Venire a conoscenza di tragiche notizie che narrano la scomparsa di giovani vittime lascia tutti in uno stato di shock e sgomento, attoniti e nello sconforto più totale e condiviso; è quanto è accaduto all’interno della nostra comunità monrealese soprattutto nel corso di quest’ultimo travagliato anno; pochi giorni, fa l’inspiegabile scomparsa di Vincenzo di soli 22 anni ha spinto nuovamente la nostra collettività a stringersi al dolore di genitori e conoscenti nell’intento di sostenerli durante il delicato e sofferente percorso di lutto. Questi tragici eventi, insieme ad un doveroso momento dedicato al pianto, al silenzio e al lutto, oggi ci portano a riflettere con attenzione, pur non potendo entrare nel merito delle storie personali, alla perdita estremamente dolorosa di soggetti nel fiore della loro giovinezza ed allo strazio che ne consegue per familiari e conoscenti.
Dare voce alla sofferenza è l’auspicio a cui vorrei fare appello, in modo da dare finalmente volto e legittimità a condizioni di vita segnate dall’assenza della persona scomparsa e che per motivi culturali non trovano sufficienti forme di espressione: non è affatto un caso che, a differenza dell’essere “orfano” o “vedovo”, infatti la condizione legata alla perdita prematura di un figlio non trovi alcun nome che ne denoti la scomparsa e la relativa mancanza, e tale silenzio assume una valenza ancora più “assordante” nel caso in cui la morte della persona amata avvenga in condizioni di assoluta incomprensibilità.
Possiamo soltanto provare col massimo del rispetto ad immaginare empaticamente quelli che possono essere i vissuti di quei genitori che si trovano fiondati nell’attraversamento del lutto per la perdita fulminea di un figlio. L’inspiegabilità di un’improvvisa interruzione del proprio cammino di vita, che lascia nei familiari immensi interrogativi che spesso non possono trovare immediata risposta, si accompagna alle innumerevoli immagini e ricordi ricorrenti che ritornano alla loro mente con tutta la loro pervasività ed alla frustrazione per non avere potuto cogliere eventuali segnali o campanelli di allarme in modo da prevenire il tragico accaduto.
Bisogna sottolineare come particolarmente considerevole sia stata la risposta della comunità monrealese di fronte all’avvento di notizie così gravi: incredula e attonita si è sempre stretta alle famiglie con rispetto, cordoglio e partecipazione davvero sentita; tale vicinanza emotiva è stata espressa fortemente dalla rete sociale più ampia che, nell’intento di accogliere ed elaborare collettivamente il lutto per una perdita così improvvisa, sembra altresì volere provare a sollevare interrogativi che non possono trovare immediato riscontro; tale atteggiamento empatico, che esprime la volontà di comprendere quanto accaduto, in realtà denota la necessità fisiologica di rintracciare elementi riconoscibili e riferibili alla propria esperienza comune, per dare un nome, un’entità riconoscibile, alle cause, seppur non immediatamente identificabili, responsabili della scomparsa prematura di un giovane.
Le parole non possono immediatamente contenere la vastità del dolore sotteso alla scomparsa straziante e prematura della persona amata, ma è pur vero che esse possono senz’altro esprimere e trasmettere vicinanza, partecipazione ed empatia; è proprio quanto è accaduto nell’attimo stesso in cui la comunità monrealese, insieme alle lacrime ed alla vicinanza rispettosa, non ha celato idee, rappresentazioni e talvolta giudizi sulle possibili cause responsabili dei tragici ed estremi eventi accaduti; credo che questo comportamento sia assolutamente umano e ci parli della necessità del sociale di provare a dare una spiegazione quanto più plausibile all’interruzione del proprio percorso di vita, seppur inspiegabile; insieme al desiderio di comprensione, questo comportamento ci parla del bisogno insito nel genere umano di confrontarsi per dare dicibilità al dolore di una tale esperienza. Abbiamo di fatto assistito all’ennesimo ed importante processo di identificazione collettiva che la nostra comunità locale ha messo spontaneamente in atto di fronte all’esperienza della perdita improvvisa e devastante di un figlio, e ciò è avvenuto ben oltre il ruolo sociale o familiare rivestito da ciascuno di noi nella vita di tutti i giorni: i sentimenti dell’empatia, della vicinanza e del rispetto, prescindono dal fatto di rivestire il ruolo di genitore, ed hanno il potere di fare da collante tra gli esseri umani, anche di fronte ad esperienze che non investono necessariamente in prima persona. Su tale considerazione l’auspicio è che, pur dovendosi confrontare con il pregiudizio e con l’insostenibile peso dei perché senza una pronta risposta, i famigliari impegnati nel complesso e doloroso cammino dell’esperienza del lutto, possano trovare nella relazione con altro quel conforto capace di scaldare i loro cuori dolenti e ristorare le angosce dettate dall’inesorabilità degli eventi accaduti.
Una comunità che si adopera per il contenimento del dolore altrui è senz’altro una realtà sociale valida che vuole comprendere e non certo giudicare, che non pone distanze ma che con tatto e rispetto cerca di rintracciare in se stessa e nel mondo circostante quegli elementi comuni e condivisibili che determinano i vissuti ed i dolori tipici dell’esistenza umana.
Immaginiamo quanto possa essere importante sul piano della prevenzione sociale che le famiglie, i gruppi e le collettività si possano sempre più incontrare per fare rete e fare fronte comune dinanzi al disagio spesso insito nell’esistenza, in particolare quello giovanile; queste risonanze potrebbero riportare al centro del confronto e della narrazione vissuti comuni, infrangendo quei muri tanto invisibili seppur presenti, come quelli del silenzio, dello stigma e della vergogna legati al tema della morte e soprattutto quando si verifica un’eventuale interruzione volontaria del proprio percorso di vita. Dovremmo riflettere maggiormente su quanto le consapevolezze condivise possano diventare punti di forza comuni, strumenti di protezione, sostegno e prevenzione collettiva capaci di promuovere sempre più naturalmente la richiesta di aiuto da parte di persone significative fidate e di professionisti competenti nel sociale.
Dopo il silenzio ed il pianto, l’ascolto è di fondamentale importanza per restituire pace ai tumulti dell’angoscia derivante dalla perdita; penso alle associazioni e agli enti presenti sul nostro territorio che rappresentano punti di riferimento importanti per molti genitori impegnati ad elaborare tale forma di lutto, ed al contempo rifletto sull’importanza che potrebbero avere gruppi di discussione promossi dagli enti locali, che risulterebbero particolarmente utili soprattutto in questa fase post-emergenziale: luoghi di incontro in cui potere condividere pensieri, emozioni, disagi, e persino silenzi.
Spazi e luoghi di riflessione ci permetterebbero di mettere al centro della nostra attenzione il disagio collettivo, comprendendo che non è più possibile attribuire al malessere soltanto una valenza prettamente individuale: la soggettività ha i suoi importanti rimandi nella qualità delle relazioni interpersonali, ed il sintomo così come l’atto estremo, spesso riflettono l’inadeguatezza del sociale nel rispondere ai bisogni individuali, dei gruppi e delle collettività.
Dott. Giovanni Ferraro
Psicologo Psicoterapeuta