Segnala a Zazoom - Blog Directory

“Incastrati” davanti la tv, dalla crime-comedy di Ficarra e Picone, Scene amare in mezzo a tante risate

Una commedia degli equivoci che mette in scena la realtà; “Incastrati”, in un misto di ironia, autoironia, comicità, capacità di rinascita, mostra conoscenza della propria storia

“Incastrati”, la nuova serie su Netflix dei nostri artisti siciliani Salvatore Ficarra e  Valentino Picone, la prima loro esperienza di serie tv. Letteralmente incastrati in realtà i telespettatori, tra il divano e lo schermo, impossibilitati a staccare gli occhi dalla tv. In un unico pomeriggio i più hanno goduto di questo nuovo prodotto distribuito da Netflix, in realtà una serie in 6 episodi, rimanendone letteralmente folgorati. Le aspettative erano alte e sono state completamente appagate. È strano! Spesso accade per numerosi gruppi artistici, che i prodotti cinematografici proposti siano spesso di volta in volta più tiepidi, fino a non fare più presa sugli spettatori, ma questo per Salvo e Valentino non sembra valere. In questo consiste la loro forza. È vero si tratta di ‘’commedia degli equivoci’’, ma ciò che mettono in scena è la realtà, proprio così com’è, ecco perchè non risulta mai scontata, banale; è solo veicolata dall’ironia: ecco tutto!

Già nel mondo antico, si parlava dell’importanza del sorriso. Quintiliano nella sua opera “De risu”, discute sulla formazione del buon oratore e punta il dito sull’importanza, in un discorso, di saper generare il sorriso: “A questa, opposta è la virtù, che suscitando il riso del giudice, scioglie sia quei tristi affetti, sia frequentemente allontana l’animo dall’attenzione delle cose, e qualche volta, anche, lo risolleva e lo rinnova dalla sazietà o dalla fatica” (Cap. De Risu , Libro VI). Ed in questa stessa opera parla della capacità innata dei siciliani di far nascere il sorriso. E Quintiliano vive tra il 35-40 d. C. e il 96 d. C! Salvo e Valentino hanno proprio questa grande capacità!

Siamo in Sicilia; due amici, Salvatore, sposato e appassionato di serie poliziesche, e Valentino, single e mammone, titolari di una piccola azienda specializzata in riparazione di elettrodomestici, si trovano senza volerlo sulla scena di un omicidio. Dietro consiglio dell’”esperto in polizieschi’’ Salvo (seguendo il suo amato modello televisivo ‘’The touch of the Killer’’), invece che chiamare la polizia, i due rimangono imbrigliati nel maldestro tentativo di cancellare le impronte digitali lasciate sulla scena del crimine e restano prigionieri dell’appartamento in cui hanno trovato il cadavere riverso nella vasca da bagno. Questo il motore della storia. Da un evento sfortunato, condito dalla credulità di Salvo nei confronti delle serie tv, che strizza l’occhio alla odierna dipendenza patetica dalle serie tv (metacinema!), un dipanarsi ingarbugliatissimo di eventi più o meno sfortunati, che cambieranno le vite dei due protagonisti, porgendo loro quella esistenza piena di grandi emozioni che Salvo sognava dal divano di casa sua. 

Si ritroveranno a tavola con i mafiosi, conosceranno il tradimento dell’amore, passeranno per la galera, affronteranno le loro paure di uomini comuni in un percorso inevitabile di crescita individuale, che porterà Salvo a rivedere il suo comportamento di marito e uomo e Valentino a lasciare la casa della madre per diventare finalmente adulto e ad avere il coraggio di vivere l’amore, con la sua Agata. Ma nei frame tra questi due estremi c’è tanto, tanto altro! C’è tutto quello che i telespettatori si sono passati in un ’’tam tam’’ di messaggi e che ha fatto diventare ‘’pandemica’’ (termine per il quale non abbiamo più bisogno di consultare il dizionario!) questa serie. C’è la vittima, ‘’trottolone’’, (interpretato dall’esilarante  Sasà Salvaggio) legata al mondo della mafia e amante della moglie di Salvo, Ester. Definito dalla moglie ‘’bellissimo’’, mentre si apre un flashback, comico fino alle lacrime, sul primo incontro dei due amanti, protagonista Sasà Salvaggio con il suo volto, dalle poliedriche espressioni. 

C’è la cosca mafiosa, capitanata da un boss portiere e cuoco con la sua cerchia improbabile di ‘’scagnozzi’’; uomini normali che all’ombra della malavita, una volta alzatisi dal tavolo delle trattative dell’illegalità tornano alla vita di ogni giorno: chi studia, chi vende pesce, chi fa il falegname, chi occupa un posto statale e fa fiaccolate contro la mafia….Di quanto, eccettuati pochi esempi, si discostano peraltro dal reale? Ed ecco il sorriso amaro che scaturisce da ‘’Cosa inutile’’, uno splendido Sperandeo, sfortunato per essere stato vittima di bullismo da parte di adulti e bambini per via della sua balbuzie, e perché quel nomignolo…Cosa Inutile….gli è stato attribuito alla presenza di un piccolissimo ‘’Padre Santissimo’’. Il sorriso amaro della sofferenza di chi ha chinato il capo alla malavita per paura di soccombere.

Scene amare in mezzo a tante risate. Le risate di questo duo di artisti siciliani, misto di ironia, autoironia, comicità, capacità di rinascita, conoscenza della propria autoctonia, della propria storia collettiva, di quello che si è, di quello che siamo fin nelle viscere. La sagacia di Salvo e l’ingenuità disarmante di Valentino, che osa dichiarare che il sugo della madre Antonietta sia migliore di quello di Padre Santissimo, che gli fa dire di “no” all’incarico affidatogli dal boss. 

I due funzionano alla grande anche in questo recente lavoro, si bilanciano; gli occhi sparuti, ma più svegli di Salvo fanno da contraltare a quelli estremamente inconsapevoli e troppo buoni di Valentino, che sconosce il mondo. C’è la mamma impicciona, gelosa dei figli, soprattutto del figlio maschio, che è ‘’suo’’; che prepara mille manicaretti e che non vede di buon occhio nessuna delle donne che girano intorno al figlio e che non sopporta il genero, per lei ‘’troppo poco’’ per la figlia, anche quando quest’ultima le confessa il suo tradimento nei confronti del povero genero ‘’cornuto’’. C’è la scelta, come spesso accade nei loro lavori cinematografici, guardando al mondo femminile, di rappresentarlo più saggio, capace, fattivo e razionale (Agata questo è!) di quello maschile di cui d’altra parte i due rappresentano un clichè. Non me ne vogliano i maschietti! Basta un’analisi obbiettiva! E Salvo e Valentino ne fanno una estremamente corretta, anche quando, a volte, mostrano la ‘’petulanza’’ di alcune figure femminili, come quella di mamma Antonietta o di Ester, fissata con i cibi vegani. E ancora il convento dei padri francescani, dediti al canto e alla preparazione di dolci, disponibili in tutto tranne che a produrre ‘’scontrini’’….’’eh, eh, eh, eh!!’’. C’è la scelta dei luoghi. Una Sicilia di grande splendore. Palermo location principale, i cantieri culturali della Zisa, vie del centro, come via Sammartino e via Papa Sergio; Piana degli Albanesi, sul versante orientale del monte Pizzuta; San Cipirrello e Contessa Entellina, luogo in cui si trova l’abbazia di Santa Maria del Bosco, immersa in una riserva naturale, dove incontriamo i simpatici frati francescani. E il centro di Sciacca usato come set, con panoramiche sul suggestivo porto della città. Da una parte quindi la scelta di rappresentare la vita in una Sicilia piena ancora davvero di problematiche importanti; una vita al contempo ‘’istallata’’ in una cornice paesaggistica e culturalmente pregevole, se da una parte a volte risveglia una vena malinconica fatta di possibilità perse, dall’altra è come se il paesaggio e la storia con la loro presenza perentoriamente dessero, comunque, la possibilità del cambiamento. Ciò ancora di più confermato dalla scelta di dar voce a tanti artisti siciliani: Marianna di Martino (Agata), Leo Gullotta (procuratore Nicolosi), Sergio Friscia (Sergione, giornalista), Tony Sperandeo (Tonino Macaluso, ‘’Cosa inutile’’), Maurizio Marchetti (Portiera Martorana, ‘’Padre Santissimo’’), Filippo Luna (vice questore Lo Russo), Domenico Centamore (don Lorenzo, ‘’primo Sale’’), Mary cipolla (mamma Antonietta), Toti e Totino (muratori); Maurizio Bologna (corrotto impiegato dello Stato) e i tanti picciotti della mafia: Fabio Agnello (picciotto signorino), Giovanni Furnari (picciotto falegname), Fabrizio Pizzuto (picciotto scienziato), Valentino Pizzuto (picciotto pescivendolo). 

Tutti artisti dalla grande carriera, dal grande talento. Leo Gullotta con la sua interpretazione magistrale del Procuratore Nicolosi, serio e faceto ad un tempo, come solo lui sa fare. Tony Sperandeo, forse il volto più caratterizzante della nostra Sicilia. Un volto ed una voce unica carica di sicilianità, in questa veste assolutamente spogliata della sua consueta durezza e rivestita di tanta fragilità, dolcezza e tanti sorrisi, spesso amari. Un grande attore figlio della nostra Trinacria, fin da quando insieme con un altro siciliano, Alamia, cantavano delle canzoni, i cui testi, pur a volte all’apparenza ‘’volgari’’, riportavano pari pari i tratti antropologici e sociali della vita nella nostra isola, spesso duri e assurdi soprattutto per i non autoctoni. Sperandeo porta nella sua arte tutte le sfaccettature, tutte le luci, le ombre, ma anche i tratti intermedi, della Sicilia nella sua complessa complessità. Domenico Centamore, altro grande; ‘’Primosale’’, braccio destro del Boss padre Santissimo, antagonista di ‘’Cosa inutile’’, vanta una crudeltà e fermezza maggiore del suo concorrente, ed è quanto dire!!!!.  Grande estimatore del cibo e soprattutto del famoso formaggio siciliano da cui prende il soprannome. Domenico Centamore, talentuoso attore in numerosi lavori televisivi, con questo suo personaggio trascina nell’ironia, sminuendo e ridicolizzando, la figura del mafioso, rimandandone allo spettatore una immagine piccina, ignorante, sempliciotta, direi ridicola. Complimenti anche a Toti e Totino, duo indispensabile nelle produzioni siciliane, attori comici si, ma anche interpreti di un mondo che conoscono bene, tra le risa e le battute sagaci, le esatte voci della realtà siciliana. Insomma un serbatoio di sicilianità ben concertato dai nostri Salvo e Valentino. 

Testo, regia, recitazione eccellenti, se non è talento questo! La eccezionalità di questi due artisti consiste, credo, nella loro stessa natura (sono convinta infatti che il talento sia attribuito dalla natura), ma non è da trascurare la professionalità che calibra il talento, trasformandolo in comunicazione. 

In Ficarra e Picone per me queste due componenti sono calibrate proprio alla perfezione, il tutto condito con grande gusto nella scelta delle storie da raccontare, dei luoghi in cui rappresentarlo, nella scelta delle voci da coinvolgere e nel linguaggio scelto, colmo di ‘’neologismi’’ comici, ‘’vitapiattisti’’!!!!; un linguaggio sempre molto rispettoso del pubblico, privo di volgarità. 

Un ultimo passaggio, avete notato che spesso in alcune scene compaiono i colori della nostra Bandiera? Neppure io me ne ero accorta! Alcuni lo hanno notato. Particolare curioso ed interessante, su cui un‘amica mi ha aiutato a riflettere. Non sarà che Salvo a Valentino parlando della nostra Sicilia, volessero alludere in fondo alla situazione di tutta la nostra Italia? Non sarà che malavita, illegalità, magagne, ‘’corna’’, mamme e mogli petulanti e uomini mammoni, riguardano tutto il nostro ‘’stivale’’? Magari è un’esagerazione! Voi che ne pensate? Allora non rimane che vedere la serie,…. o forse meglio rivederla?!

Commenta la notizia

L'indirizzo email non verrà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.