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Corleone, 21 luglio 2017 – È l’operazione dalla quale i carabinieri hanno tratto gran parte degli elementi che mercoledì hanno portato al sequestro di beni per un milione e mezzo al «capo dei capi» di Cosa nostra, Totò Riina, alla moglie Ninetta Bagarella e ai figli Giuseppe Salvatore, Maria Concetta e Lucia.
Nella giornata di ieri la terza sezione della Corte d’Appello si è pronunciata confermando le condanne inflitte a sei imputati che erano stati arrestati nell’ambito dell’operazione dei carabinieri di Monreale Grande Passo, avvenuta nel 2014. Da quest’ultima operazione sono scaturite anche le successive indagini che hanno portato mercoledì scorso al sequestro di beni per un valore di 1,5 milioni di euro alla famiglia del capo di Cosa Nostra Totò Riina.
I sei imputati, boss e gregari della famiglia mafiosa di Corleone, avevano scelto il rito abbreviato. La pena di dodici anni di carcere, la più alta, è stata inflitta ad Antonino Di Marco, ex impiegato comunale e custode del campo sportivo di Corleone, nonché fratello di Vincenzo Di Marco, autista e giardiniere di Totò Riina. Undici anni e otto mesi per Nicola Parrino. Undici anni per Pietro Paolo Masaracchia, considerato il boss di Palazzo Adriano. Nove anni e otto mesi di reclusione per Pasqualino D’Ugo, otto anni e quattro mesi per suo fratello Franco e, infine, nove anni di carcere per Ciro Badami.
Con l’operazione Grande Passo i carabinieri di Monreale riuscirono ad evitare un omicidio che era stato pianificato dalle cosche corleonesi, quello di Masaracchia, che stava diventando sempre più elemento di fastidio agendo da “cane sciolto” e pianificando estorsioni senza consultare i superiori. Per evitare spargimenti di sangue i carabinieri di Monreale decisero di agire.