Esce dal carcere con 45 giorni di anticipo, Giovanni Brusca: fine pena è la formula d’uso che chiude i suoi tanti conti aperti con la giustizia. L’uomo che ha premuto il telecomando a Capaci e fatto sciogliere nell’acido il piccolo Giuseppe Di Matteo è, con tutte le cautele previste per un personaggio della sua caratura criminale, una persona libera.
Per molti ciò che è accaduto era un esito già annunciato per effetto di una legge, quella del 13 febbraio 2001, voluta peraltro dallo stesso giudice Giovanni Falcone, che prevede degli sconti di pena per chi collabora con la giustizia. Oltre ad avere compiuto i gravi crimini è stato anche un pentito di mafia, contribuendo all’arresto di grandi boss, svelando la strategia di cosa nostra e ha anche rivelato i retroscena e il contesto di tanti delitti e degli attentati a Roma e Firenze del 1993.
Brusca non nascondeva il tormento di ripassare in rassegna i suoi crimini più odiosi e quelli di cui era a conoscenza. Ma mise da parte ogni remora quando ebbe la certezza che ne avrebbe ricavato quei benefici che ora gli hanno ridato la libertà. Dalle sue rivelazioni intanto presero subito l’avvio numerosi procedimenti che hanno incrociato pure i percorsi dell’inchiesta sulla “trattativa” tra Stato e mafia.
Una collaborazione con la giustizia, che però ha mostrato nel corso degli anni una certa titubanza. E ad affermarlo è proprio la sorella del giudice Falcone, Maria, che definisce “dal punto di vista umano un fatto che addolorante ma questa è la legge, una legge che peraltro ha voluto mio fratello e quindi va rispettata. Mi auguro solo che magistratura e le forze dell’ordine vigilino con estrema attenzione in modo da scongiurare il pericolo che torni a delinquere, visto che stiamo parlando di un soggetto che ha avuto un percorso di collaborazione con la giustizia assai tortuoso. Ogni altro commento mi pare del tutto inopportuno”.
“In più occasioni la stessa Magistratura – dichiara Maria Falcone – in più occasioni ha espresso dubbi sulla completezza delle sue rivelazioni, soprattutto quelle relative al patrimonio che, probabilmente, non è stato tutto confiscato: non è più il tempo di mezze verità e sarebbe un insulto a Giovanni, Francesca, Vito, Antonio e Rocco che un uomo che si è macchiato di crimini orribili torni libero a godere di ricchezze sporche di sangue”.
Salvino Caputo, Responsabile del Dipartimento per le Attività Produttive di Forza Italia, esprime un forte sentimento di avversione a seguito della scarcerazione di Brusca: “Da Avvocato penalista e esperto di diritto dovrei dire dura l’ex sed l’ex, ma da uomo e da siciliano non posso non provare sdegno e indignazione nel sapere che un carnefice come Brusca, che ha ammesso di avere ucciso forse 200 persone. Attiva il telecomando che ha determinato la strage di Capaci e il rapimento e la uccisione di un bambino dopo 779 giorno di prigionia, oggi torna uomo libero, significa nutrire seri dubbi su quello che può definirsi Stato di diritto”.
“Per quanti contributi possa avere dato Brusca alla lotta contro la mafia – ha aggiunto Caputo – i reati orribili commessi da questo criminale possono soltanto essere compensati con una condanna all’ergastolo. Se la Sorella di Giovanni Falcone ha affermato che questo è il risultato della legge sui pentiti voluta da Falcone, mi permetto di affermare che la libertà concessa a Brusca non trova giustificazione e che i sentimenti di rabbia riprovazione e disgusto non possono essere sopiti dalla legge dura, ma legge. Mi auguro soltanto che questo criminale indegno di essere annoverato tra il genere umano, possa tornare in Sicilia”.
Anche il segretario del Pd, Enrico Letta, intervistato a Rtl 102.5 ha espresso la propria amarezza: “La scarcerazione di Brusca é stato un pugno nello stomaco che lascia senza respiro e ti chiedi come sia possibile. La sorella di Falcone ricorda a tutti che quella legge applicata oggi l’ha voluta anche suo fratello, che ha consentito tanti arresti e di scardinare le attività mafiose, ma è un pugno nello stomaco”.
Ora però si apre un caso complicato di gestione della libertà del boss e dei suoi familiari. I servizi di vigilanza, ma anche di protezione pure previsti dalla legge, dovranno tenere conto dell’enormità dei delitti e delle stragi che lo stesso Brusca ha confessato. Non solo ha ammesso di avere coordinato i preparativi della strage in cui morirono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta. Ha confessato numerosi delitti nella zona di San Giuseppe Jato. Ma ha soprattutto ammesso le sue responsabilità nel rapimento e nella crudele soppressione di Giuseppe Di Matteo, il figlio tredicenne del collaboratore Santino Di Matteo.