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Rocco Micale, l’artista monrealese che immortala i vip

"Per me ritrarre è come respirare, è come bere, è un'esigenza"

MONREALE – Il suo nome è Rocco Micale, 54 anni, è impiegato al Comune di Monreale da 27 anni con la passione per il ritratto. È specializzato in arti visive e discipline dello spettacolo (indirizzo scenografia) e ha studiato psicologia anche se non ha concluso il corso di studi.

Il suo è un talento innato, riesce a catturare quell’attimo in cui il suo soggetto svela la sua anima, le sue emozioni e la sua autenticità. Rocco esprime l’essenza del personaggio con dei ritratti in acquarello,  fatti ai volti noti dello spettacolo e non solo. La sua alta sensibilità, la sua abilità, la sua bravura, lo mettono in empatia con i vip che sta ritraendo. Insomma, nei suoi ritratti ci mostra semplicemente com’è possibile immortalare in modo indimenticabile persone famose, fermando il trascorrere del tempo in un preciso istante. Micale, attraverso i suoi ritratti, restituisce stupore e emozioni, permettendo a chi guarda, cantanti, conduttori, giornalisti, attori, di  cogliere in quell’immagine la lunga storia che ogni personaggio racchiude in sè.

Com’è nata questa passione?
“Fin da piccolo, ho sempre coltivato una fortissima passione per il ritratto. Ho avuto la fortuna di avere compagni di scuola molto bravi nel disegno. Ricordo che un mio compagnetto era appassionato di fumetti della Marvel. Ciò ha nutrito la mia cultura visiva ed in qualche modo mi piaceva l’idea di avvicinarmi a loro. Tutt’ora, se guardo un fumetto, osservo i disegni e le tecniche utilizzate. Ammiro molto i fumettisti perché riescono a cogliere l’essenza dei personaggi, li rendono reali”.

Qual è stato il tuo primo ritratto?
“L’ho fatto alla mia maestra (sorride)”.

Cosa deve captare un ritrattista?
“Il ritrattista capta quello che la sua sensibilità gli consente di captare. Non tutti captano le stesse cose. Alcuni ritrattisti si limitano alle linee, altri alla luce, altri ancora agli occhi… “.

Tu, invece, su che cosa ti concentri?
“Mi concentro su una questione estetica, di gusto. Si tratta di un’estetica mia, non esiste un’estetica oggettiva. Il linguaggio che utilizzo arriva diretto a chi osserva, a chi guarda il ritratto. Infatti, lo spettatore che  guarda un mio ritratto riconosce immediatamente il personaggio. Questo mi entusiasma molto”.

Il ritratto è un faccia a faccia tra due persone, l’empatia è importante?
“Assolutamente sì. I miei studi di psicologia mi aiutano. Quando vado a ritrarre il volto di una persona, gioca tanto l’idea che mi sono fatto di quella persona. Non sempre ritraggo persone che conosco. Mi è capitato di ritrarre anche persone che non conoscevo, come poeti. Li ho ritratti attraverso delle fotografie. Scelgo la foto in cui lo sguardo assume una particolare importanza. Lo sguardo, nei miei ritratti, è fondamentale. Nello sguardo cerco di individuare un atteggiamento, una predisposizione caratteriale. In qualche modo i miei ritratti sono ritratti psicologici. Quindi, l’empatia è fondamentale. Voglio trasmettere a chi guarda delle sensazioni”.

Puoi descrivere i tuoi ritratti?
“I miei ritratti non sono ritratti fatti per strada, da cavalletto, in mezz’ora. I ritrattisti di strada sono eccezionali, colgono immediatamente i dettagli di una persona. Io, invece, lavoro su delle fotografie. Per fare un ritratto impiego più o meno un mese perché non sto sempre sul ritratto. La tecnica che utilizzo è l’acquerello. Si tratta di una tecnica delicata, complessa e che richiede tempo: deve asciugare, bisogna dare più velature”.

Perché ami ritrarre?
“Mi fa star bene, mi dà piacere. Riuscire a riprodurre qualcosa già esistente, in modo gradevole e riconoscibili agli altri, è qualcosa di unico”.

Come hai iniziato a ritrarre personaggi famosi?
“In realtà ho cominciato a ritrarre i poeti attraverso un progetto. Prevedeva l’esposizione di ritratti di poeti in contesti di poesia. Tale progetto tende a pubblicizzare i volti dei poeti che di solito non si conoscono. Successivamente, ho iniziato a ritrarre personaggi più importanti. Personaggi che mi hanno accompagnato in periodi particolari della mia vita. Personaggi che mi hanno regalato delle sensazioni, emozioni, momenti significativi.
Il primo ritratto è stato per la splendida Teresa De Sio, una cantante che ha deciso di ritirarsi dalla scene. L’ammiro, per me è un mito. Quando l’ho incontrata per regalarle il ritratto ho provato un’emozione indescrivibile. Da allora ho iniziato a ritrarre altri personaggi famosi: Serena Rossi, Alfonso Signorini, Fiorella Mannoia, Francesco Gabbani, Maria De Filippi, Vittorio Sgarbi e tantissimi altri.
Nel vedere la gioia, l’entusiasmo, lo stupore, la sorpresa nei volti di questi personaggi famosi, ho provato un’emozione fortissima”.

Nel ritrarre personaggi famosi, ti senti più simile ad un pittore del quattrocento/cinquecento o ad un pittore “pop”?
“Mi sento decisamente un pittore “pop”.  Conosco tanti ritrattisti che fanno un lavoro più minuzioso, un lavoro quattrocentesco. Io ritengo di essere moderno”.

Il ritrattista è cambiato nel corso della storia. Oggi come possiamo definirlo?
“Dipende dal tipo di ritratto che si propone. Molti riescono a riprodurre un’immagine, rendendola verosimile. Io spero di aggiungere un quid in più, qualcosa che possa fare la differenza. Credo di averla. I miei ritratti riscuotono interesse. Piacciono ai miei amici, ai conoscenti e agli artisti”.

Oggi, quali sono le motivazioni per farsi fare un ritratto? Qual è la differenza con la fotografia?
“Il ritratto è una lettura dei segni del volto, è un lavoro di reinterpretazione, come se dovessi rubare qualcosa a quel volto per mostrarlo agli altri, ed è una forma di comunicazione più avanzata rispetto alla fotografia che è qualcosa di meccanico. Ognuno di noi sceglie il ritrattista secondo quelle che sono le sue modalità, il suo modo di sentire. C’è chi preferisce l’olio, chi la tempera, chi la matita, chi l’acquerello. Chi chiede un ritratto tende a chiedere di immortalare la propria immagine e di trasmetterla ai posteri”.

Progetti futuri?
“Voglio continuare a ritrarre. Per me è come respirare, è come bere, è un’esigenza. L’obiettivo è quello di cercare il prossimo personaggio da dipingere e di incontrarlo. A volte non ho avuto la possibilità di incontrarlo. Ho lasciato il ritratto a qualcun altro, sperando di sapere che l’abbia ricevuto e apprezzato. A volte, mi è capitato di incontrarlo e ho letto nei loro occhi lo stupore. Molti artisti hanno appeso il mio ritratto come Francesco Gabbani. Queste sono soddisfazioni”.

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