Durante la prima puntata di Sanremo il tempo si è fermato per 12 lunghissimi minuti.
Dopo le critiche dei mesi scorsi, le accuse, le invettive sulla sua partecipazione, sul suo essere anti-italiana, anzi non italiana, financo sovversiva (e via offendendo), ieri sera sul palco dell’Ariston la giornalista italo-palestinese Rula Jebreal ha emozionato, fatto riflettere e zittito le polemiche, le cattiverie, i pregiudizi, stravincendo.
Ha vinto perché è una donna vera, perché è intensa, perché sa sapientemente sviscerare il dramma di una violenza comune a tante, troppe donne: madri, mogli e figlie, perpetrata da compagni, mariti, fratelli e padri che non hanno mai smesso di essere solo “padroni”.
E sa sviscerarlo, questo dramma, con forza e delicatezza, celebrando l’amore che si fa musica, nelle parole appassionate delle più celebri canzoni, mescolandolo con la gelida crudeltà di ben altre parole, irriguardose e aggressive, che certi “uomini di legge” solitamente rivolgono, nei tribunali, alle vittime di stupro. Lo strazio di una perfida, ingiusta difesa racchiusa in domande che sembrano gettate lì quasi per caso, banali nel loro irriverente squallore: che biancheria indossava quella notte?
Rula, una donna colta, una donna coraggiosa, una donna bellissima, una donna mediorientale che sfida, col suo esistere e vivere intensamente nel mondo, gli stereotipi più ostili e più difficili da estirpare.
Così tra il testo di “La Cura” di Battiato o de”La donna cannone” di De Gregori, ci racconta vissuti travagliati di donne reali. Quello di sua madre morta suicida, quando lei aveva solo cinque anni, per non essere riuscita a riemergere dal tunnel di un doppio violento stupro, troppo profondo per essere dimenticato. Quello di se stessa, dell’orfanotrofio che l’ha accolta orfana e dell’incolmabile vuoto di quella precoce assenza.
Con garbo e fermezza confida a tutte noi la forza che ha profuso nel diventare ciò che è, celebrando come artefice di quella forza un’altra donna della sua vita, la figlia, ormai adulta.
Rula, una donna, una professionista raffinata che ci rimanda un’autorevole compostezza, malgrado i tormenti al limite dell’inenarrabile, misti ai suoi meritati successi. Tenacia, malgrado i dirupi di una vita non sempre lineare. Intelligenza, malgrado una bellezza superba, fatta apposta per alimentare i soliti beceri pregiudizi.
Per questo non si può non ringraziare Rula Jebreal per ciò che ci ha saputo trasmettere e per il modo che ha scelto per parlarci, guardandoci dritto negli occhi.
Un tributo elaborato da una donna alle donne, affinché nessuna sia più costretta a nascondersi, a gettare la spugna, a insabbiare i propri sogni, a ingoiare le proteste, subendo quella scala infernale che molte donne in ogni parte del mondo e in ogni ambiente conoscono: pregiudizi, disparità, violenze, abusi, morte.