MONREALE – Non sfugge al visitatore della Cattedrale di Monreale l’immagine di Sant’Agata tra i santi del catino absidale sovrastato dall’imponente Pantocratore. La vergine e martire siciliana, patrona di Catania, compatrona di Palermo, tra le Sante più amate della Sicilia, apre la teoria di santi del primo registro in basso, che viene chiuso da un’altra donna: Santa Maria Maddalena. Le ragioni di questa collocazione, così significativa rispetto alla disposizione del ricco santorale che avvolge l’intera basilica monrealese, può avere varie spiegazioni.
Agata, sin dal suo martirio nel 251 d.C. conobbe un culto tra i più antichi e diffusi della cristianità, sia in Oriente che in Occidente. La sua devozione si attesta nei primi Martirologi ed entrò nel Canone romano della S. Messa. Per i normanni, inoltre, la vergine catanese rivestì una notevole importanza perché le sue spoglie mortali nel 1040 vennero trafugate e traslate a Costantinopoli dal generale bizantino Giorgio Maniace, e tornarono a Catania nel 1126, grazie all’intervento di due soldati che le riportarono in Sicilia, restituendole al vescovo di Catania Maurizio, il quale lesse in questo fatto un segno della benevolenza divina nei confronti dei dominatori normanni. La Chiesa di Monreale, eretta nel 1183 e dotata dal re Guglielmo II e dai Pontefici di numerosi privilegi, ebbe sin dalla sua fondazione l’antica diocesi di Catania come sua suffraganea, cui venne aggiunta nel 1188 la Chiesa di Siracusa, che dipesero da Monreale fino a metà del XIX secolo. Dunque, il culto di Sant’Agata, patrona di Catania, non poteva non essere messo in rilievo dai normanni per la Cattedrale di Monreale.
Eppure a Monreale ritroviamo due sante con l’iscrizione “Sancta Agatha”. La seconda è un po’ più nascosta al visitatore, perché si trova nel transetto settentrionale, nel primo registro in alto, in corrispondenza dell’arco dove campeggia il martirio di San Paolo, che immette nell’abside dell’apostolo delle Genti. Alzando lo sguardo in alto, sopra le canne dell’organo monumentale, la parete del grande arco presenta sei figure femminili, tre per lato. La prima in alto a sinistra riporta stranamente la didascalia “Sancta Agatha”. Questa ripetizione è il frutto di una vera e propria sostituzione, avvenuta durante i restauri del 1818-1821. Infatti, l’incendio dell’11 novembre 1811 distrusse interamente i mosaici a più stretto contatto con i tetti che bruciarono, e tra questi anche l’immagine della vergine Santa Restituta. Come è possibile risalire all’identità vera dell’icona che oggi appare sotto le mentite spoglie di Sant’Agata?
Il card. Ludovico II De Torres ce ne dà notizia nella “Descrizione del Real Tempio e Monasterio di Santa Maria Nuova di Morreale” che pubblicò a Roma nel 1588 sotto lo pseudonimo del segretario, Gio. Luigi Lello. L’opera venne compilata durante il periodo in cui il futuro cardinale e arcivescovo di Monreale era vicario generale dello zio Ludovico I. Si tratta di un’opera fondamentale per comprendere come appariva la Cattedrale nel XVI secolo e quali cambiamenti avvennero successivamente. Il libro venne poi inserito all’interno di un’altra opera, l’”Historia della Chiesa di Monreale”, stampata a Roma nel 1596. Un secolo dopo, nel 1702, l’opera verrà ampliata dall’abate Michele del Giudice e corredata di bellissime Tavole calcografiche che rappresentano quanto contenuto nel libro, ed in modo particolare i mosaici della Cattedrale.
Attraverso queste fonti è possibile risalire alla rappresentazione dei mosaici e alla loro precisa collocazione, e quindi alla presenza di Santa Restituta. Non sappiamo esattamente se si tratti della Santa di Napoli o di Sora, sebbene la presenza della reliquia del braccio della vergine originaria di Sora nell’Abbazia di San Martino delle Scale, nel territorio monrealese, faccia propendere per quest’ultima.