Monreale, 27 gennaio 2019 – Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche della 60′ armata arrivarono per prime ad Auschwitz. Si rivelò tragicamente per la prima volta al mondo intero l’orrore del genocidio nazifascista.
Il primo novembre 2005 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha fissato la ricorrenza proprio alla data del 27 gennaio di ogni anno. L’Italia aveva formalmente istituito la giornata commemorativa, nello stesso giorno, alcuni anni prima della corrispondente risoluzione delle Nazioni Unite.
I 12 anni che vanno dal 1933 al 1945 sono stati uno dei periodi più bui della storia.
Sappiamo molto delle battaglie della seconda guerra mondiale e della resistenza partigiana che alla fine condussero alla liberazione dal nazifascismo. Abbiamo saputo e sappiamo molto meno di singoli protagonisti, silenziosi e coraggiosi, che hanno salvato migliaia di vite umane convivendo con una altissima esposizione al rischio di perdere la propria incolumità.
Uno di essi è sicuramente Sir Nicholas George Winton. Tra il 1938 ed il 1939 portò via dalla Cecoslovacchia, già occupata dai nazisti, 669 bambini ebrei. Salvandoli da morte certa. Avrebbe voluto fare di più, ma il primo settembre 1939 con l’invasione della Polonia e l’esplosione del conflitto planetario si chiusero le frontiere. Non vi fu più nulla da fare. Quei bambini furono adottati da famiglie inglesi: cristiane, protestanti, ebree, di altre religioni.
Neanche la moglie seppe nulla sino al 1988! Lo scoprì per caso trovando un album di foto e dei documenti risalenti al 1938/39. Tenne con se quel segreto per oltre 40 anni perché interiormente gratificato da quanto aveva fatto? Perché rammaricato per ciò che non riuscì a fare? O per l’orrore dell’immane sterminio? Forse un po’ di verità c’è anche in ognuno di questi motivi.
Uomini come Nicholas Winton – in ogni caso – privilegiano il rapporto con la propria spiritualità.
Ma è assolutamente giusto che sia emerso ed emerga dall’oblio della storia, così come Oscar Schindler, Giorgio Perlasca, Raoul Wallenberg, Gustav Schroder, ect.
Così come è pure doveroso ricordare – nel giorno della memoria – le tante persone, le famiglie, i religiosi (quelli in rotta con la passiva omertà della Chiesa di quegli anni) che in silenzio ed a rischio della propria ed altrui vita hanno ospitato e coperto la fuga di migliaia di ebrei e di perseguitati dalla barbarie nazifascista. Molti di essi sono rimasti e rimarranno anonimi eroi.
I ricordi e le riflessioni vanno però sempre ricondotte al presente. Una parte del nostro paese e della peggiore Europa sembra che abbiano perso la memoria. Anzi l’hanno disconnessa! Che è ancora peggio!
Prima che la barbarie nazista chiudesse il suo tragico cerchio – e prima che esplodesse la guerra – centinaia di migliaia di visti di ingresso furono negati dai paesi occidentali, europei e non, agli ebrei in fuga. La storia del transatlantico San Louis – che salpò da Amburgo il 13 maggio 1939 con a bordo 937 ebrei tedeschi – è emblematica. Furono respinti dai governi di Cuba, Stati Uniti e Canada (ricorda qualcosa?). Il capitano del transatlantico, il tedesco Gustav Schroder, fece di tutto per proteggere i profughi. Si rifiutò di restituire la nave alla Germania e costrinse i governi europei a trovare una soluzione. Che alla fine si trovò: Francia, Belgio, Olanda, Inghilterra si divisero “le quote” (anche qui, ricorda qualcosa?). Ma in una Europa poi invasa dai nazisti molti di quei profughi finirono nei campi di concentramento.
Ora il punto è: impossibile che recuperino la memoria – o la riconnettano – Salvini e i suoi amici della peggiore Europa. Per ruolo, funzioni ed ideologia sono a prova di trattamento psichiatrico!
La memoria la dobbiamo recuperare noi, quelli che li votiamo. La memoria si recupera e si connette anche attraverso la storia.
P. S. Ringrazio Rosi Badalamenti per avermi dato l’occasione di conoscerne la storia