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L’anno del pensiero magico: testimoniare il lutto

Joan Didion affronta un fatto personale che sconvolse per sempre la sua vita

Elaborare un lutto. Quante volte ci viene detto questa cosa ogni volta che perdiamo una persona a noi cara? Per chi fa richieste di questo tipo sembra facile dimenticare un genitore, un figlio o una figlia, un amico o amica, un marito o una moglie. Ognuno di noi ha un tempo per elaborare. Un mese, un anno, due, tre, tanti anni. C’è chi per affrontare il lutto sceglie la via del passatempo, chi del lavoro, chi delle lacrime, chi ancora usa la scrittura (privata o pubblica che sia). Il libro di questa settimana parte da quest’impresa: liberarsi dalle tossine del lutto e delle disgrazie, raccontandosi. Joan Didion, scomparsa qualche mese fa, ha subito due gravissimi lutti tra la fine del 2003 e il 2005: prima la morte del marito scrittore John Dunne e dopo più di un anno il decesso della figlia quasi quarantenne Quintana.

Joan Didion è stata tra le più grandi scrittrici e giornaliste americane; è stata inoltre una delle esponenti più illustri del New Journalism (stile di racconto giornalistico in cui si riprendono le dinamiche tipiche della narrativa). Nel suo modo di narrare le vicende piccole e grandi della società americana, affronta un fatto personale che sconvolse per sempre la sua vita. L’anno del pensiero magico (Il Saggiatore, 236 pp., 19 euro), premiato nel 2005 con il National Book Award, è un condensato di dettagliate descrizioni alternate da un dolore riportato con grande umanità. C’è la Didion moglie che ci restituisce una figura di grande dignità nel momento in cui si rende conto che il suo adorato marito non c’è più, c’è la Didion madre che si mostra molto protettiva quando capisce che Quintana è rimasta l’unica figura di riferimento del suo dolce focolare. 

Questa moglie capisce che la sua vita non sarà più la stessa e comincia una riflessione interiore sulla malattia, sulla caducità della vita, su come i percorsi che ognuno sceglie di attuare non siano sempre liberi ma anzi sono caratterizzati da una moltitudine di imprevisti. Questo libro è un lungo momento di meditazione, autoanalisi fatto tramite il ricordo di ogni cosa che possa dare un senso ad un lutto. Quando perdiamo qualcuno di molto caro, non sappiamo mai quale sia la via migliore per reagire o per non farsi divorare il fegato dalla malinconia. Lo scopriamo con il tempo, quello che cura ferite che rimangono cicatrici. Il tempo è questo, nulla regala, tanto sottrae: è un cinico esecutore di un mix fatto di scelte e casualità. Noi possiamo solo tentare di agire e reagire, senza farci troppi danni.

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