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Torna in cattedrale l’Odigitria di Guglielmo

Restituita al culto l’icona della Madonna Odigitria nella Basilica cattedrale

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Monreale, 26 settembre 2017 – Viene restituita al culto, dopo 206 anni, la Madonna Odigitria, (etimologicamente “colei che indica la via”), l’icona dinanzi alla quale Guglielmo II avrebbe offerto la bolla d’oro della fondazione dell’Abbazia di Monreale nel lontano 1176.

E proprio nella ricorrenza del 750° anniversario della dedicazione della Basilica, quest’icona , a seguito di un lungo intervento di restauro promosso dalla Fondazione Sicilia sotto l’egida del prof. Sebastianelli, è stata al centro di una cerimonia di accoglienza e benedizione, svoltasi questo pomeriggio al Duomo, alla presenza delle autorità religiose e civili, e presieduta dall’Arcivescovo Mons. Pennisi.

Quest’opera d’arte, precedentemente ascritta alla produzione iconografica bizantina risalente al XIII sec, è stata recentemente retrodatata alla seconda metà del XII sec. Sulla scorta di interessanti indagini condotte sui pigmenti delle tavole lignee sembra infatti che l’icona, non solo sia coeva dell’epoca della fondazione e quindi compatibile con la tradizione che ne riconosce il “capezzale” del re Guglielmo, ma sia un’opera di fattura siciliana, come suggerisce del resto l’impiego dell’abete dei Nebrodi, obbediente ai canoni stilistici della temperie artistica di età normanna.

La Tavola, posta in origine nell’area absidale e spostata in epoca postridentina nella controfacciata, rimase all’interno del Duomo fino all’incendio da cui fu danneggiata nel 1811; la sala rossa del Palazzo Arcivescovile prima e il Museo Diocesano dopo l’hanno custodita fino ad oggi.

Il tema iconografico della Theotòkos che indica la via, largamente diffuso nell’Italia Meridionale e nel mondo ortodosso, unitamente a quello dell’Eleusa (la Vergine che intercede), di cui l’icona presenta i tratti, evoca, come ha sottolineato l’Arciprete don Nicola Gaglio, una forte relazione con l’icona del Cristo nella misura in cui l’arte visiva diventa veicolo privilegiato della parola e le immagini teologia in forma iconica.

Citando Gregorio Magno secondo cui “l’immagine ha una doppia valenza, retroattiva e prospettica”, l’Arcivescovo ha posto l’attenzione sul valore dell’icona come sigillo del vincolo che lega la Vergine al Cristo e alla Chiesa e come ipostasi che rende visibile l’invisibile.

Al termine della liturgia, il vicedirettore della Scuola teologica di base dell’Arcidiocesi, don Simone Billeci, ha dato lettura della prolusione dell’anno accademico che, come da programma, avrebbe dovuto essere tenuta da Mons, Chrysostomos Savatos, Metropolita della diocesi di Messinia in Grecia, non presente per ragioni di salute. La lectio magistralis, “La dimensione antropologica delle icone sacre”, ha sviluppato una riflessione teologica sulla funzione pedagogica delle icone cui, a partire dai dettami del VII Sinodo ecumenico, viene riconosciuto un enorme valore educativo in ragione della potenza espressiva delle immagini che, più della parola, possono interpretare le Sacre Scritture.

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