La pandemia da coronavirus sembra volgere al termine ma in realtà non è proprio così. Una nuova ondata di covid ha già preso piede in Italia con un rapido incremento dei nuovi casi, rassicurano invece le ospedalizzazioni che restano stabili, specie le terapie intensive.
La curva dei contagi punta comunque verso l’alto facendo registrare un +36% di casi in 7 giorni mentre, frena la discesa dei ricoveri in area medica (-3,5%) mentre rimane stabile quella di terapie intensive (-16,4%) e decessi (-18,7%). Il monitoraggio settimanale della Fondazione Gimbe parla chiaro in merito alla situazione pandemica in Italia.
Nella settimana 9-15 marzo si è registrato un incremento di nuovi positivi (+379.792) a fronte di un lieve aumento dei tamponi (+8,4%). Osservando i singoli territori si evidenziano 17 province con un’incidenza pari a oltre 1.000 casi per 100.000 abitanti mentre salgono a 66 quelle con incidenza superiore a 500 casi per 100.000 abitanti.
Cattive notizie anche dal fronte vaccini. Secondo la fondazione Gimbe nella settimana che va dal 9 al 15 marzo “la campagna vaccinale si è fermata”. Nell’ultima settimana il numero di somministrazioni è stato di 441.837 con una media di circa 63 mila somministrazioni al giorno. Si riducono del 6,6% invece, le terze dosi (320.925). La fondazione specifica che gli italiani ancora vaccinabili sono 4,6 milioni con prima dose, mentre 2,9 con dose booster.
Meno attenzione
I due fattori che influenzano la veloce propagazione del virus sono: il calo di attenzione e il calo della protezione vaccinale. La fondazione Gimbe rimarca questo punto spiegando che si tratta di “un’inversione di tendenza che riconosce diverse cause: dal rilassamento della popolazione alla diffusione della più contagiosa variante Omicron BA.2, dal calo della protezione vaccinale nei confronti dell’infezione alla persistenza di basse temperature che costringono ad attività al chiuso”.
Dal presidente della fondazione, Cartabellotta, dunque, arriva un invito alla cautela: “Nel nostro Paese la circolazione virale è ancora molto elevata e la curva dei contagi ha ripreso a salire. Auspichiamo che le decisioni del governo vengano informate dalle evidenze scientifiche e dalla situazione epidemiologica e non dallo spirito di emulazione di altri paesi più ‘temerari’, dove peraltro hanno ripreso a crescere non solo i contagi ma anche le ospedalizzazioni“.
L’appello: “Resti il green pass al chiuso”
“L’obbligo del Green Pass può decadere immediatamente dove il rischio di contagio è basso (all’aperto, in luoghi al chiuso poco affollati, ben ventilati e con breve permanenza), mentre dovrà essere mantenuto nei locali chiusi a rischio elevato. L’obbligo di mascherina, al momento, deve invece essere mantenuto in tutti i luoghi al chiuso, tenendo conto sia della estrema contagiosità della variante Omicron – in particolare della BA.2 – sia delle incognite relative all’entità della risalita della curva dei contagi e al suo potenziale impatto sugli ospedali” – ha concluso Cartabellotta.
I dati influenzeranno le scelte del governo?
I dati della fondazione Gimbe sono stati pubblicati a ridosso della scadenza dello stato di emergenza che avverrà il 31 marzo prossimo. Nelle prossime ore il Consiglio dei Ministri andrà a definire il nuovo piano di ripresa per riaprire l’Italia e portare il Paese verso la normalità. Uno degli obiettivi fondamentali è quello dell’abolizione progressiva del green pass.
Il punto adesso è capire quanto peseranno i nuovi dati che giungeranno al Ministero della Salute dalle regioni italiane e a quel punto il governo potrebbe scegliere una via più prudente rispetto a quella annunciata fino adesso.