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Blitz antimafia a Belmonte Mezzagno, in carcere il capo della famiglia, Salvatore Francesco Tumminia, e altre 3 persone (VIDEO)

BELMONTE MEZZAGNO – È Salvatore Francesco Tumminia, secondo gli inquirenti, il nuovo capo del mandamento mafioso di Belmonte Mezzagno. L’uomo era da poco tornato in libertà dopo essere stato condannato per associazione mafiosa a seguito dell’operazione Perseo (16 dicembre 2008). Nella notte è stato arrestato in un’operazione condotta dai carabinieri del comando provinciale di Palermo.

La direzione distrettuale antimafia di Palermo ha emesso un fermo di indiziato di delitto nei confronti di 2 persone ritenute responsabili di associazione mafiosa. Assieme a Tummina, arrestato anche Giuseppe Benigno il quale, sfuggito nello scorso febbraio ad un attentato, si era dato alla fuga trovando rifugio presso alcuni parenti a Piubega, comune in provincia di Mantova, dove è stato rintracciato dai militari e tratto in arresto.

Contemporaneamente i militari hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal GIP del Tribunale di Palermo, nei confronti di altre 2 persone, già sottoposte agli arresti domiciliari, ritenute responsabili di estorsione aggravata dal metodo mafioso.

Le indagini documentano gli assetti e le dinamiche criminali della famiglia mafiosa di Belmonte Mezzagno all’indomani dell’Operazione Cupola 2.0 (4 dicembre 2018), a seguito della quale erano stati arrestati, tra gli altri, gli uomini d’onore al vertice del mandamento mafioso di Misilmeri – Belmonte Mezzagno.

Immediatamente dopo l’operazione, a Belmonte Mezzagno, venivano registrate fibrillazioni che, nel corso del 2019, sfociavano in gravi fatti di sangue. 

Il 10.1.2019, Vincenzo Greco, pregiudicato, cadeva vittima di un agguato in tipico stile mafioso mentre rincasava dal lavoro nei campi;

l’08.05.2019, il commercialista Antonio Di Liberto, poco dopo essere uscito di casa a bordo della propria autovettura, veniva freddato da una scarica di proiettili;

il 02.12.2019, due sicari, a bordo di uno scooter e travisati da caschi integrali, noncuranti della presenza di numerosissimi passanti, approfittando del traffico in una via del centro cittadino, che faceva rallentare l’auto condotta da Giuseppe Benigno, esplodevano contro di questi ben 9 colpi d’arma da fuoco e poi si davano a precipitosa fuga facendo perdere le loro tracce. Per un caso fortuito, solamente due proiettili colpivano la spalla sinistra dell’imprenditore, il quale, nonostante le ferite, riusciva a guidare la propria auto fino a raggiungere il pronto soccorso dell’Ospedale Civico di Palermo.

E’ evidente che l’arresto e la successiva decisione di collaborare con la giustizia di Filippo Bisconti, all’epoca capo del mandamento, avessero provocato delle forti ripercussioni.

Le attività di indagine, che erano state focalizzate sul territorio belmontese già all’indomani dell’omicidio di Vincenzo Greco, hanno consentito, in tempi brevi, di ricostruire parte dell’organigramma della famiglia mafiosa di Belmonte Mezzagno individuando l’uomo che ne aveva assunto il vertice: Salvatore Francesco Tumminia, da poco tornato in libertà dopo essere stato condannato per associazione mafiosa a seguito dell’operazione Perseo (16 dicembre 2008).

Salvatore Francesco Tumminia aveva accentrato il potere nelle proprie mani gestendo il settore delle estorsioni, infiltrandosi nelle istituzioni sane della città e ponendosi quale punto di riferimento per i propri sodali e per i propri concittadini per la risoluzione delle problematiche più svariate.

Ad esempio, un avvocato penalista aveva richiesto al capo famiglia di intervenire per fargli riscuotere un credito che da anni vantava nei riguardi di uno dei suoi assistiti; ed ancora era stato chiamato per gestire una controversia sorta tra alcuni sodali a seguito di una richiesta estorsiva formulata nei riguardi di un artigiano, fratello di uno degli uomini d’onore belmontesi.

Le intercettazioni facevano emergere le lamentele dell’artigiano che, dopo aver raccontato al fratello di aver ricevuto un pizzino contenente la pretesa estorsiva e le connesse minacce di morte e del coinvolgimento in tale vicenda di Stefano Casella e Antonino Tumminia (entrambi destinatari della una misura cautelare in carcere), si rivolgeva al capo famiglia affinché intervenisse per evitargli il pagamento del “pizzo”;

Dalle indagine è emerso come il capofamiglia riuscisse a condizionare il locale Dipartimento Regionale Sviluppo Rurale e Territoriale  – ufficio servizio per il territorio di Palermo (dipendente dall’Assessorato Regionale dell’agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea). Tumminia disponeva autonomamente i turni degli operai stagionali e organizzava a piacimento le squadre di lavoro, favorendo i dipendenti a lui vicini. L’ingerenza era tale che nel paese si era diffusa la convinzione che l’unico modo per ottenere un contratto stagionale fosse quello di parlarne direttamente con Tumminia, il quale si faceva vanto delle minacce fatte nei confronti dei dirigenti dell’ufficio locale non collaborativi.

Le indagini hanno documentato come Giuseppe Benigno fosse un soggetto interno alla famiglia mafiosa di Belmonte Mezzagno che operava in contatto con i vertici del mandamento e della famiglia mafiosa facente capo a Salvatore Francesco Tumminia (e, prima dell’operazione Cupola 2.0, con Filippo Bisconti) agevolando la commissione di alcuni reati come le estorsioni, coadiuvando i sodali nel controllo del territorio, agevolando i contatti e gli incontri con gli appartenenti alle varie famiglie mafiose, nonché inserendosi nella risoluzione delle problematiche interne all’associazione.

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