Monreale, 1 novembre 2018 –
“Con santa pazienza
Ho dovuto aspettare
Con quanta buona fede
Sono stato ad ascoltare
Cara, cara democrazia
Sono stato al tuo gioco
Anche quando il gioco
Si era fatto pesante
Cosi mi sento tradito
O sono stato ingannato
Mi sento come partito
E non ancora approdato”
Ivano Fossati
Questo pezzo di Ivano Fossati descrive, in forma poetica, la triste deriva di quella che dovrebbe essere la più nobile forma di governo: la democrazia. È un pezzo che non ha bisogno di molte parole per essere spiegato. Fossati è bravo a scuotere con la musica sentimenti ed emozioni ormai sempre più vacui e intorpiditi e lo sa fare senza il supporto dell’ideologia faziosa, senza demagogia pretenziosa, delineando ciò che rimane di un bene che sembra aver tradito sé stesso e che inesorabilmente continua a dissolversi nel silenzio, soffocato da un sistema ormai, da più versanti, inquinato, frantumato dalle tante speranze deluse, dalla corruzione, dalla feroce e, per certi versi, comprensibile indignazione popolare.
La democrazia appare adesso più che mai come una mera utopia, un margine sempre più rarefatto, che ha assunto il retrogusto amaro della beffa, in quanto, venendo meno ai valori autentici che l’hanno generato, esso risulta alla fine elitario, radical chic, inconsistente, demagogico, come quella filosofia spicciola e salottiera che non è più in grado di svelare ed affermare la sua anima più equa e concreta.
Questa costante erosione dei fondamentali princìpi democratici e civili sta diventando un gioco al massacro, uno tsunami devastante poiché, quando gli stessi principi democratici iniziano a vacillare, significa che il totalitarismo è già alle porte. Questo avviene perché non esiste strada più rapida per aprire il varco alla tirannide di una democrazia-fantoccio, una democrazia che ha spudoratamente tradito sé stessa. Il solco è ormai tracciato e la misura è colma, la gente, in molte parti del mondo, sta definitivamente perdendo la speranza, naufragata nel disastro di decenni di pseudo-democrazia, nelle enormi falle dei diversi sistemi di governo democratico, o pseudo tale, sempre più incancreniti dall’inerzia, dalla corruzione, dalle ruberie e dall’abbandono delle fasce più povere e fragili della nostra società. Tutto ciò diventa concime per scenari imprevedibili di malcontento e violenta frustrazione che non promettono nulla di buono e che preparano il tappeto rosso ai vari Borsolano, Trump, Putin, Le Pen, Salvini.
L’avvento di governanti, leader di un numero sempre maggiore di stati sparsi nei vari continenti, dalla, più o meno esplicita, attitudine anti-democratica, xenofoba, razziata, omofoba e totalitaria, sono l’amaro frutto di un umanissimo quanto incontrollabile sentimento di rivalsa da parte delle fasce più deboli, meno tutelate e meno considerate dal sistema. Una sorta di vendetta malcelata, contro quelle che ormai vengono identificate come èlite nemiche, responsabili di aver governato il mondo in un arco temporale ormai vicino al secolo, e di non essere state in grado di intercettare la rabbia provocata dagli iniqui cavilli delle tante decisioni e norme disastrose.
Il tradimento delle speranze riposte in quel tanto agognato benessere, finalmente generalizzato a tutte le fasce sociali, promesso nell’immediato dopo-guerra e ormai definitivamente infranto, ha alimentato il batterio dell’attuale sete di vendetta “con la bava alla bocca”, diventando terreno fertile per questo costante, rabbioso e inquietante “imbarbarimento” delle masse. Di questo inarrestabile processo i principali responsabili siamo noi, la fascia moderata, quella più informata e acculturata, quella elitaria e politically correct: la colpa è solo nostra, della nostra inerzia mentale, del nostro considerarci superiori, della mancata comprensione del mondo che ci circonda, del nostro essere ciechi e sordi verso ciò che succede ad un solo palmo dal nostro naso. Adesso, in un momento storico confuso e disorientante, prima di giungere al famigerato punto di non ritorno, occorrerebbe un profondo esame di coscienza e un’autentica riflessione obiettiva da parte di tutti, oltre che un bel bagno di umiltà collettivo, affinché, come auspica Fossati non si smarrisca completamente l’impeto e la voglia di pensare intensamente e con il cuore: “Cara democrazia ritorna a casa, che non è tardi”.