Cara Mariella,
sono P. e vivo in una frazione di Monreale, non so se puoi rispondere a questa mia lettera per la particolarità della situazione. Ho perso mia moglie 5 anni fa e adesso anche il lavoro.
Lavoravo in una ditta edile di Palermo che un mese fa ha avviato la procedura di licenziamento per personale in esubero e mi ha fatto fuori nel vero senso della parola.
Ora sono costretto a vivere di risparmi ma ho dei ragazzi da crescere con esigenze sempre maggiori e sono solo ad affrontare tutto questo… I risparmi, come puoi immaginare, finiranno!
Sento sulle spalle una responsabilità schiacciante ma non voglio arrendermi per i miei figli.
Invio curriculum a destra e a manca, ma sarà per la mia età (52anni), la risposta è sempre la stessa: “le faremo sapere”!
Ti confesso che non vedo via d’uscita!
Pensavo che la precoce perdita di mia moglie fosse stato il culmine della sofferenza per noi, invece, non riesco più ad immaginare un futuro. Mi sento in colpa verso i miei figli per tutti i no che sono costretto a pronunciare, anche se, per carità, comprendono la situazione e mi stanno vicino. Ho paura che questo mio stato di sconforto, malessere psicofisico possa influire sulla loro crescita, ho paura che possano pensare di me che io sia un fallito, quello che credo e sento di essere. Ho paura di non riuscire a trasmettere loro l’amore che invece provo e che meritano, questo a causa del mio senso di colpa.
Grazie per aver ascoltato il mio sfogo.
L’appoggio di mia moglie mi manca tantissimo. Mi manca tutto di lei. Forse tu puoi aiutarmi a non perdermi in questo mare di dubbi ed incertezze. Forse quello che cerco è solo un po’ di conforto.
Grazie ancora,
P.
Caro amico di penna grazie per avermi scritto.
Ogni lettera è per me motivo di riflessione, non reputo questo spazio, che la redazione mi ha affidato, un semplice “topos’ nel quale frettolosamente scrivere quattro righe.
Bisogna avere un grande rispetto per ciò che arriva e io mi metto in ascolto quando leggo le vostre lettere, le parole che vi rivolgo non saranno mai dettate da un’abitudine settimanale, cerco di andare oltre, provo ad arrivare fin alla vostra parte più intima.
La tua lettera mi è arrivata come pugno allo stomaco e non nego che trovo difficoltoso rispondere.
Se dispensare consigli si risolve nell’assoluta vuotezza, meglio il silenzio.
Comincio col dirti che nessun uomo è un fallito se per cause non dipendenti dalla sua volontà perde il lavoro. È doloroso non potere provvedere ai bisogni dei propri figli e diventa un problema ancora più grande se ciò che ti tormenta non lo condividi con loro.
Usa le parole giuste e senza angosciarli rendili partecipi dei tuoi pensieri, delle difficoltà che ti avviliscono, soprattutto quelle che riguardano il lavoro. Sono certa che i tuoi ragazzi potranno farti sentire un buon padre e insieme vi sentirete ancora più forti perché la sofferenza che tu provi è anche la loro.
A te manca tua moglie e a loro la mamma, nessuno potrà ridarvi ciò che purtroppo avete perso, è un grande vuoto dentro al cuore ma non chiudetevi l’uno all’altro alzando muri. Parlate dei ricordi più belli, delle giornate che vi hanno fatto felici. Le persone che ci lasciano non vanno lontano, restano vicine a noi e le ritroviamo nei gesti, nelle abitudini e negli occhi di chi non dimentica l’Amore donato e ricevuto. Insieme, voi, potrete nuovamente trovare una nuova strada da percorrere.
Il lavoro è un problema davvero avvilente, perché da noi, in Sicilia, come sappiamo bene, è difficile un inserimento lavorativo, specialmente per chi non è più giovanissimo, ma noi non dobbiamo disperare. Se è vero che le parole arrivano, noi utilizzeremo questo canale per sensibilizzare la comunità affinché faccia da cassa di risonanza.
Chiediamo a tutti di pensare che aiutare un solo membro della nostra cittadina è come supportare noi stessi, quindi, anziani, pizzerie, uffici etc…se aveste necessità anche di un aiuto saltuario non dimenticate il nostro amico P.
La perdita del lavoro non coincide con la perdita della dignità della persona ma il lavoro sappiamo bene che rende liberi e ci fa sentire utili. Contattate la nostra redazione per le vostre offerte di lavoro, P. aspetta di poter ricominciare a lavorare.
Un abbraccio caro P., il mio augurio per te è quello di non perdere la speranza e di chiedere aiuto alla tua comunità qualora sentissi di averne bisogno.
Maria Sapienza
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Mandate entro ogni sabato la vostra lettera all’indirizzo [email protected], con oggetto “La posta del cuore”. Raccontate in dettaglio la vostra esperienza. La risposta di Mariella verrà pubblicata il lunedì.
Ho paura che mio figlio stia prendendo una strada sbagliata, sono preoccupata e insicura
Cara Mariella,
sono R, una mamma di 50 anni. Ti scrivo per un consiglio. So che anche tu sei una mamma e sicuramente puoi comprendermi. Ho paura che mio figlio (19 anni) stia prendendo una strada sbagliata.
Da diversi mesi ho notato un grande cambiamento in lui riferendomi al suo stile di vita. Prima era un ragazzo allegro, energico, stava spesso insieme ai suoi amici, studiava. Adesso né io né suo padre riusciamo a dialogare con lui! É diventato scontroso; quando è a casa preferisce isolarsi nella sua stanza stando a letto gran parte della giornata, giocando alla Play o ascoltando musica. Vive nel suo mondo come se il resto non esistesse e non vuole proseguire gli studi né cercare un lavoro.
Più volte sia io che suo padre abbiamo cercato un dialogo anche separatamente, senza assillarlo troppo, cercando di capire se fosse successo qualcosa. Chiaramente il nostro intento è quello di aiutarlo. Ma le sue parole sono le seguenti, “Sto bene, non è successo nulla. Non sono più un bambino, vi preoccupate senza motivo. So quello che faccio, lasciatemi in pace”.
Inoltre ha anche sbalzi d’umore e ha cominciato a bere tanti, tantissimi caffè che lo agitano ancora di più alterandosi contro di noi. A volte ci sembra di non riconoscerlo. Abbiamo paura che ci nasconda qualcosa, un qualcosa che possa fargli del male.
Gli abbiamo proposto un consulto da uno psicologo ma ti lascio immaginare la sua reazione.
Sono preoccupata ma nello stesso tempo anche insicura di me stessa. Vorrei aiutarlo ma ho paura che sia io incapace ad affrontare un dialogo sano. Forse sbaglio qualcosa. Come devo approcciarmi a lui? Come possiamo aiutarlo?
Una tua concittadina
Cara R.
Il mestiere del genitore è quello più difficile. Così mi dicevano e io da ragazzina mi chiedevo il perché di questa affermazione. Oggi comprendo che non è una frase fatta, è davvero difficile essere genitore. Le difficoltà di relazione sono sempre esistite tra genitori e figli ma un tempo si davano per scontate troppe cose e bastava uno scossone da parte del padre per rimettere tutto in ordine.
I nostri tempi sono molto complessi e i ragazzi si trovano a vivere scelte difficili in contesti che spesso offrono ben poco al soddisfacimento dei loro bisogni. Monreale non è un paese per giovani, dove possono andare? Quali strutture permettono di ritrovarsi per condividere il tempo libero? Io non conosco tuo figlio ma dovresti un po’ comprendere da cosa dipende il suo disagio. È collegato a voi genitori? Non si sente compreso nelle sue scelte? È un momento difficile per un rapporto sentimentale o ancora può essere un malessere correlato al momento storico che stiamo vivendo (la pandemia)?
Anche io da madre mi pongo quotidianamente tanti interrogativi perché se torno indietro all’età in cui ero giovane, nonostante le difficoltà, mi ritenevo abbastanza felice. Oggi invece i ragazzi sono tristi e insoddisfatti, perché?
Ci sono tante risposte a una sola domanda, ma oggi vorrei che focalizzassimo l’attenzione su alcune.
In primis denoto una mancanza di desiderio. Noi desideriamo quando siamo mancanti di qualcosa e i nostri figli spesso hanno tutto e subito e questo appiattisce la possibilità di movimento che stimola a ottenere ciò che si desidera. Diventano statici, abulici, immobili.
Quindi è forse da rivedere la nostra condotta genitoriale, i ragazzi hanno bisogno di più stimoli reali e contingenti e non dettati esclusivamente dai social o da Internet che li allontanano in un mondo virtuale.
L’altra è la scarsa fiducia che riponiamo in loro, li riteniamo deboli e fragili e loro sentono la sfiducia che riponiamo in loro e finiscono per credersi tali.
Ascolta tuo figlio anche nei silenzi, non stargli troppo addosso e stimola il suo desiderio di autonomia. Sorridi, gioisci, non essere triste perché i nostri ragazzi sono spugne e risentono del nostro dolore e si sentono in colpa. Parla con tuo figlio e, anche se spesso ti manderà a quel paese, lui ascolta e recepisce quello che tu dici, nel bene e nel male. Raccontagli di te e delle tue difficoltà quando anche tu eri ragazza e della forza che hai avuto nel superare le avversità della vita. I nostri ragazzi non deviano se alle spalle sentono che li amiamo, è nell’abbandono e nella solitudine che si allontanano dalla giusta via e sono certa che non è e non sarà mai il tuo caso.
Un abbraccio da mamma a mamma.
Voglio separarmi ma ho 2 figli minori, è meglio aspettare la loro maggiore età?
Cara Mariella.
Sono Stefano, ho 48 anni e sono un tuo concittadino.
Sto vivendo una situazione familiare molto difficile. Ho due figli, uno di 11 e l’altro di 16 anni. Ma da tempo non vado più d’accordo con mia moglie. Non facciamo altro che litigare e non credo che così stiamo dando un buon esempio ai nostri figli.
Abbiamo provato più volte a recuperare ma poi si finisce sempre per litigare, anche pesantemente. Quindi abbiamo deciso di separarci.
La mia preoccupazione sono i miei figli. Io li guardo e cado nello sconforto. So che soffriranno e soffrirò anche io nel non vederli ogni giorno tornando a casa da lavoro.
Ho paura che non accettino la mia separazione dalla madre e non vogliano più vedermi. Soprattutto il più piccolo.
Ho paura di perderli. Ho paura che questo dolore possa spingerli in futuro verso situazioni sbagliate.
Cosa è giusto? Vivere all’interno di un rapporto malato per amore dei figli? O separarsi? O aspettare che raggiungano la maggiore età affinché possano meglio comprendere le nostre ragioni?
Grazie per la risposta che vorrai darmi,
Stefano
Caro Stefano,
come è già accaduto con la lettera della scorsa settimana, ho ritrovato nelle tue parole un’esperienza vissuta in prima persona.
I tuoi interrogativi sono tanti e sono quelli che la maggior parte affrontano durante la dolorosa esperienza della separazione.
Innanzitutto vorrei rivolgerti un caloroso abbraccio per farti sentire compreso.
Non sentirti mai giudicato per le tue scelte e non vivere questo momento come un fallimento.
La decisione di separarvi spetta soltanto a voi e nessun momento può essere ritenuto quello giusto se visto con l’occhio di un figlio.
Una cosa però voglio consigliarla a te e a tutti coloro che si imbattono in una situazione coniugale problematica; una terapia di coppia.
Uno psicoterapeuta può aiutare a comprendere e sondare le ragioni che hanno condotto ai litigi, alle recriminazioni e a perdere il sentimento che un tempo legava la coppia. Spesso le cose non dette si accumulano e marciscono creando malessere.
Però, se nulla può più consolidare il vostro rapporto, dovrete comunque ricordare che siete stati famiglia e che nonostante la separazione lo rimarrete in qualche modo.
L’errore più grande è quello di allontanarsi totalmente perché i figli hanno estremo bisogno che entrambi i genitori si prendano cura di loro. Il tempo di cui tu parli nella lettera è considerato da te, e quasi da tutti noi, in senso cronologico, ma proprio questa tipologia di tempo non è poi davvero importante. Quante giornate siamo a distanza di pochi metri e all’interno della stessa casa ma le porte rimangono chiuse e si dialoga poco e niente con i familiari. Siamo troppo presi da molte faccende per “sentire” veramente l’Altro.
I momenti che dedicherai ai tuoi figli dopo l’eventuale separazione potranno essere ricchi e fruttuosi.
Forse la tua uscita dall’abitazione coniugale ti darà un nuovo slancio nel rinnovare il rapporto genitoriale basato sull’empatia, il dialogo e l’ascolto. Non mentire mai ai tuoi figli e cerca insieme alla madre un iter comune per dare le stesse regole. Cercate di parlare con i vostri figli, insieme papà e mamma, per spiegare i vostri problemi. I figli capiscono, anche se soffrono e non condividono le scelte genitoriali, e finiranno, nell’età matura, per apprezzare la vostra onestà.
Non parlate male l’uno dell’altra, non mettete in cattiva luce l’ex partner perché per i figli rimane sempre il genitore che ama e screditarlo può creare disagio e distacco dall’immagine che si erano creati.
Per i figli nessuna età è quella giusta per una separazione tra i genitori, la dovranno subire ma ci sono i modi giusti per fargliela vivere al meglio evitando traumi e ferite infette. Un augurio di serenità da parte mia.
P.S. Non sottovalutare la terapia di coppia.
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Ho 17 anni e non ho ancora un ragazzo, agli occhi di alcune compagne sarei un po’ “strana”. Loro si sentono grandi e raccontano tanti particolari davanti a me facendomi sentire una ragazzina senza esperienza
Cara Mariella,
Ti ho scritto anche se più volte ho cancellato il messaggio. Sono parecchio timida e non vorrei che le mie amiche mi riconoscessero. Frequento un istituto superiore di Monreale, ho 17 anni. Non sono né bella né brutta, una normale e per questo trasparente. Non ho mai avuto un ragazzo. In passato ci sono stati dei tipi che mi interessavano ma non mi hanno calcolato e cosi li ho cancellati. Un po’ mi dispiace non avere un ragazzo ma non lo vivo come un problema, ma sono le mie compagne a farmelo pesare. Loro già hanno hanno avuto tante storie e quasi chi non ne ha è ritenuta una inferiore. Loro si sentono grandi e raccontano tanti particolari davanti a me facendomi sentire una ragazzina senza esperienza.
Agli occhi di alcune compagne io sarei un po’ “strana”, non so se crederci o no, e che peso dare alla situazione che vivo. Anche se non ti nascondo che qualche dubbio mi viene.
Tu che ne pensi?
Ciao e grazie ❤️
M2004
Cara M2004,
Ti rispondo da perfetta conoscitrice della situazione. Io al liceo ero molto più piccola delle mie coetanee che già vantavano numerose esperienze amorose, ero “diversa” quasi uno scricciolo. Un po’ dispiaceva anche a me non avere un ragazzo ma mi divertivo un mondo con le mie compagne e condividevo con loro tante esperienze scolastiche e di vita. Sai a volte siamo noi a sentirci diversi e questo ci provoca disagio e ci allontana dall’altro.
Ti assicuro che tu non hai nulla di sbagliato, cerca di vincere un po’ la tua timidezza usando ciò che più ti appassiona come gancio per coinvolgere le tue compagne e poi non buttarti a capofitto su una storia che può non darti nulla e può rivelarsi soltanto un punto in più nel medagliere delle tue amiche. Quando sentirai che sarà “quello giusto” sentirai tante vocine, farfalline nello stomaco ma non ti fidare del primo palpito, sonda fino in fondo chi è il tuo compagno di percorso perché non sempre i visi d’angelo che incantano hanno davvero un cuore nobile. Vivi con leggerezza e goditi il tuo tempo.
Con affetto Mariella.