MONREALE – Stefano Piazza, 46 anni, noto comico palermitano, è molto apprezzato da nord a sud. Oltre ad essere un comico, Stefano è principalmente un monologhista di razza. Un abile intrattenitore, capace di far sbellicare tutti dalle risate. Durante lo show, inventa sul momento lazzi e battute. Stefano è semplicemente un comico originale, dice sempre qualcosa che altri non hanno ancora detto, insomma, non è mai scontato.
Possiede un curriculum invidiabile:
2001 Teatro amatoriale
Dal 2004 Laboratori di scrittura e recitazione dialettale
Stage “Movimento del corpo in teatro”
Cura della dizione con Rinaldo Clementi
Laboratori teatrali con G. Perriera e Lollo Franco
Collaborazione per la formazione con Ernesto Maria Ponte
Stage “analisi del testo ed esercizi di stile”
2007 – 2008 Laboratorio scrittura creativa
Laboratorio Zelig 2007-2012-2013
Dal 2005 al 2009 si esibisce con il Gruppo artistico, di cui è membro, “La
carovana stramba” con la collaborazione di vari artisti del cabaret. Ospiti
d’onore: Dario Vergassola, Ficarra e Picone, Giovanni Cacioppo, Nino.
Ai nostri microfoni si racconta a 360° con spontaneità e senza filtri.
Puoi descriverti professionalmente? Sei sicura che devo presentarmi? Io sono un dispensatore di cazzate a kilometro zero. Le cazzatelle arrivano da fuori, il tempo che arrivano, arrivano in ritardo. E ti chiedi, tu hai fatto tutto questo lavoro per che cosa? Invece, le cazzatelle a kilometro zero ti permettono la freschezza, l’attualità e la capacità di essere sempre sul pezzo. Quindi se devo presentarmi, mi presento così: uno che le spara facilmente, anche perché è inutile fare cose difficili. Perché le cose difficili chi li comprende? Invece, le cose facili, le comprendono tutti.
Noi dobbiamo parlare a tutti perché tutti fanno parte di questa meravigliosa terra. Tutti ci poggiamo i piedi.
Sembra che noi viviamo a mezz’aria, perché il palermitano, il siciliano, hanno la testa un po’ in aria. Te ne accorgi quando camminano. La gente per strada fa quello che le pare. Non si accorge di nulla, ti taglia la strada, ti mette sotto e finisci in ospedale. In una terra come Palermo, dove non si può neanche morire, perché non ci sono i posti al cimitero, bisogna stare attenti, non stare a mezza testa, ma bisogna avere la testa sulle spalle. Il punto è che, nel periodo estivo, in cui c’è il sole caldo, le spalle sono bruciate, quindi ciò crea problemi. I problemi, li ho in testa io e si vede.
Cos’è per te l’umorismo?
Definire l’umorismo, senza metterci dentro l’umorismo, significa avere perso l’umorismo. Se dovessi dare la definizione esatta, scientifica e nozionista dell’umorismo, avremmo creato una sorta di ossimoro perdente. L’umorismo è spararle, senza fermarsi e non prenderle sul serio. Lasciamo a chi è convinto di dire cose importanti, che le dica. Secondo me, la cosa bella è che devi essere cosciente che stai dicendo una minchiata, perché se sai che quella è una minchiata non diventa una minchiata e danno non ne fai. Ma certi personaggi che si credono importanti, convinti di dire cose importanti, condizionano la vita dei cittadini. Costoro rischiano di dire una minchiata in continuazione ed inconsapevolmente fanno danno.
Come scrivi il tuo repertorio?
Scrivere un repertorio significa andare oltre e scavare dentro. Cercare di capire quello che io stesso non ho capito, è difficile. Tendenzialmente le risposte non ce le ho. Infatti, nell’arco di questi anni, le cose che si sono viste sul web, sul mio lavoro è uno Stefano Piazza che fa domande perché tendenzialmente dare risposte è molto difficile. Un comico non deve dare risposte. Il mio repertorio è scritto attraverso l’umorismo. L’umorismo è un modo di essere. Guardo tutto con un occhio leggero, infatti mi mancano due gradi da un occhio ed un grado e mezzo dall’altro. Vedi che porto occhiali? Non porto occhiali perché così non sono convinto di ciò che vedo. Ma ciò che vedo è vero o non è vero? Lo faccio diventare relativo sulla base del fatto che è relativo al mio punto di vista. Posso cazzeggiare sopra e posso scrivere tutto ciò che voglio.
Da dove nasce l’idea di fare il comico e farlo come mestiere?
Ritenere la comicità un mestiere è un problema. Nessuno pensa che sia un mestiere. Nessuno pensa che la mattina mi alzo e sto lavorando. Un comico, attraverso il contatto con le persone, riesce a percepire i fatti. Ad esempio, una donna che sta accanto ad un uomo, che gira per strada, sta cercando gli spunti di ritenere che quello sia un mestiere? Nessuno crede che sia un mestiere. Nel momento in cui gli altri ritengono che il comico sia un mestiere, diventa pericoloso, vogliono farti lavorare. Dove c’è lavoro c’è fatica e, dove c’è fatica perdi la risata. Quindi noi dobbiamo riuscire a fare il nostro mestiere senza far capire agli altri che sia un mestiere.
Ti ispiri a qualcuno?
Certamente… tutto è stato fatto, tutto è stato detto, nessuno si può inventare nulla. Bisogna soltanto studiare, rielaborare e personalizzare. Non posso dire a chi mi ispiro. Mi è stato vietato dai miei maestri. Mi hanno detto di non dire ad Arianna che ti ispiri a noi. Quindi non posso dirtelo.
Il tuo primo spettacolo?
Il mio primo spettacolo è stato in un camping ed ero solo un ragazzo. Da qui una serie di spettacoli. I miei spettacoli hanno un filo conduttore: l’incoscienza. Quando si va in scena la prima volta, si va in modo incosciente. Non hai idea di ciò che stai facendo. Gli altri ti guardano e non sai come stai venendo fuori veramente. Così, inizi a prendere consapevolezza di te stesso e cominci a capire cosa non devi fare. Il problema sta nel capire cosa non devi fare. Quindi i primi spettacoli sono stati legati dall’incoscienza.
So che devi esibirti a Monreale. Hai già preparato qualcosa?
È chiaro che ho preparato qualcosa, ma non lo posso dire. Non dire a nessuno che ho preparato qualcosa. Devi dire che Stefano Piazza non ha preparato niente, improvviserà tutto quanto. Perché le cose più belle sono le improvvisazioni.