Nelle ultime settimane abbiamo assistito ad aumenti spropositati dei prezzi di materie prime, energia elettrica, carburanti e trasporti, che hanno causato e continuano a causare gravi aumenti delle merci di uso e consumo quotidiano, dei prodotti agroalimentari e della filiera del pane incidendo così pesantemente sulla spesa quotidiana delle famiglie.
La congiuntura economica attuale, già compromessa da due anni di pandemia ed aggravata pesantemente dallo scoppio della guerra in Ucraina, ha difatti destabilizzato i già precari equilibri economici internazionali e causato i detti aumenti alimentando altresì speculazioni e ripercuotendosi sulle tasche dei cittadini.
Anche l’elemento che notoriamente sta alla base della nostra tavola, il grano, ha dunque subito svariati aumenti, forse per speculazioni, forse per reali motivazioni. Pane, pasta, biscotti e tutti i prodotti derivanti da farine registrano pesanti ascese giorno dopo giorno. Abbiamo intervistato Salvatore Tusa, proprietario dello storico panificio monrealese aperto nel lontano 1890 che da tre generazioni sforna tutti i giorni pane fresco e altre delizie di panetteria.
“L’aumento del costo della farina ha attraversato diversi step a cominciare da qualche mese fa, quando abbiamo registrato un aumento che si è attestato attorno al 40%. È allora che di mia iniziativa sono riuscito a riunire quasi tutti i panificatori monrealesi per discutere sulla questione e prendere delle decisioni comuni. Da lì, abbiamo stilato un aumento del prezzo del pane rispettato da tutti tranne che da qualcuno che si è ostinato a mantenere, in maniera scorretta a mio parere, il prezzo precedente.
Negli ultimi 20 giorni poi abbiamo assistito ad un ulteriore aumento di circa il 20% che, traslato nel prezzo finale del pane si traduce in un altro aumento di circa 20 centesimi. Io però questa seconda volta ho lasciato i prezzi invariati per una semplice ragione: credo che sia necessario seguire una linea comune e non invece, come si sta verificando a Monreale, lasciare che ognuno faccia selvaggiamente di testa sua.
Si consideri che ad oggi il prezzo del pane nel nostro paese va da 2,40 euro a 3,00 euro in base al panificio in cui si compra. Gli aumenti però li abbiamo avuti tutti e sono impossibili da assorbire. Anche perché non è solo aumentato il prezzo del grano e quindi della farina, ma anche il carburante (e quindi i trasporti), l’energia, i prodotti che servono per la panificazione e la pasticceria come i sesami, lo strutto e i lieviti ma anche la mozzarella (che è aumentata di ben 50 centesimi al chilo) e persino la carta che utilizziamo per avvolgere il pane o le buste. Stante questa situazione, avevo personalmente chiesto di aumentare ancora il prezzo del pane ma questa volta, come ripeto, non si è seguita una linea comune e si è lasciato che si verificasse l’incontrollato e ampio range dei prezzi del pane. C’è chi non ha mai, nemmeno la prima volta, aumentato i prezzi e sinceramente non capisco come faccia.
Dobbiamo sostenere difatti aumenti spropositati: pensate che io stesso, che fino ad un paio di mesi fa pagavo circa 1.600 euro di metano, il mese scorso ho pagato una fattura di 5.000 euro! È chiaro che tutto ciò si ripercuote gravemente sulla produzione come anche sulle vendite. Aumentando i costi, aumentano i prezzi e calano le vendite. Sono convinto che la gente adesso consumi meglio e limiti gli sprechi. Se prima il pane del giorno si metteva da parte per acquistare quello fresco, oggi si consuma tutto ciò che si compra e, dunque, si acquista meno.
Tutto ciò, volente o nolente, avrà gravi conseguenze anche sui posti di lavoro che verranno inesorabilmente tagliati. Io, nel mio piccolo, ho deciso di mantenere tutto il personale chiedendo ad ognuno dei miei dipendenti di rinunciare ad un giorno di lavoro a settimana. Così facendo non sono costretto a licenziare nessuno.
Tirando le somme, l’aumento dei prezzi dei prodotti di panetteria e pasticceria è dovuto alla somma di tutti gli aumenti che abbiamo sopportato negli ultimi mesi. Per assurdo potremmo dire che l’aumento del costo della farina diventa il problema minore anche se, certamente, sussiste. In Italia importiamo ingenti quantità di grano dall’Ucraina e dalla Russia (tristemente aggiungerei, se pensiamo che tanti anni fa la Sicilia veniva definita ‘granaio d’Italia’) e di certo è in atto una grave forma di speculazione: la raccolta è stata fatta già a giugno dell’anno scorso e il grano esistente nei depositi dunque non dovrebbe costare così tanto. Vedremo cosa succederà con la nuova raccolta, il prossimo mese di giugno. Credo che avremo nuovi e ancora più gravi aumenti. Per non parlare del costo del gas che, come suggeriscono le previsioni, continuerà la sua ascesa. Purtroppo non è pensabile tornare ad una cottura a legna che sarebbe davvero troppo poco produttiva perché molto più lenta. Dovremo continuare ad andare a gas e, di certo, pagheremo molto caro il prezzo degli ultimi due anni di pandemia, il prezzo della guerra, il prezzo delle speculazioni”.
Foto di copertina di Giuseppe Giurintano