Samantha Cristoforetti è partita dalla rampa 39A del Kennedy Space Center alle ore 9.52 (ora italiana) del 27 Aprile per l’avvio di quella che è stata denominata missione Minerva.
L’evento ha risvegliato in me, così come nella maggioranza della gente che la segue e l’ammira, la curiosità verso l’astronauta donna più famosa al mondo.
Per questo motivo ho voluto rileggere il suo curriculum e l’ho fatto tutto d’un fiato.
Dunque, Samantha nel 2001 ha conseguito la laurea magistrale in ingegneria meccanica all’Università Tecnica di Monaco di Baviera, specializzandosi in propulsione aerospaziale e strutture leggere.
Successivamente ha trascorso quattro mesi all'”Ecole Nationale Supérieure de l’Aéronautique et de l’Espace” di Tolosa, lavorando a un progetto sperimentale di aerodinamica.
Ha scritto la sua tesi sui propellenti solidi per razzi durante un soggiorno di ricerca di dieci mesi presso l’Università di Tecnologie Chimiche Mendeleev di Mosca.
Nel 2005 ha conseguito un’ulteriore laurea in scienze aeronautiche presso l’Università Federico II di Napoli.
Nel frattempo Samantha è entrata in Aeronautica Militare.
Sempre nel 2005 è stata inviata negli Stati Uniti, dove ha frequentato il programma di addestramento “Euro-NATO Joint Jet Pilot Training” presso la Sheppard Air Force Base. Nel 2006, ottenuto il brevetto di pilota militare, è rientrata in Italia ed è stata assegnata al 51° Stormo di Istrana sul velivolo AM-X.
Samantha è stata selezionata come astronauta ESA nel maggio 2009.
A settembre dello stesso anno ha iniziato l’addestramento di base, che ha portato a termine a novembre 2010.
Il 23 novembre 2014, Samantha è partita per lo spazio dal cosmodromo di Baikonur, in Kazakhistan.
È tornata sulla Terra l’11 giugno 2015, dopo aver trascorso 200 giorni nello spazio.
La missione, chiamata Futura, è stata la seconda opportunità di volo di lunga durata dell’Agenzia Spaziale Italiana e l’ottava per un astronauta ESA.
Dopo svariate prestigiosissime esperienze nel 2019, Samantha è stata comandante della missione NEEMO23 (NASA Extreme Environment Mission), durante la quale ha trascorso dieci giorni nell’unica stazione di ricerca sottomarina al mondo, Aquarius.
La prima cosa che ho pensato rileggendo questo incredibile curriculum è stata semplicemente: “accidenti che testa! Che donna eccezionale! Che autentico orgoglio italiano di cui andare fieri!”.
Poi una foto virale, oggetto di svariate critiche, ha distolto la mia attenzione, dirottandola su altre considerazioni che onestamente non credevo di dover elaborare, visto che viviamo nel 2022 e non nel 1950.
Cerchiamo dunque di trovare il bandolo di quest’ennesima, inutile polemica social.
Prima di partire per quest’ultima missione la 45enne astronauta ha salutato la sua famiglia: il compagno Lionel Ferra e i suoi due bambini, Kelsi Amel e Dorian Lev, tenuti in braccio rispettivamente dal papà e da un babysitter d’eccezione, l’astronauta siciliano Luca Palmisano.
Lo scatto, infinitamente dolce, che ha fatto il giro del web, immortala il momento in cui la celebre astronauta, che è appunto anche una mamma, si ferma dinnanzi al mondo per salutare i suoi bambini, poco prima di andare in orbita per cinque lunghi mesi.
Un gesto umano semplice e potente che ha suscitato sull’opinione pubblica molta tenerezza ma anche parecchie perplessità, diverse critiche e persino qualche moto d’indignazione.
Improvvisamente ci si è dimenticati della professione di Samantha, della preparazione di Samantha, della portata dell’evento di Samantha, sottolineando, come da copione, ciò che solitamente si cerca di inquadrare in chi sceglie di essere donna, professionista e anche mamma, ovvero quell’unico particolare che sembra prevalere sugli altri solo se sei una persona di sesso femminile che ha procreato, ovvero l’essere sostanzialmente una madre.
– “Oddio poveri bambini, cinque mesi senza la loro mamma!”
– “Chi si occuperà di loro?”
– “Chi gli leggerà le favole della buonanotte?”
– “Chi li accompagnerà a scuola?”
Quesiti sciocchi che sottolineano sempre il solito imbarazzante cliché.
Come se questi bimbi non avessero anche un padre, come se non fossero stati preparati da entrambi i genitori a vivere questa esperienza nel migliore dei modi, come se, in caso contrario, potessero tollerare meglio l’eventuale assenza del papà rispetto a quella della mamma.
Stereotipi insulsi che offuscano una figura di grandissimo spessore che in realtà sta per offrire a questi stessi bambini un grande esempio di professionalità e coraggio, unici nel loro genere, che valgono più di mille storie della buonanotte o di mille coperte rimboccate.
La foto, ormai virale, del saluto racconta una normalità che non riguarda solo questa famiglia “spaziale” ma tutti noi.
Il lavoro porta gli adulti, uomini e donne, fuori dalle mura domestiche ogni giorno, indipendentemente dal tipo di occupazione e dal tempo.
La maggioranza dei bambini crescono, arrancando tra nonni e babysitter, ludoteche e palestre, corsi d’inglese e di pattinaggio, ricongiungendosi ai genitori, spesso stanchi e distratti, solo in tarda serata e per poche ore.
Ma di cosa stiamo parlando?
Non si capisce bene perché debba sempre provocare così tanta soddisfazione il classico ditino bacchettone puntato addosso a un personaggio che, al contrario, dovrebbe suscitare solo ammirazione, oltretutto per dettagli intimi di cui non si conosce nulla.
Tali individui che agitano così facilmente l’indice inquisitore, cercando il pelo nell’uovo, dovrebbero scivolare dai loro piedistalli, sui quali arroccano tutte le loro invidie e le loro frustrazioni, per osservare semplicemente l’essenziale.
E in questo caso specifico l’essenziale è che Kelsi e Dorian, al di là di qualsiasi assenza più o meno lunga, possiedono già la più evidente delle fortune: una mamma unica che per cinque mesi non sarà a casa, non farà la spesa e non racconterà loro le fiabe della buonanotte, ma che sarà impegnata a fare una cosa enorme: costruire la Storia.