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A Monreale sfasciare la Giunta comunale è di Moda, … di ALTA MODA!

Dalla ringhiera segata all’inosservanza dei piccoli comandamenti parrocchiali

Il grande evento che ha portato a Monreale la haute couture (alla quale abitualmente non dedico interesse ed attenzione), già dal primo annuncio, ha coinvolto anche me; come tutti gli altri cittadini, avendone intuita la portata faraonica, sono stato appassionatamente trascinato e, per quanto possibile, ne sono stato testimone. Sin dall’avvio, letteralmente grondante anche di curiosità, ogni mattina ho dedicato una visita al cantiere e ho visto crescere la scalinata, assemblare la passerella, disporre le luci, allocare i generatori di corrente e stendere i cavi elettrici. Sin dal primo istante ho apprezzato la genialità dell’intuizione progettuale, la nitida certezza nel predisporre gli elaborati esecutivi e nel pianificare le fasi di realizzazione, il corale sincronismo delle squadre di operatori impegnati su tutti i fronti. Un modello di genialità e operatività che per la nostra comunità potrebbe rivelarsi prezioso se soltanto, in dosi progressive, provassimo a metabolizzarlo.

Da parte mia, quindi, l’apprezzamento è quasi incondizionato. Ciò, tuttavia, non può impedirmi di pensare, riflettere, esternare talune personalissime considerazioni e mettere in evidenza taluni dettagli. 

Il Sindaco ha fatto bene o a fatto male?

Ha colto la palla al balzo e ha fatto benissimo. Che l’interesse per il nostro patrimonio monumentale da parte della coppia di stilisti fosse rilevante lo si era capito sin dal 2013, quando con la loro collezione autunno-inverno hanno vestito da cattedrale di Monreale le miliardarie di mezzo mondo. La recente omologazione da parte dell’Unesco, ovviamente, ha ri-solleticato la creatività della coppia e la scelta dell’itinerario patrimonio dell’umanità, quale teatro per le sfilate di quest’anno c’era da aspettarselo (così come l’esclusione di Cefalù, già intasata dal turismo residenziale e balneare). E siccome “volere è potere”, la sfilata qui andava messa in scena e non altrove, tenuto conto che alla realizzazione dei “capi a tema”i due stilisti ci stavano lavorando da non meno di un anno!

Bene ha fatto il Sindaco, confortato dall’area governativa, ad accogliere spontaneamente la proposta incondizionatamente, evitando il mortificante barattare e le probabili ingerenze delle alte sfere vaticane o delle controfigure dell’ex premier. La sfilata qui s’aveva da fare!

Qualche cittadino si è lamentato , con argomentazioni più o meno sostenibili e perdonabili eccessi di sciovinismo comunale, non tali, a mio parere, da giustificare lo smantellamento della coalizione amministrativa e l’ennesima defenestrazione di assessori incolpevoli. Tutto ciò è puro autolesionismo che viaggia nella direzione opposta rispetto all’efficientismo mostratoci nei giorni che hanno preceduto la sfilata e che dovremmo assumere come modello.  Ma le ragioni forse, come moltissimi sostengono, sono ben altre.

Il balcone segato e lo spolverino rammendato.

Nel corso della mia prima visita al cantiere gli occhi, malauguratamente, sono andati a posarsi sul balcone che sovrasta il portone d’accesso al Guglielmo rilevando l’assenza della ringhiera murata e, al posto di essa, l’apparizione di una transenna simile a quelle che in questi giorni è possibile vedere all’arrivo di ogni tappa del Tour de France. “La rimetteranno a posto” – mi è stato subito detto. Grazie al cavolo – ho risposto – ci mancherebbe pure che ci lasciassero la transenna. “Sellate la mula” mi sarebbe venuto da urlare, come il Don Lolò Zirafa ne “La giara” di Luigi Pirandello. Qualsiasi oggetto se integro ha un valore, se lo si rompe e lo si rimedia alla sans façon lo stesso valore non ce l’ha più…, “elementare caro amico” – sarebbe stata la conclusione qualora Don Lolò si fosse affidato a Sherlock Holmes. Io la penso alla stessa maniera.

Supponiamo, ad esempio, che Melania Trump si fosse procurato uno strappetto allo spolverino da 51.000 dollari, griffato D&G, che indossava in occasione del recente “attracco” a Taormina e che lo si facesse rammendare (meglio di come deliberatamente abbiamo fatto io e Photoshop). In quanto consisterebbe il decremento da rammendo? A mio parere sarebbe consistente fino al punto da far conferire l’indumento danneggiato nel cassonetto più vicino alla Casa Bianca. Applicando lo stesso principio alla nostra ringhiera, forgiata qualche secolo fa e che per fortuna non è finita tra i rifiuti ingombranti, in che cifra può essere quantificata la svalutazione derivante dall’aver segato e poi saldato (alla meno peggio) l’accessorio in ferro? Mi astengo dall’azzardare ipotesi e giro l’interrogativo agli organi competenti.

La saldatura della ringhiera del Guglielmo e lo spolverino di Melania Trump

 A Palermo in certi casi si “sbarca”, in altri si “attracca”.

Con l’avvicinarsi dell’evento, sui media è stato un crescendo di attenzione che ha raggiunto l’apice, durante le fasi preliminari, al momento dell’l’attracco a Villa Igea del Regina d’Italia, il megayacht dei due designer di altissima moda. Una pioggia di immagini dell’imbarcazione, dichiaratamente monarchica, sottraeva sempre più spazio a quelle relative agli “sbarchi” di migranti, dilaganti nei giorni precedenti. Una forte sollecitazione per mettersi a riflettere e interrogarsi, mettendo su un piatto della bilancia gli “approdi” e sull’altro gli “sbarchi”… Spero che, tra una sfilata e l’altra, comincino a farlo, ma molto rapidamente e seriamente, i potenti di tutto il pianeta. Durante la riflessione sono stato collaborato da Photoshop.

Sbarchi e attracchi a Palermo

Ero presente in piazza V. Emanuele a Monreale l’8 luglio 2017.

Ebbene, quel giorno c’ero anch’io e non sarà necessario raccontarlo a mio nipote perché eravamo insieme. Subito dopo l’arrivo in piazza, com’era ovvio, mi sono imbattuto nei fotografi: un caffè con l’eccezionale Igor Petix (che già ringrazio per il fotogramma che ho preso in prestito e utilizzerò più avanti) e con l’abilissimo Giuseppe Giurintano (ma ancor prima con il suo obiettivo) che pochi istanti prima mi aveva ritratto con espressione molto pensierosa. A lui e ad altri, su Facebook,  ho raccontato così a cosa stavo pensando:

Sergio Mammina ritratto da Giuseppe Giurintano

“Ho condiviso ieri la bella foto in cui Giuseppe Giurintano, con la consueta maestria, ha ritratto me e i miei pensieri, indotti dal contesto e rimasti nel privato più assoluto, ma che ho deciso di rendere noti.

Nei lontanissimi primi anni ’70, nello stesso luogo in cui l’obiettivo mi ha beccato nel giorno dell’evento megagalattico, la piazza Vittorio Emanuele, ebbi il privilegio di passeggiare (più di una volta) con Leonardo Sciascia e Stefano Vilardo. A testimonianza di quei momenti, che custodisco con riverente accortezza negli spazi della mia memoria, potrebbero essere recuperate le impronte indelebili lasciate dai due grandi scrittori e ormai sepolte sotto quelle degli strati recenti che copiosamente documentano l’attuale pratica del continuo ruotare dietro a se stessi conversando sul nulla. Dopo quel giro, attraversando piazza Guglielmo, ci recammo al forno dell’Itria per materializzare il vero scopo della “missione”: l’acquisto del pane di Monreale.

A quelle passeggiate stavo ripensando, mentre Giuseppe mi fotografava, e alla gran fortuna che ebbi, in quelle occasioni, dal momento che a nessun grande stilista era passato per la mente di rendermele impossibili.

Poi, essendo i pensieri come le ciliegie, mi tornava in mente quanto Leonardo Sciascia, nell’epilogo de “Il giorno della civetta”, ha affidato alle parole di don Mariano Arena nel rivolgersi al Capitano Bellodi che trascrivo letteralmente: «Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi… E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo… ».

Inevitabilmente ho anche recuperato dalla memoria la figura fondamentale del romanzo di Stefano Vilardo “Una sorta di violenza”, Lorenzo Cutrano, “… che non è solo brutto: anche poverissimo, siciliano del centro depresso della Sicilia, accidioso per forza di cose, sfortunato e sempre, appassionatamente, dalla parte sbagliata del mondo. […]”.

Questo si sarebbe letto se i mie pensieri (nella foto che ho condiviso) fossero stati decifrabili, ma, ancor di più, si sarebbe reso visibile l’interrogativo che fortemente m’incuriosiva: con quale criterio i personaggi creati dai due scrittori, don Mariano Arena e Lorenzo Cutrano, avrebbero impostato le transenne, posto veti, separato le categorie umane e distribuito “pass” e “braccialetti”… nel giorno dell’evento megagalattico.”

(N.d.r – Il “mi piace” e la “condivisione” sul social da parte dello scrittore Stefano Vilardo, mi hanno riempito di orgoglio, oltre ad aver certificato l’enorme distanza che c’è tra me e la millanteria). 

Salutati gli amici fotografi, come tutti gli altri appartenenti alla mia stessa categoria, mi sono pazientemente installato dietro le transenne, come se dovesse passare il Giro d’Italia, mentre a passare erano soltanto furgoncini di alto rango adatti al trasporto di esemplari umani di omologa levatura e resi assolutamente invisibili per via dei vetri all’uopo “incatramati”. I trasportati venivano restituiti al piano di calpestio della piazza, con ritmo incalzante, soltanto davanti al portone del Municipio; troppo distanti per essere guardati in faccia ma non perché se ne potesse valutare la statura, l’abbigliamento (oculatamente selezionato per passare inosservati), l’andatura decisa o dondolante come da modelli in passerella. Così è andata e ci siamo accontentati!

La processione rattristante degli (apparentemente) luttuosi, se pur nobili furgoncini, veniva brevemente interrotta dall’arrivo di un’auto “blu” (ma anch’essa nera) dalla quale schizzava una personalità capace di far scoppiare una vera e propria ovazione. Non si trattava dell’attesissimo Brad Pitt, bensì di Leoluca Orlando, altrettanto popolarissimo Sindaco di Palermo. Non ho distolto un attimo lo sguardo perché mi aspettavo che all’improvviso comparisse Biagio Cigno (portabandiera dell’amicizia vera), munito di taccuino e pronto a raccogliere le impressioni del primo cittadino del capoluogo dopo l’avvenuta lettura del romanzo di Tonino Russo, “Guglielmo il buono, la fatale imprudenza”, che egli stesso giorni prima gli aveva cordialmente regalato. Lo scrittore, ex parlamentare e oggi tra gli aspiranti al ruolo di neo assessore, avrebbe così potuto, in maniera fondata, ribadire il suo essere orgoglioso o, nel peggiore dei casi, tacere.

“Amazing, amazing”,  ripetevano gli ospiti.

Ho visto diversi occhi inumidirsi alla vista dei mosaici del Duomo, ne sono rimasti folgorati” – ha raccontato Don Gaglio, parroco della Cattedrale. “Amazing, amazing”, continuavano a ripetere con gli occhi rivolti all’insù gli invitati provenienti da ogni parte del mondo” […].

Nel leggere queste considerazioni mi è subito tornata in mente la sequenza d’immagini di un  video servizio, firmato da Giada Lo Porto e Igor Petix, pubblicato sul sito Repubblica.it, e in particolare un fotogramma che ho ritrovato e preso in prestito. Ho aggiunto soltanto il dettaglio del cartello apposto all’ingresso della Basilica Cattedrale, che detta precise ed inderogabili norme di comportamento, piccoli comandamenti parrocchiali per chi decide di mettere piede all’interno della sacra “location”. Ma è proprio certo il carissimo Don Nicola che, mentre ripetevano “Stupefacente, stupefacente” gli occhi fossero rivolti all’insù? A parte, è ovvio, quelli palesemente indirizzati verso gli schermi degli iPad di ultima generazione. E dire che all’appariscente ospite sarebbe bastato un semplice pareo, coerentemente griffato, per evitare di apparire anche irreverente; con tre, quattromila euro se la sarebbe sicuramente cavata. Ma, volendoci ripensare, perché nessuno le ha impedito di entrare, così come accade, ogni giorno, a tutte le visitatrici provenienti dall’altra parte delle transenne?

Gli invitati di D&G in visita all’interno del Duomo

Rifarsi al modello Dolce & Gabbana per risolvere la crisi di Giunta.

La lezione impartita alla nostra comunità dall’organizzazione della grande casa di altissima moda non può essere equivocata: idee chiare sin da subito, elaborazione del progetto e pianificazione di ogni dettaglio, corale sincronia e coscienza del ruolo di ciascuno, rispetto dei tempi di esecuzione e legittimi trionfalismi finali. Ma, soprattutto, ci è stato insegnato che quando si è creativi in coppia le cose vanno veramente alla grande. Perché allora non adattarsi al sistema portatoci fin dentro casa e brevettare la formula degli “Assessorati dimezzati” o, meglio, degli “Assessori raddoppiati”? 

Spiego rapidamente: ciascun assessorato potrebbe essere attribuito ex aequo a due aspiranti assortiti in modo funzionale, in modo tale, cioè, che uno risulti naturalmente predisposto e possegga i pre-requisiti minimi e l’altro sia preposto alla ricerca di potenziali suffragi in vista delle imminenti elezioni regionali. Assessorati dimezzati affinché gli assessori siano raddoppiati. Se si facesse al contrario sarebbe necessario ricorrere alla provvidenziale cannonata, come accade a Medardo di Terralba nel “Visconte dimezzato” di Italo Calvino oppure, con le attuali tecniche, direttamente alla chirurgia. Si dimezzerebbe la “fila” degli aspiranti, si ridurrebbero i conflitti esasperati (talvolta incomprensibili e paradossali) in ragione dei quali gli stessi assessori già defenestrati sono costretti a schierarsi dalle parte di chi li ha messi al bando, pur di veder soccombere il “compagno” della porta accanto che lo si vorrebbe trasferito in altro “condominio”.

Efficacissimo sarebbe l’impatto sul piano della comunicazione. E, una volta risolta la crisi (in tempi dimezzati), poter annunciare così la nuova lista dei componenti la Giunta: assessori alla cultura o, ancora meglio, alla “Haute Culture”  (uso nomi di fantasia) Castrense Cannolo & Totò Rifardo, “Cannolo & Rifardo”, suona benissimo… proprio alla maniera  di Dolce & Gabbana!

Questo è soltanto l’embrione di un colpo di genio; lo affido agli interessati perché sia ulteriormente elaborato, con la raccomandazione di darci sotto subito e non dimenticando che anche le Giunte comunali ogni volta che vengono strappate, segate e poi rammendate e saldate perdono gran parte del loro originario valore.

I progetti da realizzare non mancano e, sulla scia della recente esperienza, si potrebbe insisterei nel settore dell’alta moda. Una bella botta di “Rosso Valentino” non guasterebbe, considerato il continuo sbiadirsi, a Monreale, di quel colore. Siamo già al rosa pastello, tendente al bianco fiore… ma non quello di una volta!

Per concludere, uscendo dal faceto, formulo un proposta molto seria: puntate sulla rapidissima apertura del Museo Narrativo: una installazione già bella e pronta, di elevatissima qualità e prestigio, fortemente attrattiva, pensata e realizzata da professionisti anche di caratura internazionale, che, soprattutto, non lascerà Monreale dopo un’effimera passerella. Potrei mettere la mano sul fuoco: avrà grande successo! Buon lavoro.

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