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Parla Diana, la sorella del Brigadiere Giuseppe Giangrande

 

Domenica 18 Aprile 2013: Diana sapeva che il fratello quel giorno avrebbe svolto servizio, insieme alla sua squadra, proprio a Roma. Una notizia al telegiornale attirò la sua attenzione: credette di riconoscere il fratello, lo stesso a cui lei avevo provato a telefonare poco prima dell’accaduto ma Giuseppe non le aveva risposto perché già in servizio. A pochi minuti di distanza vede le immagini che le confermano che quell’uomo disteso a terra è il fratello, subito pensa al peggio.
Il proiettile ha colpito il brigadiere all’altezza del collo, trapassando la vertebra e quindi il midollo spinale, uscendo alla fine dalla spalla. Ha subito un delicato intervento chirurgico che ha messo a rischio la sua vita. La prognosi è ancora riservata per quanto riguarda le gambe. I medici vorrebbero che lui riuscisse a muovere il busto per acquisire quel poco di autonomia che gli permetterebbe di muoversi anche per piccole imprese, es. prendere un bicchiere d’acqua o lavarsi il viso. Si spera che entro dicembre possa tornare a casa. Il brigadiere Giangrande è stato cosciente fin da subito; sedato per il dolore, ha comunque riconosciuto sempre i parenti che si sono precipitati da lui appresa la notizia.

Questo il racconto di Diana:

“Appresi la notizia al telegiornale, lo vidi in diretta a terra e riconobbi subito che era mio fratello. Pensai al peggio perché non si muoveva.
Il tempo di organizzare la famiglia e raggiunsi mio fratello a Roma dove sono stata con lui e Martina per 12 giorni; ho seguito anche il trasferimento a Montecatone.
Mio fratello è stato affidato ad ottime mani ed i colleghi sono stati molto presenti. Giuseppe ha capito subito le proprie reali condizioni di salute. Adesso con la fisioterapia sta recuperando ed ha molta forza di volontà e si spera che entro dicembre Giuseppe torni a casa.
Il fisico atletico di mio fratello è stato di grande aiuto; l’appoggio morale di mia nipote, noltre, gli hanno permesso di arrivare a buoni risultati.
Sono molto orgogliosa di mia nipote Martina che, pur essendo molto giovane, ha saputo gestire la situazione. Ricevo molti complimenti per lei, le viene riconosciuta molta educazione e un buon comportamento con la gente. Ha affrontato, nel giro di tre mesi, due situazioni molto pesanti: la perdita della madre e l’incidente del padre.
Mio fratello a Pasqua era stato qui da noi: abbiamo passato quattro giorni meravigliosi. Dopo circa un mese è successo quello che sappiamo. Ringrazio Dio che ce l’ha tenuto in vita, sia per noi familiari ma soprattutto per la figlia; mio fratello è stato un miracolato. Mio fratello il prossimo anno sarebbe andato in pensione. È stato sfortunato, dopo una vita trascorsa a lavorare.
Giuseppe, giorno 18 settembre, ha compiuto 50 anni e quel giorno era un pò giù di morale perché in quello stesso giorno ricadeva anche la ricorrenza del 25esimo anniversario di matrimonio che avrebbe festeggiato con la moglie se la vita lo avesse permesso. È stato difficile dargli conforto.
L’arma dei carabinieri è sempre presente. I colleghi sono stati molto disponibili anche con noi parenti. Io ho preferito non presentarmi ai giornalisti perché erano un po’ assillanti.
Ho conosciuto anche l’altro carabiniere vittima dell’attentato insieme a mio fratello, Francesco, che è stato ferito alla gamba e ha sempre chiesto informazioni su Giuseppe. Io spero che mio fratello cammini, anche zoppicando ma deve camminare. Io sono stata ottimista fin dall’inizio.”

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