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NEL PAESE DI «ARTOPOLI» ACCADONO COSE FAVOLOSE

Riproduco la foto scattata, in digitale nel mio immaginario, per raccontare quanto è accaduto a una comitiva di turisti romani recatisi ad “Artopoli” (un luogo della mia fantasia, è ovvio), la capitale dell’arte, ed incappati in una situazione veramente “fantastica”. Il pullman, introdottosi nella piazza principale, è rimasto incastrato in una situazione inconfutabilmente senza uscita. Il vigile solerte non ha potuto multarlo.

Lo sfondo dell’immagine è frutto del caso e della mia comodità; una scelta a “chilometri zero” per agevolare la voglia di non fare troppa strada.

Ma è bene raccontare l’antefatto (tutto inventato). La nuova amministrazione di Artopoli, tramite l’assessore al ramo (anzi uno dei due aventi competenze) aveva deciso di incontrare gli artisti del luogo per progettare un futuro migliore. Tutti, durante quell’incontro, hanno detto la loro; uno dei presenti (tra quelli più all’avanguardia) ha affermato che “è ora ormai che l’arte esca dai musei” (facendo riferimento, mentalmente, a episodi di “street Art” e altre sperimentazioni fatte nel mondo e anche a Parigi, ma senza mai portare la «Gioconda» al «Moulin Rouge»).

L’asserzione è stata fraintesa e l’assessore, senza dire nulla ai presenti, aveva già deciso di cogliere la palla al balzo. Finito l’incontro è tornato nel suo ufficio al Museo, attraversando i corridoi stracolmi di opere d’arte e ripetendo più volte a se stesso: “è ora che l’arte esca dai musei!” … “è ora che l’arte esca dai musei!”.

Le opere d’arte, che hanno il sesto senso, hanno subito percepito l’intenzione e, confabulando tra di loro, hanno ordito il loro piano di fuga; bastava soltanto attendere il momento propizio.

E fu così che, trascorso poco tempo, ad Artopoli fu possibile rimanere bloccati per strada e nelle piazze dalle opere dei grandi Maestri che nel frattempo erano riuscite ad “evadere” dal Museo per posizionarsi negli stessi luoghi che i candidati presidiano in occasione di ogni turno elettorale, allettando i votanti con promesse fantastiche (anche quelle vere e proprie opere d’arte dell’inventiva).

E come, spesso accade, a dare il cattivo esempio sono stati i migliori: le opere di Giorgio De Chirico, Carlo Levi, Carlo Carrà, Ardengo Soffici, Virgilio Guidi, Filippo De Pisis ed altre ancora, tutte per strada a infastidire i passanti e bloccare i turisti romani.

Un comportamento inaspettato da quadri così titolati, laureati dalle accademie più importanti e dai migliori collezionisti del mondo. Ma, come si suol dire, l’«occasione fa il quadro ladro».

I quadri attuavano l’«evasione» rapidi come saette, approfittando di qualche momento di distrazione  del Direttore del Museo, il Dott. Ulisse Autowiski. Distrazione involontaria, è giusto dirlo, dal momento che l’incolpevole Direttore era stato momentaneamente intrattenuto da una pattuglia della stradale e sottoposto alla prova del “palloncino”; soltanto per colpa del suo cognome. Io conosco bene il Direttore Ulisse Autowiski – avendolo inventato – e posso giurare che è del tutto «artemio» (scusate volevo scrivere «astemio», perché artemio è chi risulta intollerante all’arte, ma qui non c’entra nulla) e non ha mai, dico mai, bevuto una sola  goccia di qualsivoglia sostanza alcolica.

Al Direttore, dopo essere stato rilasciato, non è rimasto altro che tornare all’interno del museo e ringraziare le opere d’arte, quelle ignoranti senza lauree e neanche la licenza elementare, (che peraltro non erano state neanche sfiorate dall’idea di muovere un passo), e accettando ipocritamente i ringraziamenti, pensavano: “Col cavolo che usciamo da qui per nostra volontà … siamo riuscite ad imbucarci e potranno rimuoverci soltanto con la forza!”

La clamorosa protesta, dopo moderate lamentele di alcuni cittadini e dei turisti romani, è subito rientrata. E i quadri importanti hanno giustificato la scappatella così: “Siamo stanchi di stare accalcati, senza neanche lo spazio per respirare; un trattamento simile non è riservato neanche ai «quadretti cattivi e ignoranti», quelli senza neanche la licenza elementare, ristretti alle pareti delle celle dell’Ucciardone.” (Sulla sorte di questi ultimi non c’è da preoccuparsi: prima o poi a rimetterli in libertà ci penserà il Museo di Artopoli, magari iscrivendoli d’ufficio alla prossima Biennale).

Il traffico dei pullman, nella capitale dell’arte, (avendo i suoi abitanti sborsato la Tari ed essendo stato pagato agli operatori ecologici uno degli stipendi arretrati) è ritornato normale. I turisti romani, se vorranno, potranno riprovarci.

Tuttavia, se ad Artopoli si cambierà il cognome al direttore del museo e si pagheranno con regolarità gli stipendi a chi lavora, tutti potranno vivere … felici e contenti.

Gli artisti del luogo, dopo le incresciose vicende, hanno incontrato anche l’assessore co-competente che li ha rassicurati: “Ripartiremo dal punto zero”. I creativi indigeni ci hanno creduto!

Io, per fortuna, non vivo ad Artopoli e al mio paese cose così inverosimili non potranno mai accadere. A Monreale stiamo molto attenti a tutto, anche ai minimi dettagli; anche perché siamo in continuo fermento…, fremiamo in attesa che ci arrivi la “timbrata” dell’UNESCO.

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