Genere spesso bistrattato e sottovalutato, di cui io non sono per niente un’esperta. Ma non ci vuole esperienza per riconoscere la creatività artistica e la finezza stilistica (della storia e delle tavole) di un fumetto fatto bene, così come non ci vuole esperienza per riconoscere quando un romanzo è un capolavoro. E anche un fumetto può esserlo.
Nel 1940, la Detective Comics inaugura una nuova strip nei loro albi di nome Batman, che narra delle avventure del supereroe Batman, l'”Uomo Pipistrello”, e del suo braccio destro Robin, il “Ragazzo Meraviglia”, i cui scopi sono difendere la giustizia e l’ordine nella città di Gotham.
Già dal primo numero della storia fa la sua comparsa la nemesi di Batman, l’antagonista per eccellenza, il killer psicopatico Joker: capelli verdi, trucco da clown, geniale e diabolico. Lo scopo di Batman non può esistere senza Joker e viceversa, in un rincorrersi continuo, e quest’ultimo è uno degli antagonisti più difficili da capire, di una complessità senza eguali rispetto ai suoi colleghi.
Vi sono differenti versioni di Joker, tutte accomunate da un denominatore comune (a parte gli aspetti estetici peculiari): la follia. Una follia eccentrica e nebulosa, appassionata, incomprensibile, mai uguale a sè stessa, dallo humor nero come la pece, ma pur sempre metodica. Grant Morrison ci suggerisce che non si tratti di follia vera e propria, ma di una sorta di percezione sensoriale estrema, un caso raro di “super-normalità”. La sua pazzia è sia divertente che rabbiosa, oscura ed assassina, seminatrice di morte. Quando Joker viene catturato e rinchiuso nel manicomio criminale di Arkham, viene affidato alla giovane stagista Harleen Frances Quinzel, da poco laureata in psicologia e da sempre affascinata da lui, tanto da volerne scrivere un libro. Presto però il rapporto paziente – psicologo si trasforma in qualcosa di diverso. Joker rimane colpito dall’aspetto e dall’intelligenza della ragazza, si accorge che anche un uomo crudele come lui non può contrastare i sentimenti umani, ed inizia a corteggiarla. Le fa capire che i veri pazzi sono là fuori, non dentro quella prigione di matti. Harleen se ne innamorerà perdutamente, e lo fa evadere dal manicomio fuggendo con lui, non senza prima essersi procurata un costume da clown ed un trucco simile a quello del suo innamorato, trasformandosi definitivamente in Harley Quinn (la cui pronuncia in Inglese è arlequin, “Arlecchino”). L’apparente brava ragazza neo-psicologa si trasforma in un’assassina psicotica, pur conservando una stilla di dolcezza e allegria. Troverà una sincera amicizia nella criminale Poison Ivy, che le farà bere una speciale tisana che la renderà immune da tutte le tossine.
Da quì inizia la storia raccontata nell’albo che sto recensendo, che racchiude 4 storie diverse legate da una trama, intitolato Benvenuti Alla Festa!. Le storie narrano di quando Harley cercherà di farsi una vita da sola e di diventare una criminale indipendente, dopo che Joker, a causa di vari diverbi con la sua dolce metà, tenta di ucciderla, spezzandole il cuore.
Nel fumetto è sottolineata la forza di questa ex brava ragazza di Gotham, divenuta assassina per amore, diversa da tutte le bad girl dei fumetti che conosciamo: Harley è forte ma fragile, allegra e dolce, malvagia e sadica, spiritosa e perfida, che cerca di curare la sua cocente delusione d’amore a colpi di esplosioni e pistole. Una bambina ingenua, spietata e terribilmente triste, un personaggio senza eguali, al pari del suo folle amore Joker (il cui primo incontro ed innamoramento è narrato nel fumetto Mad Love), sui quali si può parlare per pagine e pagine.
Io, che non avevo mai letto fumetti in tutta la mia vita, a stento Topolino, sono rimasta letteralmente conquistata da questa malata e tormentata storia d’amore. Da questa donna spezzata, ma che a modo suo trova la forza di rialzarsi, desiderosa di essere indipendente e coraggiosa, che non ha nulla da invidiare ai vari killer uomini, e da questo assassino così pazzo, così sincero e così spaventosamente sensibile.