Pietro Cannarozzo non ci entrerebbe nulla con gli incendi che devastarono i territori di Monreale, tra San Martino delle Scale e Piano Geli, nel 2017. Lo hanno stabilito i giudici del Tribunale di Palermo che ieri hanno assolto dalle accuse l’uomo di 67 anni. Lo hanno assolto dalle pene residue di peculato e furto. Delle accuse relative agli incendi era già stato scagionato prima dell’avvio del processo con l’archiviazione arrivata al termine delle indagini. Le accuse mosse all’operaio forestale di 67 anni, difeso dall’avvocato Giuseppe Pipitone, non sono state ritenute fondate dalla terza sezione del tribunale, presieduta da Fabrizio La Cascia.
Resta, invece, imputato il figlio 26enne di Cannarozzo, Angelo. Arrestato dai Carabinieri di Monreale assieme al padre, per lui il processo continua. Angelo Cannarozzo aveva ammesso di avere fatto partire i roghi, spiegando di non essere lucido, perché ubriaco o sotto l’effetto di droghe: scusante che non è tale, anzi peggiora la situazione. Il fuoco sarebbe stato appiccato per portare via materiale ferroso, compresi alcuni tombini. Rubata poi una delle telecamere che gli investigatori avevano piazzato per cercare di riprendere gli incendiari.
L’avvocato Pipitone, già durante le indagini, aveva fatto leva sulle intercettazioni dei colloqui tra padre e figlio: “Non lo vuoi capire che si bruciano le persone? Non ti entra nel cervello?”, rimproverava Pietro a Angelo Cannarozzo, che replicava: “Ma che mi interessa che si bruciano le persone!” . Pietro: «Se dessero di nuovo fuoco alla tua casa ti piacerebbe? Quando dai fuoco vicino alla casa, non ti brucia pure la casa?”. Angelo: “Che m’interessa a me, che è la mia casa? Per questo quando brucia devo essere solo io, non voglio nessuno con me”.