Monreale, 31 marzo – Referendum del 17 Aprile 2016 chiede: divieto di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in zone di mare entro le dodici miglia marine. Esenzione da tale divieto per i titoli abilitativi già rilasciati. Abrogazione della previsione che tali titoli hanno la durata della vita utile del giacimento.
Crediamo, che una riflessione attenta sul tema debba essere fatta, sia sul significato dei referendum in generale sia sullo specifico punto che questo pone all’attenzione. Il referendum è lo strumento principe della democrazia diretta, e dà pienezza al significato di “fare politica dal basso”: la creazione dei comitati referendari e le connessioni create con altre associazioni e movimenti (dai Comitati NoMuos e NoTav, passando per l’ARCI e tanti altri), alimentano un circolo virtuoso di forze che sarebbero altrimenti frammentate o addirittura disperse. Quando si chiede ai cittadini di prendere coscienza di questo importante mezzo d’espressione democratica, si chiede di riflettere sulla propria natura di esseri umani, sull’indirizzo che vogliamo collettivamente prendere per ciò che concerne le relazioni umane, direttamente, all’interno dello stato italiano, ed anche indirettamente, sulle politiche internazionali. Perciò quello che primariamente va posto all’attenzione di tutti, favorevoli e contrari, è che uno dei mezzi più importanti che una democrazia possiede, il referendum per l’appunto, non deve e non può essere svilito da una bassa retorica del fine, che spesso consiglia di non andare a votare, di non esercitare un diritto\dovere; questo va detto perché quello del non raggiungimento del quorum è soltanto una sconfitta della democrazia, un passo indietro nell’emancipazione dello stato servile.
Detto ciò, per quanto riguarda il referendum in medias res, il quesito chiede specificamente se si vuole impedire le trivellazioni e la ricerca di idrocarburi entro le dodici miglia marittime, impedire che i giacimenti vengano sfruttati fino ad esaurimento (precedentemente allo sblocca Italia i rinnovi dei titoli abilitativi avevano una durata temporale limitata, con massimo di tre rinnovi). Più in generale il quesito referendario chiede, però, quale è la scelta politica energetica che l’Italia si prospetta, e non soltanto nei propri territori; perché una cosa importante da chiedersi è il protocollo Kioto, la Conferenza Onu sui cambiamenti climatici di Parigi, e per ultimo la carta di Milano, quale senso hanno in questa prospettiva di voto democratico?
Il tempo della riflessione su quale sia la strada del genere umano non può essere meramente quantitativa, ma di necessità deve essere qualitativa: la ricerca di una verità ne verrebbe compromessa. Il dibattito ha toccato argomenti come salute, economia, ambiente, ma quello che racchiude tutti questi è il politico, ed è questo istituto che deve darsi “il tempo della riflessione”: investire su politiche di sostenibilità umana? Oppure continuare la politica della produzione e del consumo? Sembra lontana l’attinenza, eppure è ciò su cui si stanno impegnando attivisti ed intellettuali in tutto il mondo, dall’enciclica “laudato si” a Vandana Shiva, e questi sono soltanto i personaggi più visibili perché meglio conosciuti in quanto capi di comunità, e tanti altri che si impegnano e restano meno conosciuti o non conosciuti affatto certamente non hanno meno importanza, anzi.
Dato le nostre politiche sul territorio, non possiamo che invitarvi a darci una mano a far conoscere il quesito referendario, oppure semplicemente ad informarvi sulla tematica, il 2 e 9 Aprile dalle 17 alle 20, e il 3 e il 10 Aprile dalle 10 alle 13 a piazzetta Vaglica a Monreale.
Toni Renda, Collettivo Link