MONREALE – La campanella suona, tutti a casa.
È il 4 marzo 2020, come sempre, come ogni giorno torniamo a casa. Gli zaini in spalla, i compiti da svolgere per il giorno dopo, ‘’Domani compito in classe’’. I libri nell’armadietto degli insegnanti aspettano di essere riaperti, pronti per una nuova giornata. ‘’Ciao, a domani… studiamo insieme nel pomeriggio?’’; ‘’Ragazzi, domani andiamo avanti!’’.
Nulla, silenzio, chiusura, tutti a casa, contagio, paura.
È il 5 marzo 2020.
Silenzio nella aule, tra i corridoi, banchi vuoti, silenzio.
Nelle case, chiusi, soli con gli affetti più cari, soli con noi stessi.
Circa tre mesi attraverso uno schermo. Ci siamo visti, confrontati. Abbiamo riso, ci siamo commossi. Abbiamo lavorato. Lavorato bene, con la mente e con il cuore.
Ma è già maggio, è già giugno.
Esami di maturità.
Se ne sono dette tante sugli esami di maturità; tante modalità differenti. Mascherine, distanze, disinfettanti, in presenza, a distanza, scritti o solo orali…….ciò che è meglio per i ragazzi, per non privarli di un passaggio importante, di una ‘’ufficialità’’ che si ricorda per sempre nella vita, di un passepartout per l’età adulta. Ma il passaggio non è un attimo, ma un percorso, un iter di gesti, fatti di azioni giornaliere, di parole scambiate, di intoppi e vittorie, di lacrime e sorrisi, di sforzi, lavoro, gioie e dolori. Alunni e professori, protagonisti di questo passaggio e di questo esame sui generis.
Le scuole sono state preparate in modo efficientissimo per la sicurezza di quanti hanno messo in moto il motore di questa maturità’’; i dirigenti scolastici e tutti i responsabili alla sicurezza hanno davvero operato in modo efficientissimo in tal senso e così il 17 giugno 2020 si è dato avvio all’esame in presenza, in sicurezza.
Le scuole tutte, predisposte per questo particolare esame di Stato; l’aula che avrebbe accolto il maturando e la commissione con il Presidente esterno, organizzate secondo le norme anti contagio, le postazioni a due metri di distanza una dall’altra, ciascun partecipante un pc, soprattutto per dare la possibilità ai commissari facenti parte dei lavoratori a rischio e quindi non presenti fisicamente, di poter partecipare in videoconferenza. Una sola prova, un orale più corposo degli altri anni, diviso in 5 parti: colloquio sull’elaborato della materia d’indirizzo svolto a casa, analisi di un testo di italiano studiato durante l’anno scolastico, percorso interdisciplinare, partendo da uno spunto tematico offerto dalla commissione, esperienze PCTO (percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento) svolte nel triennio, Cittadiananza e costituzione.
Le perplessità dell’impatto emotivo che un esame in presenza avrebbe potuto avere sui ragazzi, dopo un così lungo periodo di didattica a distanza, sono stati subito fugati dalla forza emotiva trasmessa dagli occhi dei maturandi; nonostante tutto, nonostante l’emozione forte del reincontro, di un esame importante, da svolgere in una situazione di emergenza. Giovanissimi uomini e donne che hanno davvero dimostrato, per quanto complessa sia a volte l’esistenza, che la forza che la contraddistingue può davvero fare la differenza e cambiare i possibili scenari prefiguratisi.
Commissione in postazione, sorrisi sulle labbra, per accogliere dei ragazzi che, se in prima istanza potevano apparire impauriti, poi sono stati espressione di grande maturità, serietà e forza, durante un esame di circa 60 minuti.
In fondo, se non dal punto di vista formale, dove sta la differenza con l’esame di maturità degli anni precedenti? Cambia la forma, cambia ‘’la distanza’’, la mascherina sul volto, cambiano le prove, scritte, orali, cambia forse il tipo di emozione che ha caratterizzato questo esame, ma non cambia la forza con la quale esso è stato affrontato, perché uguali sono i protagonisti. Ciò che davvero conta non è cambiato.
E non è cambiato, nonostante la DAD che ha preceduto questo esame, il rapporto tra docenti e alunni, che è alla base di ogni apprendimento che possa considerarsi efficace; non è cambiata la relazione sulla quale necessariamente deve fondarsi la didattica.
In questi mesi si è tanto parlato di relazione e soprattutto di mancanza di relazione. È chiaro, e di questo ne sono convinta anch’io, che le lezioni in presenza costituiscano ‘’la scuola’’ vera e propria, perché solo in questo modo di far didattica la relazione può espletarsi in modo più ampio e completo. Ma questa esperienza mi ha insegnato, e credo lo abbia insegnato anche ai miei alunni e agli alunni in generale, che la relazione può, anche se cercata con maggiore impegno, esistere, essere sostenuta e addirittura consolidata, anche a distanza, purché questa distanza sia appunto solo fisica e non intellettuale ed emotiva.
È vero, sono mancati dei passaggi importanti, ma tutto sembra essere stato sanato dalla reciproca fiducia, stima e affetto tra docenti e allievi. Così scrive un’alunna: “Che dire prof.? Questa maturità rimarrà nella storia, sono mancati alcuni particolari che magari prima nel nostro quotidiano non contavano più di tanto, come il suono della campanella, i 100 giorni prima della maturità, le corse contro il tempo per le ultime interrogazioni, ma purtroppo tutto ciò ci è stato tolto da un imprevisto più grande di noi. La cosa che mi è mancata di più – continua Giulia Nicolosi, VC del Liceo Scientifico Basile D’Aleo – è quella di stare tutte le mattina con i miei compagni, con persone a cui tengo molto e veramente, le persone con cui ho affrontato i periodi più duri della mia vita da adolescente. La maturità, in sé e per sé, è solo uno dei primi traguardi della nostra vita, forse per questo l’ho vissuta con tanta ansia, timore di deludere, ma mi ha reso più forte. Ho visto gente che nella vita è sempre stata molto determinata e per un periodo invece l’ho vista in preda al panico…, ma anche questo aiuta a crescere.
Non potrò mai dimenticare che durante il mio orale vedevo il volto dei prof che cercavano in qualsiasi modo, anche se da lontano, di sorreggermi.
Non dimenticherò neanche le loro espressioni durante la presentazione dei lavori svolti assieme, fieri di ciò che mi era rimasto di quelle esperienze.
Non scorderò nemmeno le loro lacrime di orgoglio, i loro volti contenti di averci reso i ragazzi che siamo oggi.
Si, la paura e l’ansia sono state nostre compagne durante questo periodo, ma hanno reso quel periodo più normale di quanto non fosse. La maturità fa paura ma la rifarei altre dieci volte pur di rivivere quei momenti belli’’.
Aggiunge un compagno di classe, Gabriele Terruso: “Sicuramente sono venute a mancare quelle piccole cose appartenenti al nostro quotidiano come l’ultimo giorno di scuola, l’ultima campanella, i 100 giorni alla maturità, la paura delle ultime interrogazioni. È stato bello rivedere i professori. All’inizio, appena sono entrato nell’aula avevo molta ansia, ma è subito passata grazie ai professori che mi hanno messo a mio agio. È stato strano ritornare a scuola per l’ultima volta da studente. Appena ho iniziato l’esame il tempo è passato in fretta, non ci si accorge di nulla, si pensa solo a parlare il più possibile. Quest’anno la maturità verrà ricordata ancora di più rispetto agli altri anni”. E un altro compagno ancora, Giuseppe Mattaliano: “Per quanto sia stata strana, particolare e differente dal solito, questa maturità non è stata tanto pesante, perché i docenti c’erano sempre per darci una mano.
Molti ragazzi hanno interpretato tale situazione in chiave negativa, ma credo vi siano stati ugualmente degli aspetti positivi da tenere in considerazione; come, per esempio, il rapporto che si è consolidato con molti docenti o come l’aver preso coscienza di qualcosa che davamo per scontato. L’aver compreso che la presenza in classe non è cosa da nulla ci ha avvicinati tutti e ci siamo uniti, per ottenere qualcosa che si desiderava da molto”.
Sono parole come queste che mi fanno pensare che la relazione sia alla base dell’apprendimento e che su di essa vada investito sempre di più. Posso inoltre affermare con sicurezza che, anche se privata in questa situazione di emergenza, forse dell’aspetto corporeo e gestuale, la relazione possa, volendo, esercitarsi anche attraverso la “distanza-ravvicinata” delle emozioni. Credo fermamente nella scuola nella sua interezza, e soprattutto come luogo di crescita non solo intellettuale, ma forse soprattutto emotiva, come luogo in cui si imparano i sentimenti, in cui si rafforzano i valori, in cui possono essere scoperti i talenti e a volte anche i problemi, luogo in cui i giovani animi, e non solo, possono trovare confronto positivo, luogo in cui poter crescere in modo armonico. Luogo di crescita in generale anche per noi insegnanti che dai nostri alunni apprendiamo in ogni istante, purchè la ‘’connessione’’ sia solida e continua.
La maturità 2020? Diversa si, ma il bilancio è positivo.