Dieci anni di dirigenza all’istituto comprensivo statale Veneziano-Novelli di Monreale, altri 23 precedenti in un’altra scuola di Palermo e tanti altri ancora prima in altri ordini di scuola. 44 anni di servizio appassionato quelli di Beatrice Moneti, dirigente scolastica uscente di uno degli istituti più importanti di Monreale che da settembre lascerà il posto di comando per il pensionamento. Una donna forte, risoluta, con principi fermi e obiettivi ben chiari in mente che ha cercato di realizzare negli anni della sua dirigenza a Monreale. Abbiamo ripercorso con lei la sua lunga carriera scolastica partendo dagli anni più difficili: il 2020 e il 2021.
Preside, la conclusione della sua carriera, purtroppo, ha coinciso con due anni difficilissimi per la scuola e per l’intera società. Come ha affrontato quest’ultimo gradino che l’ha portata a quella che tanti considerano un traguardo, la pensione?
“Certamente questo appena conclusosi è stato un anno molto difficile per tutti noi ma devo dire che, per quanto ci riguarda, è stato meno difficile del precedente anno durante il quale abbiamo dovuto veramente sperimentare e inventare dal nulla un nuovo modo di fare scuola. Devo precisare che gli insegnanti sono stati tutti disponibili a mettersi alla prova e sperimentarsi nella purtroppo famosa DAD. Quest’anno abbiamo migliorato l’esperienza dell’anno scorso e siamo anche stati fortunati perché, essendo una scuola del primo ciclo, non abbiamo avuto la DAD per l’intero anno come è successo invece per il secondo ciclo, ma abbiamo avuto l’opportunità di fare scuola in presenza durante tutto l’anno: abbiamo iniziato il 28 settembre e abbiamo chiuso il 9 giugno.
Chiaramente in questo arco di tempo durato 9 mesi ci sono state delle (per fortuna) brevi parentesi durante le quali abbiamo riscontrato all’interno di qualche gruppo scolastico la presenza di un probabile contagio, ma tutte le volte, adesso possiamo affermarlo con certezza, il contagio non era partito dalla scuola ma portato dalle famiglie. E tutte le volte non ci stati contagi perché abbiamo sempre operato con la massima solerzia nel rispetto di tutte le norme anticovid a tutti i livelli: dal personale Ata, agli amministrativi e soprattutto ai docenti e ai collaboratori scolastici, sul campo ogni giorno dalle 7.30 del mattino fino alla sera (noi siamo punto di erogazione del serale o meglio, di tutti i corsi rivolti agli adulti per il conseguimento della licenza media, del primo biennio di scuola superiore e del patentino di lingua italiana).
Per fortuna l’anno è andato bene anche perché abbiamo sempre posto un’attenzione particolare, come d’altronde tutte le scuole monrealesi, alla pulizia e alla sanificazione prima, durante e dopo le lezioni. Insomma, siamo stati sempre tutti molto attenti durante tutto il corso dell’anno e questo ci ha permesso di fare scuola in presenza. Oltre a ciò, siamo stati costantemente muniti di dispositivi di protezione individuale e ognuno di noi ha sempre continuato ad offrire la propria professionalità e la propria presenza in modo costante. Posso dire con orgoglio che ognuno ha fatto il proprio dovere nonostante le difficoltà, e l’ha fatto bene.
È andata bene quest’anno anche per gli esami: mentre l’anno scorso si sono fatti a distanza, quest’anno invece si sono tenuti in presenza: nel rispetto dell’ordinanza ministeriale nr. 52 di quest’anno, i bambini sono stati tutti invitati con una turnazione ben stabilita, a presentarsi agli esami, alternandosi nella discussione dell’elaborato con i loro professori.
Io, oltre a ciò, ho fatto anche gli esami di scuola secondaria di secondo grado come sono solita fare ogni anno, perché, essendo stata in passato docente di scuola secondaria di secondo grado, sono rimasta affezionata agli esami di Stato come conclusione di un percorso. Un’esperienza questa che mi è servita sempre come continuità longitudinale tra i vari tipi di scuole.
Potremmo dire che gli ultimi due anni che si sono appena conclusi, che corrispondono agli ultimi due anni della sua carriera scolastica, sono stati forse gli anni più difficili per la scuola dal secondo dopoguerra?
Certamente si. Lei dice bene, noi siamo figli di un periodo di pace, non abbiamo mai vissuto un’emergenza del genere. Io sono andata a scuola in prima elementare nel 1961 quindi ho goduto come tutti noi sempre di tutta la scuola senza gravi emergenze. Non avevamo mai assistito a periodi di crisi così forte e importanti soprattutto per i ragazzi e per la scuola. La speranza di tutti è adesso poter tornare a una scuola più “normale” e serena, ma dipende da noi soltanto per i comportamenti virtuosi che possiamo attuare. Per il resto, il trend di una pandemia è controllabile a livello generale semplicemente con le vaccinazioni di massa, che si stanno realizzando per raggiungere la famosa immunità di gregge.
Tutto lascia supporre dunque che le situazioni possano essere migliorate dall’anno prossimo. L’attenzione adesso continuerà ad essere per tutti e da parte di tutti perché la situazione non sfugga di mano di nuovo.
Preside, quest’anno si chiude la sua carriera che è stata di docente prima e di dirigente scolastica dopo. Con che spirito lascia la scuola e i suoi ragazzi?
Lascio la scuola con un pizzico di tristezza. È stata la mia vita per ben 44 anni, non è certamente un passaggio indolore ma so di avere dato tanto alla scuola proprio perché ci ho creduto fin dall’inizio. Ho fatto la mia prima supplenza nel 1975 quando non ero ancora laureata ed ero giovanissima. Non ho mai lasciato la scuola percorrendone tutti gli ordini e gradi, dalla scuola per l’infanzia all’Università, e ho avuto modo di conoscere ogni aspetto dell’istruzione, dell’educazione e della formazione dei nostri ragazzi. Devo dire che sono stata anche particolarmente fortunata perché durante il mio percorso ho sempre incontrato persone che mi hanno dato la possibilità di esprimermi, dai dirigenti ai docenti universitari che mi hanno ospitato nei momenti in cui ho voluto conoscere anche la carriera universitaria per approfondire il mondo accademico (ho fatto questa esperienza quando ero già di ruolo).
Dunque conosce bene tutti gli ordini e i gradi della scuola italiana: secondo lei qual è il punto di forza e qual è invece il punto di debolezza della scuola del nostro paese?
Il punto di forza della scuola italiana è senz’altro la scuola primaria che, insieme alla scuola dell’infanzia, ha lavorato sempre benissimo nella formazione dei bambini con tanta buona volontà e inventiva da parte dei docenti. L’anello debole è stato da sempre la “continuità” che ci deve invece essere tra scuola primaria e scuola secondaria di primo grado e che si deve ancora fortificare. Si avverte ancora una certa cesura tra i due gradi che non dovrebbe esistere. Nel nostro istituto per esempio abbiamo lavorato alacremente perché i percorsi fossero unici e, come dirigente scolastica, sono riuscita a raggiungere tanti obiettivi ma non tutti gli obiettivi.
Il percorso è lungo, l’istituto comprensivo Veneziano-Novelli si è formato appena due anni fa e ancora forse questa unione manca e deve nascere all’insegna della comunione e condivisione tra professionisti della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria. Bisogna creare insieme percorsi unici senza cesure e senza chiusure e questo è l’obiettivo che mi piacerebbe che raggiungesse chi mi succederà, perché solo in previsione di questo si può raggiungere un altro “alto” obiettivo della scuola italiana.
C’è un episodio che ricorderà personalmente con nostalgia nella sua carriera di dirigente scolastica?
Ce ne sono tanti, potrei raccontare diverse esperienze e avrei l’imbarazzo della scelta ma mi rimangono nel cuore soprattutto i bambini e le famiglie che hanno avuto bisogno di essere ascoltate per le loro esigenze soprattutto in presenza di disabilità. Io ho voluto (e credo di aver saputo), ascoltare tutti e, quando ho potuto, ho messo in opera ogni strategia per cercare di inserire i ragazzi con bisogni speciali in situazioni non ideali ma studiate ad hoc. Ho cercato insomma soluzioni ideali, anche se l’ideale non sempre si raggiunge.
Lei è stata 10 anni dirigente scolastica a Monreale. Cosa è cambiato, se è cambiato qualcosa, e come è cambiato l’istituto in questi anni?
Intanto l’istituto si è aperto dal punto di vista dell’ascolto dell’utenza in maniera più evidente perché per me la scuola è stata sempre un’istituzione aperta al dialogo, all’ascolto, stile questo condiviso da ogni docente. Chiaramente a volte l’apertura viene scambiata per disponibilità a qualsiasi richiesta e questo, capite bene, non può essere possibile. La famiglia si deve fidare e affidare alla scuola che ha scelto, che ha un suo progetto di educazione e di formazione al quale deve credere. Questa è una nota di criticità perché non sempre l’obiettivo della scuola viene condiviso dalle famiglie. Ma l’obiettivo, per definizione, deve essere super partes e la scuola deve perseguire il suo piano educativo al quale lavora per anni interi con la partecipazione di ogni docente e la forte volontà del dirigente.
Cosa le mancherà di più della scuola?
Il contatto. Il contatto con i docenti, con il personale, con i bambini e i ragazzi. Quel contatto che tanto ci è mancato in quest’ultimo anno e mezzo. La scuola senza il contatto umano è impensabile. Non nego che nei mesi della pandemia mi sembrava di essere in un pauroso limbo durante i quali abbiamo tutti temuto per il nostro equilibrio perché una scuola senza ragazzi non si può fare. A distanza ci sono parecchie difficoltà da superare. La scuola si fa in presenza, con il contatto umano diretto, a tutti i livelli. Mi mancherà tutto questo contatto umano, cercherò di ovviare mantenendo i miei rapporti umani per tante attività che conto di mettere in opera ben presto.
Lei ha visitato tante scuole e tanti ordini di scuola, c’è qualcosa che differenzia in positivo e in negativo la scuola di Monreale dalle scuola di altri Comuni?
Tutta la mia esperienza prima di Monreale si è assestata in scuole di Palermo. A Monreale ho notato che c’è un contesto più raggiungibile, più caloroso da un certo punto di vista. A Monreale c’è più comunità e questo è un grande piacere che mi porterò dietro. In dieci anni ho conosciuto tanti bambini, tante famiglie e tanti professionisti che hanno gravitato intorno a me e intorno alla scuola, tante persone appartenenti alle istituzioni che ho conosciuto individualmente e questa rete di conoscenze e di personali amicizie mi dava l’idea di muovermi in un contesto nel quale ognuno faceva la sua parte. A Monreale ho avuto modo di conoscere una rete accogliente, calorosa. Che mi ha arricchito personalmente. Ecco perché non ho più cambiato: sono rimasta agganciata alla comunità monrealese, ho creato la mia rete e le mie radici. Ho avuto grandi momenti di gioia e di soddisfazione e so di avere fatto il mio dovere fino in fondo e di essere riuscita a creare qualcosa di bello insieme alla comunità tutta che si è creata attorno a me.