Una settimana avviata sotto ottimi auspici, tenuto conto della rassicurante affermazione del Sindaco in relazione alla ristrutturazione della Giunta, già in cantiere da circa un mesetto. L’ingiunzione indirizzata dal primo cittadino ai vertici del PD è stata pressappoco: tirate fuori i nomi entro martedì, altrimenti ci penso io! Oggi è già domenica ma la cronaca politica non ha registrato alcuna novità. Ovviamente si è trattato semplicemente di un innocuo penultimatum, auto-penalizzante tra l’altro.
Il Sindaco, senza un attimo di tregua, è costretto a sobbarcarsi il peso di qualsiasi tipo d’incombenza. Ha vigilato, per esempio, sullo svolgimento della battaglia per la liberazione della panoramica Rocca–Monreale dalle erbacce e dalle sterpaglie. Un intervento disposto, d’intesa con l’amministrazione del capoluogo, con un forte spiegamento di mezzi e di uomini, entrati in azione sotto lo sguardo attento del primo cittadino. L’evento è stato documentato da un corposo reportage fotografico, a corredo di un articolo del 16 Settembre nel quale si affermava che l’operazione era in corso già da alcuni giorni. Di giorni ne ho fatti trascorrere altri prima di decidermi a fare un giretto sui luoghi che immaginavo finalmente “bonificati”. Speravo di rivedere la via panoramica, prezioso segmento dell’itinerario arabo normanno dichiarato patrimonio dell’Unesco e da sempre motivo di richiamo per i grandi viaggiatori, restituita alla suggestiva normalità. Il giretto l’ho fatto ieri mattina e me ne sono pentito. Ho constatato che il tratto di cunetta ripulito non supera la cinquantina di metri. La verifica è stata deludente per me, ma mi è dispiaciuto soprattutto per il Sindaco. Ma come può quel sant’uomo fare tutto da solo. Non appena il Sindaco ha girato le spalle, insieme al fotografo (con il quale dovevano recarsi altrove per affrontare altre incombenze e altri reportage), uomini e mezzi si sono dileguati e addio bonifica! Ma non sarebbe meglio essere più cauti e attendere che le battaglie siano vinte prima di fare squillare le trombe, rullare i tamburi e chiamare il fotografo? Non facendolo ci si espone al rischio che qualche ipotetico sedicente esperto di comunicazione teorizzi analogie strategiche tra la foto del Sindaco bonificatore e l’illustrazione di copertina della Domenica del Corriere del 17 Luglio 1938, in cui si enfatizzavano i contenuti dedicati dallo storico settimanale alla Battaglia del grano. Raffronto del tutto improponibile dal momento che nella foto recente non si imbracciano fasci di sterpaglie e non s’impugnano falci. Non è più necessario fingere, basta la presenza! Scelta peraltro correttissima, data l’assoluta necessità di non evocare equivocabili riferimenti a obsoleti simbolismi ed apparire sostanzialmente equidistanti da residuali e compromettenti frammenti di ideologie ormai tumulate. La cittadinanza, intanto, in attesa del vero e definitivo ultimatum che serva a restituire alla città la compagine governativa rigenerata, continuerà a tollerare l’ulteriore crescita delle erbacce e delle sterpaglie. Probabilmente fino a quando il Municipio assumerà l’aspetto del “Tempio della città”, ritrovato nel 1860 tra la vegetazione della jungla di Angkor in Cambogia, incluso, anch’esso, nel patrimonio dell’umanità sancito dall’UNESCO.
Gli effetti della penuria di assessori rimbalzano da tutte le parti e quando il gatto non c’è i topi ballano – dice l’antico proverbio – anche alla Civica Galleria d’Arte Moderna. Torniamo, quindi, a contenuti più attinenti a questa rubrica, a fatti che abbiano a che fare con l’arte. Sollecitato reiteratamente da un post su Facebook, ho visualizzato uno spot pubblicato in rete con l’intento di promuovere la collezione esposta presso la Galleria Civica “Giuseppe Sciortino” e richiamare, finalmente, folle di visitatori. Una iniziativa da premiare per le ottime intenzioni, per la buona volontà e, soprattutto, perché assunta in assenza di direttive assessoriali. Certo, non siamo ai livelli degli spot realizzati da registi come Peppuccio Tornatore per Dolce e Gabbana, ma cosa pretendiamo? Per una produzione che è frutto di puro volontarismo, per la quale non si è speso un solo euro, realizzata da un regista vero con il sottofondo di musiche originali è già veramente troppo! Volendo si potrebbe fare qualche piccolo appuntino. Si potrebbe rilevare, ad esempio, che la struttura dei fotogrammi è un tantino casereccia e che trattandosi di un veicolo destinato alla promozione dell’istituzione museale cittadina dovrebbe essere un po’ più professionale; che le didascalie sono troppo grandi, più dei quadri; che la sequenza contiene qualche piccola bugia o, ancora, che le opere da mettere in evidenza potevano essere altre! Ma tutto questo servirebbe soltanto ad attestare gretta pignoleria e cavillosa irriconoscenza. Io, invece, senza toni polemici e con intenti costruttivi, suggerirei che, in caso di riedizione dello spot, si analizzi l’ipotesi di sostituire un’opera inclusa con un certo azzardo tra quelle dei grandi maestri. L’opera è sicuramente di un grande maestro, però molto meno grande dei veri grandi maestri. Inserirei al suo posto, per esempio, la piccola litografia monocromatica firmata da un vero Maestro, l’artista goriziano Anton Zoran Music. Una firma che, pur se apposta per certificare l’autenticità di un multiplo tirato in duecento esemplari, conferirebbe all’audio-visivo promozionale indiscutibile spessore di valenza internazionale. L’opera che fa parte della collezione cittadina è molto rappresentativa della produzione del maestro e appartiene al ricco filone di dipinti e opere grafiche in ragione del quale l’artista è stato soprannominato “Il pittore dei cavallini”.
ANTON ZORAN MUSIC – Biografia (Fonte: www.galleriarusso.it)
Nasce a Gorizia nel 1909 e si forma all’Accademia di Belle Arti di Zagabria, quindi si trasferisce per oltre un anno a Madrid.
Tra il 1935 e il 1940 soggiorna in Dalmazia, quindi a Venezia dove è arrestato nel 1944 dalla Gestapo e internato nel campo di concentramento di Dachau (prigioniero numero 128231): i disegni realizzati in condizioni disperate durante la prigionia, a rischio della vita, furono la sua maniera di sopravvivere all’orrore quotidiano. Nel dopoguerra, reduce dal lager, ritorna a Venezia dove riprese l’attività artistica dedicandosi a una pittura di memoria, mediata però da elementi di esemplificazione e riduzione che lo portano a esiti di astrattismo lirico. Sono di questi anni le serie di acquerelli dedicati alle Zattere, al Canale della Giudecca, al Canal Grande e a Rialto, contemporaneamente ai quali riprende alcuni temi già affrontati prima della deportazione: le distese carsiche della Dalmazia, con i cavalli, i muretti a secco, gli asinelli.
Nel 1948 espone alla Biennale di Venezia e le sue opere entrano a far parte delle collezioni più importanti. Nel 1950 è nuovamente presente alla Biennale veneziana e l’anno successivo vince il Prix de Paris e sceglie Parigi come seconda dimora. Parallelamente all’attività pittorica si dedica con successo all’incisione realizzando numerose acqueforti. Partecipa nel 1955 alla Quadriennale romana, nel 1956 e nel 1960 vince il Gran Premio per l’arte grafica alla Biennale di Venezia. Al 1970 data l’esposizione Noi non siamo gli ultimi, ispirata dall’esperienza di Dachau, che sarà itinerante in molte città d’Europa. Nel 1972 la prima retrospettiva antologica di un pittore vivente gli è dedicata al Museo d’Arte Moderna della città di Parigi. Nel 1981 è nominato Commandeur des Arts et Lettres a Parigi. Alla fine degli anni ottanta si dedica alle nuove serie dedicate agli Autoritratti e agli Atelier. Nel 1988 è insignito della Legion d’Honneur. Nel 1995 è allestita l’importante retrospettiva a Parigi alle Gallerie Nazionali del Grand Palais, comprendente oltre duecento opere. Muore a Venezia nel 2005.