MONREALE – Si approssima la fine dell’anno ed è tempo di bilanci, soprattutto riguardo questo difficile 2020 che lascerà un ricordo indelebile nella mente di molti. Ma è anche tempo di auguri e di messaggi di speranza e di ottimismo per l’anno che verrà. Ne abbiamo parlato con l’Arcivescovo di Monreale, Mons. Michele Pennisi.
D. Eccellenza, in questo scenario di emergenza sanitaria e di crisi economica che ha colpito soprattutto le fasce più deboli della popolazione, a Monreale si respira ancora il senso di comunità o emerge più che in altri periodi l’individualismo?
R. Certamente in questo momento in cui domina l’incertezza per il futuro e una diffidenza verso il prossimo che viene visto spesso come un possibile untore, c’è una grande sfiducia e molta gente rischia di rinchiudersi nel privato e di non aprirsi alle relazioni. Ci sono però, per fortuna, anche esperienze significative di persone che decidono di reagire e di vivere il vero senso della comunità pur rispettando tutte le misure sanitarie contro la diffusione del virus affinché questo non sia un periodo di isolamento ma una fase in cui, più che mai, si respiri il senso della comunità e della socialità.
D. Come ha visto cambiare la comunità di Monreale negli ultimi anni e soprattutto durante il 2020 così diverso dai precedenti?
R. Innanzitutto devo evidenziare che durante l’ultimo anno abbiamo purtroppo assistito alla diminuzione della partecipazione alla vita parrocchiale da parte dei bambini e dei giovani per alcuni motivi e degli anziani per altri. Inoltre questo che si approssima alla fine è stato un anno molto diverso dai precedenti e molto particolare soprattutto per la comunità monrealese. Per la prima volta infatti abbiamo dovuto annullare tanti appuntamenti tradizionali che hanno sempre caratterizzato la vita stessa del paese.
Pensiamo alla festa del SS. Crocifisso, che è sempre stata un importantissimo momento identitario per il popolo monrealese ma anche per visitatori provenienti da paesi vicini e da altre città. Pensiamo poi anche che sono stati rivisti altri momenti fondamentali come ad esempio la festa dell’immacolata Concezione. Quest’anno infatti non abbiamo potuto organizzare la tradizionale processione né la cerimonia riguardante l’omaggio floreale alla colonna della Madonna Immacolata presente in piazza al fine di evitare assembramenti. Abbiamo però organizzato l’atto di affidamento della città di Monreale alla Madonna e poi insieme al Sindaco un omaggio floreale dedicato all’immagine della Vergine Maria più antica della Sicilia, proprio all’interno del nostro bellissimo Duomo, davanti all’altare del Valadier, dove c’è raffigurata l’Immacolata con l’espressione greca pana krantos, che significa tutta pura, tutta Santa. E poi c’è stata anche l’inaugurazione del Presepio della Cattedrale fatto però soltanto con i seminaristi ma aperto a tutti i cittadini, sempre nel rispetto del distanziamento sociale.
A Monreale però quest’anno sono mancati i visitatori italiani ma soprattutto stranieri. Avevamo già diverse prenotazioni, anche da parte di alcune comunità russe e ortodosse che volevano venire a Monreale a visitare il Duomo (non dimentichiamo che è stato pubblicato un calendario in russo dedicato al nostro splendido complesso monumentale). Il tutto annullato o magari rimandato. Certo, vedere la Cattedrale di Monreale vuota stranisce e provoca tanta tristezza ma non avevamo alternative. Penso anche che abbiamo dovuto chiudere il museo diocesano e annullare tante altre attività che prima si potevano svolgere in presenza ma che quest’anno non si sono svolte.
Siamo riusciti però a realizzare la Settimana di Musica Sacra pur nel rispetto delle misure necessarie e adesso abbiamo in programma due concerti natalizi organizzati con il teatro Massimo di Palermo e diffusi in streaming. Non abbiamo ancora la certezza che possano essere realizzati ma incrociamo le dita.
D. È stato un anno molto difficile per tutti: la chiesa, presente in modo capillare sul territorio, che iniziative ha portato avanti a sostegno delle fasce più deboli?
R. Abbiamo realizzato varie iniziative in aiuto di chi più ne aveva bisogno: innanzitutto per mezzo delle parrocchie abbiamo distribuito dei buoni pasto; inoltre attraverso la Caritas sono stati donati aiuti di generi alimentari o di abbigliamento, assieme ad altri interventi di vario genere lungo tutta la diocesi. Calcoliamo che abbiamo speso circa 400.000 euro a sostegno dei più deboli. Abbiamo inoltre un centro inter-parrocchiale della Caritas che ha usufruito di vari contributi e si è messo a servizio della gente. E poi tante altre iniziative, come ad esempio “Briciole di salute”, progetto che ha visto e vede la partecipazione di volontari e medici dell’Ordine Costantiniano che ogni 15 giorni assistono le famiglie con bambini da 0 a 3 anni che si trovano in seria difficoltà. Ed ancora il Centro di Ascolto Telefonico il cui obiettivo è aiutare chi ha subito e continua a subire ripercussioni di carattere psicologico. Non dimentichiamoci infatti che oltre ai problemi di carattere economico, ci sono tante altre difficoltà da affrontare e fronteggiare, non ultimi i risvolti psicologici che la pandemia ha provocato. Stiamo inoltre portando avanti iniziative anche a sostegno degli insegnanti di religione: è già previsto un incontro online con uno psicologo che li aiuterà a contrastare gli effetti di questa situazione. E poi non dimentichiamoci il grave bilancio di persone che sono state positive al virus o che addirittura sono decedute. Noi abbiamo avuto 8 preti positivi, un deceduto e 2 ricoverati in ospedale e alcuni di questi con delle conseguenze molto gravi. Un bilancio che di certo ci addolora.
D. Lei ormai da anni guida l’arcidiocesi di Monreale, ha portato avanti tante lodevoli iniziative, ma quanto è difficile essere vescovo di questo territorio?
R. Penso che è difficile fare il vescovo, soprattutto in questo periodo. Certamente a Monreale ci sono particolari difficoltà dovute anche alla configurazione storica e geografica della città. Gioca a sfavore anche la disomogeneità dal punto di vista territoriale della nostra diocesi: c’è una zona marina con una sua cultura e poi c’è una zona collinare intermedia e una zona montana, con situazioni molto diverse. E poi, inutile nasconderlo, il territorio tutto della Diocesi in determinati periodi è stato la culla di una certa mentalità mafiosa, e anche adesso, che la mafia per così dire “militare” è stata sconfitta da parte dello Stato, permane una subcultura mafiosa che bisogna sconfiggere. Una subcultura che si fonda sulla sottomissione, sulla rassegnazione, sulla mancanza di libertà, sul fatto che si cerca sempre un padrino che possa appoggiare le proprie richieste legali o non legali, sulla mancanza del senso del bene comune: tutti fattori contro cui bisogna combattere ogni giorno.
Inoltre, a livello ecclesiale, mentre assistiamo nella zona marina ad un aumento della popolazione proveniente soprattutto da Palermo, allo stesso tempo si registra una forte diminuzione della popolazione nella zona montana. Chi va via sono soprattutto i giovani e rimangono paesi svuotati con delle conseguenze a livello sociale ed economico ma anche a livello ecclesiale. Basti pensare ai tanti catechisti o giovani dei gruppi parrocchiali o dei cori che, andando via, perdono finanche il contatto con le proprie radici.
D. Eccellenza, in questo contesto così difficile da guidare, si concede qualche momento di evasione ogni tanto?
R. Mi piace, quando il tempo lo consente, fare qualche passeggiata nel mio giardino dove ci sono alberi di arance, alberi di melograno e le rose. Sono legato al mondo dell’agricoltura e mi concedo questi spazi tutti miei in cui prego e passeggio.
D. Cosa ci auguriamo per il nuovo anno che ormai è alle porte?
R. Ci auguriamo che questa pandemia finisca e che questo vaccino di cui tanto si parla, arrivi al più presto anche in Italia. Speriamo che ci sia un’organizzazione efficiente per una vaccinazione di massa in modo tale che si possa lentamente tornare alla normalità, magari in tempo per la prossima primavera.
Ci auguriamo poi di poter tornare alle nostre belle tradizioni, alle celebrazioni in presenza senza limitazioni. (quest’anno ad esempio non abbiamo potuto celebrare le funzioni pasquali con i fedeli). E poi che si possa riprendere anche tutta l’attività della comunità, sia religiosa che sociale ed economica. Che si possa organizzare la festa del Crocifisso, che la Cattedrale possa essere nuovamente visitata da tante persone, come anche il museo diocesano e gli altri musei; che possano ritornare gli stranieri e che possa rinascere tutta l’economia che ci gira attorno. Non dimentichiamo infatti che il turismo che si muove attorno al complesso Guglielmo è linfa vitale per tutta l’economia del nostro paese.
D. Lei ha parlato del fatto che nel 2020 non è stato possibile celebrare la Pasqua con i fedeli in presenza, invece per quanto riguarda il Natale, come ci si organizzerà?
R. Certamente sarà un Natale diverso dal solito. Non ci potrà essere per esempio il presepe vivente che è stato organizzato gli altri anni a Monreale ma le celebrazioni eucaristiche ci saranno. Teniamo presente che per Natale si possono celebrare 4 messe diverse: la messa della vigilia, la messa della notte e la messa dell’aurora e del giorno. Cercheremo di venire incontro ai fedeli permettendogli di partecipare alle celebrazioni pur nel rispetto assoluto di tutte le misure anticovid.
Inoltre, per una decisione della Conferenza Episcopale Siciliana, tutte le parrocchie con un impianto di campane programmabile, suoneranno a mezzanotte e inviteremo le famiglie a unirsi per un momento di preghiera, per sperimentare così una condivisione comunitaria a distanza. Quest’anno è importante, più degli altri anni, sottolineare la dimensione familiare che assume il Natale.