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Dal Donbass a Kiev per poi scappare in Italia. La storia di Iryna e della nuova casa trovata a Monreale

“Mi ricordavo bene, purtroppo, il suono della guerra. E lo scorso 24 febbraio, riconoscendolo, non abbiamo esitato a fuggire”

MONREALE – “Conoscevo già il suono della guerra, quel suono che avevo sentito già nel 2014 quando sono iniziati i bombardamenti nella mia regione, l’ormai tristemente famoso Donbass. E lo scorso 24 febbraio, di mattina, mio figlio mi svegliò dicendomi di aver sentito di nuovo quel terribile suono. Non potevo crederci, non volevo crederci. Ma purtroppo era così. Subito dopo tanti rumori si sono aggiunti, imposti e sovrapposti: rumori di gente che correva giù per le scale, per strada. Che scappava dalla guerra”.

Inizia così il racconto di Iryna Zyncovych, una donna ucraina forte e coraggiosa che, scappando dalla guerra e guidando per mezza Europa, si è rifugiata a Monreale ospite del monrealese Filippo Riina con i suoi due figli poco più che bambini.

“L’Ucraina è un paese multiculturale, dove convivevano ucraini, russi, ebrei, greci; non c’è mai stato problema di sorta. Io stessa sono ucraina e mi sento ucraina ma parlo russo e sono originaria di Donesk, nel Donbass, regione a maggioranza russa. Già nel 2014 però, come vi dicevo, sono iniziati i bombardamenti da parte della Russia che rivendicava il dominio della regione. E l’Ucraina rispondeva agli attacchi. Ci siamo ritrovati dunque tra due fuochi ed è per questo che io, da sola con i miei figli, ho deciso di scappare e di andare a Kiev. Non avevo una grande disponibilità economica e non potevo neanche vendere le mie proprietà in Donbass che nel frattempo si erano svalutate vertiginosamente. Mi sono dunque sbracciata: sono una dentista e ho trovato un buon lavoro in una clinica dentale e successivamente anche al Dipartimento di ortodonzia pediatrica dell’Università di Kiev. I miei figli andavano a scuola, sono riuscita nel frattempo ad acquistare un appartamento dove vivevamo noi tre (io e i miei due figli) e vivevamo felici. Fino a quel maledetto giovedì 24 febbraio”.

Iryna parla inglese, a tratti si preoccupa di riuscire a spiegare bene fino in fondo le emozioni che ha provato e la situazione in cui si trovano lei e tutti i profughi che hanno dovuto in fretta e furia lasciare tutto e scappare verso una meta indefinita.

“Non sono mai stata brava a guidare l’auto – continua Iryna – ma quel giorno, dopo aver messo dentro uno zaino le prime cose che capitavano, ho preso i miei figli e siamo scappati da Kiev guidando per 15 lunghe ore senza sosta. Non si trovava carburante e quelle poche stazioni di rifornimento aperte avevano file chilometriche che però ci toccava fare, non avendo alternativa. La nostra destinazione era il confine con la Moldavia perchè, come degli amici mi avevano riferito, ai confini con la Polonia e con l’Ungheria c’erano file che arrivavano a due giorni di attesa. Per farla breve, alla fine siamo arrivati sani e salvi in Moldavia, dopo ‘solo’ 7 ore di fila al confine. Ero stremata, non ci vedevo quasi più, mi tremava il corpo e abbiamo dormito nel primo posto che ci è capitato. Il nostro viaggio è continuato poi lungo la Romania dove per fortuna abbiamo trovato delle persone buone che ci hanno ospitato ed aiutato in ogni modo. Non sapevo neanche dov’ero esattamente, non sapevo cosa fare, dove andare. Per fortuna degli amici, tramite chat, mi hanno offerto ospitalità chi in Polonia, chi negli Stati Uniti, chi in Italia. Ed è proprio quest’ultima destinazione che ho scelto, ed eccomi qua. Colgo l’occasione per ringraziare Filippo, la sua famiglia e i suoi amici che mi stanno ospitando ad aiutando davvero tanto. E tutte quelle altre persone che si sono prodigate per aiutarci, per trovarci anche da vestire dato che, essendo scappati in fretta e furia, non avevamo neanche di che cambiarci”.

Quando si parla di futuro, però, ad Iryna batte forte il cuore: “Non so cosa farò, il mio futuro non è affatto chiaro. So solo che adesso sono in un luogo sicuro per me e per i miei figli che, nel frattempo, hanno ripreso a studiare attraverso una piattaforma digitale che il Governo Ucraino ha messo a disposizione per tutti gli studenti. Sto studiando anch’io l’italiano, per il resto dovremo solo attendere”.

Quando le chiediamo cosa pensa della Russia e di Putin, Iryna non usa mezzi termini: “Putin è un pazzo, è malato, è uno psicopatico. E tante persone stanno soffrendo pene indicibili per colpa sua. E tanti giovani stanno morendo sotto le armi, giovani che fino ad un mese fa non avevano mai neanche preso un’arma in mano. Potrei paragonare Putin a Hitler. Come il dittatore nazista odiava gli ebrei, credo che Putin odi noi ucraini e vuole sterminarci”.

Parole forti quelle di Iryna, che non lasciano spazio all’interpretazione.

“Putin vuole il controllo assoluto, vuole la supremazia della Russia. E l’Ucraina sta combattendo per la sua libertà. Cosa mi auguro per il futuro? Proprio questo, la libertà per il mio paese, la possibilità di poter vivere liberamente in un paese democratico”.

Chissà se e quando il desiderio di Iryna si realizzerà, intanto ci auguriamo che le atrocità della guerra possano finire il prima possibile e che tutte le persone innocenti, come la nostra amica e i suoi figli, non debbano più soffrire per ragioni di soldi, di politica, di potere”.

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