro. Se ti sforzi di fare ridere si vede, se ti metti a ridere per primo, mentre fai le battute, non sei credibile. Pensate al grandissimo Totò, il quale non ha mai riso in una sua battuta. Fare il comico è una cosa seria, fare ridere è serio”.

Quindi sei nato comico?
“Non so se sono un comico. Sicuramente sono simpatico. La gente mi apprezza, si diverte. Quindi, se la faccio stare bene e la faccio divertire, allora vuol dire che anch’io sono un comico”.

Come è nato il duo Toti e Totino?
“Siamo cugini. Suo papà era il fratello di mia madre. Quando Totino stava per nascere, mia madre mi ha detto: <<Dobbiamo andare a casa dalla zia perché sta per nascere Totino>>. Io avevo un anno e ho detto: <<Iemu a biriri chistu comu è cumminatu>>. Appena l’ho visto <<mi futtivu i ririri, rissi chistu ci avi na faccia di minchia>>, fa ridere come un pazzo, l’ho chiamato e gli ho detto: <<Hai da fare per i prossimi 70 anni?>> E Totino ha risposto: <<No. Perché?>>. Io:<<Perché vorrei fare un duo di cabaret>>. Lui ha detto: “Il tempo della prima poppata, poi ci vediamo e ne parliamo. Così abbiamo formato la coppia”.

Puoi descrivere il tuo rapporto con Totino? “Noi siamo una società, un duo. I bambini ci vedono e ci identificano ai cartoni animati. Ridono per le stranezze e le <<cazzate>> che diciamo e per le battute sgrammaticalte. Tutto ciò è bellissimo, ci fa star bene”.

Seguite un copione?
“Abbiamo sempre un copione, ma abbiamo anche tanta improvvisazione”.

Avete partecipato a dei film?
“Sì, abbiamo fatto tanti film: “Il commissario Moltalbano”, la serie degli “Incastrati” di Ficarra e Picone , con I Soldi Spicci abbiamo fatto dei corti cinematografici per conto di registi emergenti. Corti che hanno vinto dei premi in giro per il mondo”.

Progetti futuri?
“Siamo in scena a Catania al teatro Musco con la commedia “La cena dei cretini”, in televisione con Antenna Sicilia e la serie poliziesca Toti e Totino. Poi ci giriamo intorno e vediamo quello che da grandi si farà”.

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